Libero, 12 agosto 2015
Ma se, alla fine, il punto fosse solo che moltissimi frequentatori di discoteche e dintorni sono essenzialmente degli imbecilli? Lo pensiamo e spesso prendiamo le distanze dai nostri stessi pensieri, ma ecco che segrete convinzioni («a noi non potrebbe capitare») poi riprendono cittadinanza
Il sospetto che moltissimi frequentatori di discoteche e dintorni siano essenzialmente degli imbecilli (scegliete voi l’aggettivo) si affaccia in parecchi di noi: lo pensiamo e spesso prendiamo le distanze dai nostri stessi pensieri, ma ecco che segrete convinzioni («a noi non potrebbe capitare») poi riprendono cittadinanza.
E ora, prima di sentirci in colpa, segue il teatrino delle doverose premesse. La prima è che le discoteche naturalmente sono tante cose, possono essere anche mezze balere per adulti, luoghi ben organizzati e discreti dove magari si possa persino parlare, conversare, conoscere, stare all’aperto, concludere una serata – magari estiva – senza infilarsi per forza in riti dionisiaci e senza abbrutirsi di alcol e pasticche e cocaina e senza ballare in trance per otto ore di fila.
Le discoteche civili, nel senso di frequentabili, esistono. Ed esistono persone normali che le frequentano e le gestiscono. Ma a noi tocca parlare della discoteca globalizzata e per giovani e giovanissimi, quella da migliaia di lemuri che danzano per un’intera notte (più il pomeriggio, in spiaggia) come un sol corpo deforme e ammassato, ipnotizzato da orge di luci e di suoni, la discoteca che si abbrutisce con musiche ossessive e frastornanti e che brama raduni primitivi e stordenti, insomma quelle che i giornali, per parlarne, intervistano gli psichiatri.
La seconda doverosa premessa è che non ci stiamo riferendo a nessuno dei ragazzi morti in questo periodo dentro o fuori le discoteche: ciascuno fa caso a sè, davvero, ci interessa di più il riflesso condizionato dei media attorno a questi fatti e a questi balli, ci interessa soprattutto la parata di specialisti – commentatori, sociologhi, psicologi, pedagogisti – incaricati di dare in qualche modo la colpa a qualcuno o a qualcosa, sempre. Il generico elenco dei responsabili è sempre nutrito: la classe politica, le leggi fatte male, i giudici che le applicano o non applicano, i genitori distratti, i gestori delle discoteche conniventi, gli anfratti permissivi e nichilisti della società, eccetera. La solita pastetta sui soliti giovani fragili e ignavi, roba che cambia nome ma non la sostanza da una generazione all’altra: questo in un Paese in cui il concetto di responsabilità personale resta vago.
Eppure – e lo sappiamo tutti – non ci sarà mai una scusante sufficiente per l’imbecillità. Da settimane leggiamo di frotte di giovani che s’accollano viaggi interminabili in auto per raggiungere discoteche lontanissime, s’accodano alla prova del palloncino o alle perquisizioni fuori dalle discoteche (di controlli ce n’è anche troppi, egregio ministro) e poi pagano per entrare, anzi, talvolta pagano anche centinaia di euro per un tavoletto privèe in cui di privèe non c’è nulla, strapagano intrugli che di giorno non berrebbero mai, si rincoglioniscono di musica techno che gli pompa fuori gli organi dal corpo, e stanno lì, si perdono nel carnaio sub-umano della pista, non parlano per ore intere, ingoiano pasticche a caso perché gli imbecilli «non sanno che cosa prendono», forse non vogliono neppure saperlo.
Ieri il Corriere della Sera raccontava che in Salento (che sta soppiantando il divertimentificio romagnolo) ragazzi e ragazze s’infilano “tampax alcolici” nel retto o in vagina, pare che faccia stordire prima e meglio. Colpa della società nichilista? Sta di fatto che noi dovremmo passar la vita a cercar d’informarli, dovremmo sentirci in colpa per tutto ciò che non sanno e invece sanno benissimo: perché oltretutto è la generazione più potenzialmente informata di sempre, surfano in rete che è una meraviglia.
Noi chiudiamo le discoteche, stiliamo elenchi di colpevoli, rileggiamo commenti-fotocopia scritti dall’accademico di turno: come se oltreché la diagnosi esistesse una terapia, come se potessimo chiudere tutti i Cocoricò d’Italia o tutte le spiagge o tutte le piazze o chiudere magari un’intera generazione di “vittime”: ma vittime di che cosa? Purtroppo le giovani generazioni – tutte – continueranno a sballarsi, e noi sui giornali cercheremo sempre nuovi capri espiatori. La distinzione tra autentici imbecilli – che esistono – e altri meno imbecilli resterà un affare privato, tra noi e noi.