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 2015  agosto 10 Lunedì calendario

Gregorio Paltrinieri vince una «folle e maledettissima» gara col fantasma. Sun Yang, il favorito, non si presenta alla finale dei 1.500: «Non sapevo più cosa fare, mi è salito il battito a cento pulsazioni. Era da tre anni che sognavo di batterlo e lui non mi si presenta... Lui mi serviva». Ma alla fine non ne ha avuto bisogno. Il nuotatore ventenne ha imparato a cavarsela da solo

Il bravo ragazzo voleva guardare in faccia il demonio prima di stenderlo, e il demonio che fa? Scappa. «Non sapevo più cosa fare, mi è salito il battito a cento pulsazioni. Era da tre anni che sognavo di batterlo e lui non mi si presenta...». Qui è iniziata la gara più difficile della vita di Gregorio Paltrinieri, il nostro magnifico pesce veloce di Carpi, primo italiano a conquistare l’oro mondiale nei 1.500 stile libero. Una «folle e maledettissima» gara col fantasma. Un’imprevista, metafisica sfida al nemico che non c’è. Un tumultuoso e bellissimo viaggio dentro se stessi.
«Sun mi serviva» racconta Greg felice e stordito dopo avere regolato a tempo di record europeo (14’39”67 contro il suo precedente 14’39”93) l’americano Jaeger e il canadese Cochrane. Il cinese gli serviva perché era il recordman del mondo, il modello a cui tendere, il punto di riferimento tattico delle trenta vasche più importanti della sua carriera. «Studiavo da due giorni che cosa fare con lui». Adeguare il ritmo, attaccarlo, staccarlo, respingerne il rush finale. Soprattutto, usarlo come propellente fisico e mentale. Invece Sun Yang non si è presentato. Corsia 3 vuota. Colpa di un problema al cuore, di una lite nel riscaldamento, magari di manovre sospette andate male, chi lo sa. Nella camera di chiamata – quell’inquietante androne in cui tutti gli atleti si trovano prima di andare ai blocchi – Greg ha provato a scherzare: «Ho detto agli altri: “Ha paura di noi”. E invece la paura è venuta a me, i giudici urlavano “Sun, Sun”, lo abbiamo cercato nell’angolo dei cinesi, ma non c’era, via, scomparso da qui, magari anche da Kazan, dov’era?”»
Il fantasma era con i suoi fantasmi, e Greg è rimasto solo a fischiettare nel bosco per farsi coraggio. «La sua assenza ha scombussolato tutto: molti hanno pensato che fosse la loro occasione. A me è passato per la testa di tutto: posso sbagliare; è una formalità; prima volevo vincere adesso invece devo». Un uomo solo in mezzo al mare. «Cochrane è partito forte, e io lì ho stravolto la mia gara». Presa la testa ai 500 metri Greg non l’avrebbe più mollata, ma quando il canadese è saltato ai 1.000 metri, è risalito potente Jaeger, un altro che sentiva l’odore del sangue. Qui la prova si è fatta tremenda, Greg si è imballato, ha alzato la frequenza di bracciata, ha cercato ossigeno che non c’era più. Ma, tra le tante visioni che colpiscono il mezzofondista che arranca verso riva, Paltrinieri ha anche avuto quella dell’oro e le si è aggrappato fino all’ultima bracciata. «Sono arrivato morto: ci fossero stati altri 100 metri arrivavo settimo. Il tempo? Non è malissimo, ma la condizione era da molto meno». Sul suo foglietto delle profezie aveva scritto un crono intorno al record del mondo (14’31”02) e per le prima volta ha sbagliato di brutto, ma come faceva a prevedere un caos simile? «Massì, alla fine conta l’oro e non me frega niente. Quanto a Sun, se ha avuto problemi al cuore mi spiace, ma io non c’entro. Io sono contentissimo: ho sempre sognato un oro ai Mondiali, anche se faccio fatica a rendermene conto».
Adesso è sempre così, ma col tempo Greg capirà. Capirà l’allegria di tutti noi intorno a lui, ragazzo di 20 anni al quale è impossibile non volere bene; l’emozione faticosamente trattenuta del suo tecnico, Stefano Morini; le lacrime della fidanzata Letizia insieme a mamma Lorena e papà Luca che sventola il tricolore; la ragione profonda di nuotare 180 chilometri la settimana e, magari, la genialità della scelta, secoli fa, di mollare la rana e rinunciare alla pallacanestro che tanto ama. Soprattutto, capirà il senso vero di questa domenica a Kazan: ieri Greg non è solo diventato il più bravo del mondo, ma ha imparato a cavarsela benissimo da solo. Sun – e tutti i Sun della vita – non gli serviranno mai più.