il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2015
Ricordate Manlio Cerroni, il “Supremo”, padrone assoluto dello smaltimento dei rifiuti di Roma negli ultimi quarant’anni con la sua discarica di Malagrotta? Due anni fa è finito ai domiciliari: è sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e falso. Intanto il 22 luglio il Tar del Lazio ha autorizzato la costruzione del termovalorizzatore di Albano Laziale (20 chilometri dalla Capitale) e ha stabilito che i costruttori (tra cui Cerroni) potranno attingere a 500 milioni di euro di denaro pubblico
Tra le storie degli inceneritori italiani, raramente limpide, ce n’è una illuminante. Il termovalorizzatore di Albano Laziale (20 chilometri dalla Capitale) è un progetto di Manlio Cerroni, il “Supremo”, padrone assoluto dello smaltimento dei rifiuti di Roma negli ultimi quarant’anni. Due anni fa il monopolista è finito ai domiciliari: è sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e falso (senza considerare i vecchi procedimenti per reati ambientali). Alcuni dei capi di accusa che pendono su Cerroni sono legati proprio all’inceneritore di Albano, i cui lavori devono ancora iniziare. Ma il progetto è tutt’altro che tramontato: il 22 luglio il Tar del Lazio ha autorizzato (di nuovo) l’impianto e ha stabilito che i costruttori potranno attingere a 500 milioni di euro di denaro pubblico. Sono i cosiddetti fondi Cip-6, destinati – in teoria – alle fonti rinnovabili. E che dal 2009, secondo l’Unione europea, non possono più essere usati per impianti che bruciano rifiuti urbani.
Secondo il Coema (il consorzio nato per costruire l’inceneritore) il cantiere sarebbe stato aperto in extremis, il 28 dicembre 2008. Le foto aeree sembrano dimostrare il contrario, ma il Tar non le ha considerate. La genesi del progetto, ricostruita dalle indagini della procura di Roma, è particolarmente affascinante. Nel 2007 la Regione Lazio (governata da Piero Marrazzo) non aveva previsto la costruzione del termovalorizzatore. La decisione cambia all’improvviso in pochi mesi: merito dei tanti amici di Cerroni nel Pd e in Regione.
Uno in particolare: l’ex dirigente regionale Arcangelo Spagnoli (morto nel 2012) presenta una dettagliata relazione a favore dell’impianto. L’ex moglie di Spagnoli, Debora Tavilla, ha spiegato di recente gli interessi del marito: il “Supremo” gli aveva promesso un ruolo da dirigente nel consorzio del termovalorizzatore. Non solo: i magistrati romani hanno trovato conti all’estero milionari riconducibili al funzionario della Regione. La vedova ha giurato di non saperne niente, come se Spagnoli fosse un prestanome. In effetti aveva fatto da tramite tra Cerroni e gli altri azionisti del Coema: l’Ama e l’Acea (municipalizzate dei rifiuti e di acqua ed elettricità di Roma). Il “Supremo” non è l’unico interessato a bruciare i rifiuti: l’uomo forte dell’Acea è Francesco Gaetano Caltagirone, proprietario del Messaggero.
Tutto sulla pelle di Albano, che ha già pagato il suo tributo con i ben sette invasi della sua gigantesca – e maleodorante – discarica (a sua volta oggetto di indagini). Proprietario? Che domande: Manlio Cerroni.