la Repubblica, 10 agosto 2015
Il piano per la banda larga è pronto a partire. Si tratta di un affare da 12 miliardi tra Stato e gruppi privati. «I soldi ci sono, ora gli operatori si mettano in gioco», ha detto Matteo Renzi. In campo Telecom, Fastweb, Vodafone e il gruppo nato dalla fusione di Wind e 3 Italia. Dopo l’ok del Cipe, ecco le manovre che dovranno portare il web veloce a tutte le famiglie italiane
«I soldi ci sono, ora gli operatori si mettano in gioco». Le parole di Matteo Renzi pronunciate dopo la riunione del Cipe che ha sbloccato i fondi per il Piano della banda ultralarga, volevano essere un pungolo per le imprese che devono materialmente realizzare la rete di nuova generazione. Ma, come al solito, dal dire al fare, il passo non è breve. Innanzitutto occorre chiarire bene quali sono le risorse messe a disposizione dal Cipe. Si tratta innanzitutto di 3,3 miliardi di euro del Fondo Sviluppo e Coesione di cui 2,2 miliardi assegnati al Mise (Ministero per lo Sviluppo Economico) per interventi di immediata attivazione in aree “bianche” dei Cluster C e D (cioè quelle a fallimento di mercato), più altri 1,3 miliardi da assegnarsi con successiva delibera Cipe. Poi ci sono 1,4 miliardi da destinare con successivi provvedimenti normativi e circa 2 miliardi dai programmi operativi regionali e nazionali già approvati o in corso di approvazione da parte della Ue. In tutto quasi 7 miliardi di origine pubblica, dei quali sono certi 40 milioni nel 2016, 350 milioni nel 2017 e 2018, 400 milioni nel 2019, 450 milioni nel 2020 e 2021 e 160 milioni nel 2022 per un totale, appunto, di 2,2 miliardi.
Si tratterà di vedere quali operatori saranno in grado di attingere a tali fondi affiancandoli a risorse private che il premier ha genericamente quantificato in 5 miliardi per raggiungere la cifra tonda di 12 miliardi. A settembre il Mise dovrà aggiornare la mappa delle 94.645 aree censorie in cui verrà suddiviso il territorio italiano. A quel punto il Mise dovrà dire su quali aree vorrà indirizzare i fondi a disposizione e gli operatori privati dovranno a loro volta dire se e come vogliono modificare i propri piani di investimento in funzione dei fondi pubblici.
Per evitare sovrapposizioni di operatori, la regola già indicata dalla Ue prevede che se un operatore porta la fibra fino in casa dell’utente coprendo almeno il 50% di un’area censoria, allora in quell’area (“nera”) non potranno esserci incentivi pubblici a favore di altri concorrenti. Se invece si rimane al di sotto del 50%, i contributi pubblici saranno ancora possibili così come saranno possibili incentivi se si effettuano gli “step change”, cioè miglioramenti tecnologici. Per esempio passando da Fttc (fibra fino all’armadietto) a Fttb/h (fibra fino al palazzo o fin dentro gli appartamenti).
Telecom ha già formalizzato una procedura vincolante con In- fratel (società del Mise) per cablare in modalità Ftth almeno il 50% di 100 città, 40 entro il 2017 e le altre entro il 2018. Quelle città, quindi, sono considerate aree “nere” (cioè con un alto ritorno economico) e chiunque altro voglia stendere fibra dovrà farlo con le proprie gambe. Un esempio di questo tipo è Torino, dove stanno posando fibra sia Telecom che Metroweb, senza alcun incentivo statale visto il buon ritorno economico garantito ai due operatori. Ora bisognerà vedere come procederà Metroweb, che prima del ribaltone in Cassa Depositi stava predisponendo insieme a Vodafone e Wind un piano di investimenti da 4-5 miliardi per cablare circa 500 città in modalità Fttb/h. È probabile che di queste 500 città una buona parte si sovrappongano a quelle già indicate da Telecom e dunque si possano avere tanti casi simili a Torino con due reti in fibra ottica da parte di due operatori diversi. In altre città, invece, considerate grigio chiaro o grigio scuro, si può partire dalla Fttc per salire alla Fftb/h. Per esempio Vodafone con il suo piano Spring da 3,6 miliardi, dal settembre 2014 ha installato 10mila cabinet in 74 città e portato il servizio in fibra in 113 città attraverso altri allacciamenti con la rete Telecom. Tra queste Milano e Bologna sono in Fttb/h. Mentre Fastweb è già presente in modalità Fttc in sette città, Milano, Roma, Torino, Napoli, Bari, Genova e Bologna e ha un piano per portare i suoi servizi in altre 63 città che potrebbero salire a 100 sperimentando la modalità GFast che permette di offrire all’utente anche 100 Mega fermandosi con la fibra all’armadietto in strada.
Chi porterà invece la nuova rete nelle aree bianche, quelle a fallimento di mercato, cioè dove nessun operatore andrebbe senza incentivi pubblici? I 2,2 miliardi stanziati dal governo sono proprio destinati a queste zone ma i futuri bandi di gara dovranno essere riequilibrati per permettere anche ai concorrenti di Telecom, come Vodafone, Fastweb e Wind-3, di partecipare. Inoltre nelle aree bianche, come ha detto il premier Renzi, si potrà contare sulla collaborazione di Enel per cercare di abbassare i costi e rendere la posa della fibra più attraente economicamente. L’idea è quella di sfruttare il cambio dei contatori elettrici che nel 40% dei clienti Enel è già collocato dentro l’appartamento.