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 2015  agosto 12 Mercoledì calendario

Quando anche le bandiere hanno bisogno di un restyling. La Nuova Zelanda vuole cambiare lo stendardo. Dietro alla decisione ci sono anche ragioni di marketing: la somiglianza con quella australiana non renderebbe riconoscibili i prodotti sul mercato

Anche le bandiere invecchiano e hanno bisogno di restyling. Ora il primo ministro neozelandese John Key ha deciso di rinnovare lo stendardo nazionale, in cui il simbolo dell’Union Jack, vecchio emblema coloniale britannico, campeggia insieme a quattro stelle della Croce del Sud. «La nuova bandiera dovrà rappresentare lo spirito inclusivo del nostro Stato», ha spiegato il gruppo di esperti addetti alla selezione delle proposte. Ne sono arrivate più di diecimila. Ma dietro alla voglia di cambiare ci sarebbero anche ragioni di marketing: la somiglianza con quella australiana non renderebbe riconoscibili i prodotti sul mercato. Al momento la più gettonata della longlist di quaranta finaliste è una felce argentata su sfondo nero. La pianta non rimanda solo al vessillo degli All Blacks ma alla tradizione maori e a un simbolo circolare (koru) che significa nuova vita. La bandiera vincente verrà scelta dai cittadini con un referendum. Segno che il cambiamento è un fatto politico e non una mera questione di design.
La storia delle bandiere incarna la storia politica di un paese. «Dalle rivoluzioni americana e francese in poi, quel pezzo di stoffa ha assunto un carattere sacrale, perché rappresenta simbolicamente una nazione. La bandiera si deve difendere in guerra, è il simbolo di riferimento che conferisce unità a una massa di individui. È normale che si senta l’esigenza di cambiarla quando finisce per rappresentare un regime passato», spiega lo storico Emilio Gentile. È quanto è successo per quella italiana quando ha eliminato lo stemma sabaudo e accade ogni volta che si registra un mutamento politico.
Ci sono Paesi che a cicli alterni sono attraversati dal desiderio di “cambiare bandiera” (che non vuol dire”passare al nemico”, tutt’altro). In Australia se ne discute a fasi alterne. Qualche anno fa, John Blaxland, storico di formazione militare, aveva suggerito un disegno con una grande stella e 250 macchie, per dare spazio a tutte le lingue degli immigrati. La bellissima bandiera del Canada con la foglia d’acero rossa su sfondo bianco nasce invece da un dibattito parlamentare estenuante negli anni ‘60 tra conservatori e liberali. Mentre la possibilità di un referendum per l’indipendenza scozzese nel Regno Unito aveva riaperto la querelle riguardo alla modifica della Union Flag. Mai trascurare il design di una bandiera, che è un simbolo immediato e per questo piace molto ai bambini. «Una grande bandiera deve essere semplice, come disegnata da un bambino», ha detto uno dei selezionatori della Nuova Zelanda. I sondaggi dicono che tra quelle preferite dai più piccoli c’è la minimalista giapponese, il disco solare rosso su fondo bianco, che ha attraversato tra mille polemiche le epoche.
La più famosa è la Stars and Stripes, come la chiamano gli americani: più che un oggetto simbolico, è l’America stessa. Un’icona quella di Jasper Johns. Spiega Antonio Pinelli: «È un luogo comune visivo, come può esserlo un hamburger. Ma non dimentichiamo le nostre bandiere risorgimentali. Un quadro come Il bacio di Francesco Hayez non ha niente da invidiare alla fanciulla col tricolore che incarna la Libertà nel famoso dipinto di Delacroix». Perfino sulla bandiera europea (fondo azzurro e dodici stelle) era sorto qualche dubbio. L’archistar Rem Koolhaas voleva rimpiazzarla con un rettangolo a strisce multicolor. Noi, dopo il peso ereditato della retorica fascista, la stiamo riscoprendo. Ennio Flaiano, disilluso, suggeriva di scriverci sopra “tengo famiglia”. Per lo scrittore, era il motto più appropriato agli italiani.