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 2015  agosto 10 Lunedì calendario

Il caso dei due marò finisce al Tribunale del Mare. Il governo italiano chiede il via libera al rientro di Salvatore Girone dall’India e l’estensione della permanenza in Italia di Massimiliano Latorre, oltre alla sospensione immediata della giurisdizione indiana in attesa del giudizio di merito di un’altra Corte, quella arbitrale dell’Aia. Verdetto atteso non prima del 24 agosto. L’ambasciatore Francesco Azzarello promette: «L’India ha mostrato una particolare aggressività ma siamo determinati a far valere le nostre ragioni»

Dalla disputa diplomatica al dibattimento giuridico. Si apre in un clima teso il procedimento avviato dall’Italia sul caso dei marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre presso il Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo (Itlos). «L’India ha mostrato una particolare aggressività ma siamo determinati a far valere le nostre ragioni», dice l’ambasciatore Francesco Azzarello, l’agente del governo a capo della delegazione italiana. 
Sarà lui ad aprire i lavori nell’udienza pubblica di stamane, insieme alla squadra di esperti e avvocati internazionalisti capitanata da un veterano dei contenziosi tra Stati, il britannico Sir Daniel Bethlehem. Nel pomeriggio tocca al team legale indiano. I 21 giudici di Amburgo, nominati per nove anni secondo i criteri dell’equa ripartizione geografica e della pluralità dei sistemi giuridici, dovranno esprimersi sulla richiesta italiana di «misure cautelari con carattere d’urgenza» a tutela dei due fucilieri di Marina. 
Il governo chiede in sostanza il via libera al rientro di Girone dall’India e l’estensione della permanenza in Italia di Latorre (convalescente in seguito a un’ischemia), oltre alla sospensione immediata della giurisdizione indiana in attesa del giudizio di merito di un’altra Corte, quella arbitrale dell’Aia, che non sarà operativa prima del 26 agosto e che potrebbe anche ribaltare la decisione di Amburgo. 
Il procedimento arbitrale però rischia di durare anni, Roma vuole riportare Girone e Latorre a casa subito. Di qui il carattere d’urgenza del ricorso all’Itlos per scongiurare il rischio di «danno grave e irreparabile». Del collegio (presieduto da un russo) fa parte anche un giudice indiano, l’Italia ha nominato giudice ad hoc il professor Francesco Francioni. Entrambi saranno pure arbitri all’Aia. 
New Delhi vuole processare Girone e Latorre per il presunto omicidio di due pescatori indiani di 20 e 44 anni, il 15 febbraio 2012 al largo del Kerala. I marò, imbarcati come nuclei militari di protezione sulla petroliera Enrica Lexie, avrebbero scambiato il peschereccio per una nave pirata e aperto il fuoco. Roma rivendica la giurisdizione della magistratura italiana perché l’incidente è avvenuto in acque internazionali, i due agenti erano in servizio per conto dello Stato e a bordo di una nave battente bandiera italiana. 
Il governo indiano si richiama invece al concetto di «fascia contigua», ovvero quel tratto di mare che si estende per un limite massimo di 24 miglia nautiche dalla costa, 12 in più rispetto alle acque territoriali, e sul quale uno Stato può esercitare diritti non sovrani ma di controllo per prevenire o reprimere violazioni della legge. Una zona prevista dalla Convenzione di Montego Bay alla quale non tutti si richiamano. Il contatto tra le due imbarcazioni avvenne a 20,5 miglia dalla costa indiana. 
L’intenzione di New Delhi di far valere la piena sovranità e non retrocedere di fronte a uno Stato occidentale è stata chiara sin dall’inizio. L’arrivo al governo del nazionalista Narendra Modi non ha facilitato la distensione. «I nostri Paesi sono tradizionalmente amici – dice l’ambasciatore Azzarello – ma questa vicenda ha provocato una controversia estremamente delicata. L’Italia ha tentato in tutti i modi, attivando canali informali e formali, di trovare una soluzione concordata. Purtroppo non è stato possibile». 
L’udienza di domani sarà dedicata a domande e repliche delle parti. Verdetto atteso non prima del 24 agosto.