il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2015
Piccoli consigli per correggere gli adulti che hanno dimenticato come si scrive. Vittorio Coletti ha scritto una guida fatta di regole e sintassi per evitare strafalcioni: dall’errore ortografico a quello grafico
Se non siete tra i due o tre italiani convinti di padroneggiare perfettamente la punteggiatura, questo libro fa per voi. Si chiama Grammatica dell’italiano adulto (Il Mulino, 14 euro; 225 pag.g) ed è una sorta di pronto soccorso delle regole di sintassi e grammatica. L’autore è Vittorio Coletti, che i più conoscono per il dizionario che porta il suo nome (e quello di Francesco Sabatini). Il senso di questo volumetto lo spiega bene il professore – linguista, accademico della Crusca – nella prefazione: “Per un consiglio di fondo sul taglio del volume, mi sono giovato di quello che io penso sia il lettore ideale: una di quelle solide maestre di una volta, che conoscevano bene la lingua e i suoi peccati, fedeli alle regole ma pazienti con i suoi trasgressori”. Perché una grammatica della lingua “adulta”? Perché cerca di affrontare i “problemi di crescita” dell’italiano, dopo un secolo e mezzo di vita sociale. A far da guida – una guida non scolastica – gli errori e i ricorrenti dubbi di chi lo parla (e, naturalmente, lo scrive).
Partiamo dalle preposizioni. Se non c’è dubbio che “l’uso preposizionale di eccetto deve lasciare invariata la parola ‘eccetto lei, eccetto i presenti’, la cosa è meno sicura con un suo sinonimo come escluso, che è usato più spesso concordato: ‘esclusi i presenti’ è giustamente più attestato di ‘escluso i presenti’”. Perché? Perché “il valore aggettivale del participio è più avvertito di quello preposizionale”.
Siamo convinti che “ma, però” sia un’espressione sbagliata. È davvero così? “Ma ha un doppio valore. C’è il ma che, con valore oppositivo, introduce la sostituzione dell’antecedente, nel significato di bensì: ‘Angelo non è stanco ma pigro’. C’è il ma che, con valore limitativo, corregge e integra l’antecedente, nel significato di però, tuttavia: ‘Poco ma sicuro’”. In realtà ma però non è sbagliato, come attestano autorevoli usi antichi, da Dante a Manzoni; tuttavia dà fastidio negli usi formali della lingua”. Lo sa perfino il correttore ortografico di Word, che lo sconsiglia. La ragione di questo accoppiamento sta “nel ruolo di rinforzo e disambiguazione del ma svolto dal però che segue (significa: questo ma non è sostituibile da bensì ma, appunto, da però e cioè un ma limitativo non oppositivo). Anche un banale ci può creare una quantità incredibile di problemi. La ragione sta nella sua invadenza (che deriva dagli innumerevoli usi). Ma il dilemma più frequente è grafico. Come si scrive ci davanti a voci del verbo avere con l’h? C’ho o ci ho? “Essendo questo un uso del parlato, non si è ancora consolidata una soluzione grafica. Ma succederà, tranquilli”. E nel frattempo? L’autore consiglia il ci intero, dunque ci ho.