Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  agosto 12 Mercoledì calendario

La Cina mette a tacere gli avvocati: «Minacciano la sicurezza nazionale». Giro di vite contro gli attivisti per i diritti umani: in pochi giorni 220 in manette senza capi d’imputazione precisi. Human Rights Watch: «Un attacco mirato. Un duro colpo alla pretesa cinese di essere un Paese in cui la legge regna sovrana»

Non saranno i numeri della stretta sulla corruzione che il presidente Xi Jinping sta conducendo con pugno duro, ma il giro di vite che il regime di Pechino ha impresso contro avvocati difensori dei diritti umani comincia ad assumere proporzioni insolite anche per la Cina. A farne le spese di questa nuova stagione difficile per chi si batte per una Cina più democratica sono stati finora almeno 220 fra avvocati e attivisti arrestati dalla polizia con l’accusa di «sovversione dei poteri dello Stato» e «disturbo dell’ordine pubblico». La loro colpa? Aver provato a difendere separatisti e dissidenti. Alcuni sono stati già rilasciati, ad altri sono stati concessi i domiciliari, ma la polizia continua con gli interrogatori e le detenzioni sommarie.
La polizia sembra aver preso di mira Fengrui, uno studio legale di Pechino, noto per aver difeso separatisti e dissidenti, tra cui l’artista Ai Weiwei, a cui il Partito comunista recentemente ha riconsegnato il passaporto dopo che glielo aveva sequestrato per quattro anni non permettendogli di uscire dal Paese.
Gli arresti
A metà luglio, tre avvocati dello studio legale sono stati arrestati e tutt’oggi sono detenuti. Wang Yu, un’avvocatessa che ha difeso sia l’economista uiguro Ilham Tohti, condannato all’ergastolo per separatismo, che la dissidente Cao Shunli, morta in carcere l’anno scorso. E subito dopo sono stati arrestati anche Zhou Shifeng, il direttore e il suo assistente Liu Sixin.
Il «Quotidiano del Popolo» ha descritto Wang Yu e gli altri avvocati come «una grande banda criminale» che «disturba seriamente l’ordine sociale». La crisi attuale non si limita solo alle retate, agli interrogatori e alle intimidazioni, ma sembra essere davvero «un attacco mirato», secondo quanto denunciato da Human Rights Watch in un comunicato. «Un duro colpo alla pretesa cinese di essere un Paese in cui la legge regna sovrana».
Fra i casi più famosi riportati dai giornali e che gli avvocati avrebbero cercato di difendere in modo indebito ci sono quello di Xu Chunhe, ucciso alla stazione ferroviaria di Qingnan da un poliziotto in circostanze sospette; quello del blogger Wu Gan, definito «un volgare macellaio», arrestato con l’accusa di «creare problemi, essere litigioso e aver cercato di sovvertire il potere dello Stato».
L’autocritica
Alcuni degli avvocati arrestati sono stati messi davanti alle telecamere televisive, e costretti ad umilianti autocritiche e confessioni, che rimandano la memoria ai tempi della Rivoluzione Culturale.
Gli arresti, coordinati dal ministero della Pubblica Sicurezza, sono iniziati proprio in concomitanza dell’entrata in vigore della nuova, severissima legge cinese sulla Sicurezza Nazionale. Una normativa che ingloba nel concetto di sicurezza nazionale vaghi e variegati concetti. Dalla religione alla cultura, i mercati azionari, i mari, lo Spazio, l’ideologia, la sicurezza alimentare e, naturalmente, Internet e i social media.
Le accuse
Infatti, in concomitanza delle retate contro gli avvocati per i diritti umani, Telegram, l’applicazione per smartphone che permette di chattare senza essere intercettati, molto utilizzata dagli attivisti, è stata hackerata rendendola inutilizzabile in Cina. Non si tratta di un attacco gratuito: le accuse ai danni degli avvocati cinesi sono proprio di aver utilizzato Telegram e altri metodi di comunicazione protetti per tramare ai danni del Partito e dello Stato, in un ampio complotto che avrebbe beneficiato del sostegno da parte di non meglio determinati «elementi esteri».
Si moltiplica, dunque, il numero di giuristi disposti ad occuparsi di casi che riguardano l’abuso dei diritti umani. Fra i più noti: Pu Zhiqiang, uno degli avvocati di Ai Weiwei, e Xu Zhiyong, uno dei principali ispiratori del «Movimento per i nuovi cittadini» visto dal governo cinese come un tentativo di sovvertire il Partito.