La Gazzetta dello Sport, 9 agosto 2015
Ieri sera, avevo quasi finito di scrivere questo articolo, ed è entrata nella stanza Lauretta, la mia compagna

Ieri sera, avevo quasi finito di scrivere questo articolo, ed è entrata nella stanza Lauretta, la mia compagna. La storia era così incredibile che, continuando a scrivere, le ho detto: «Lo sapevi che Snoopy domani compie 65 anni?». Lei ha cominciato a ridere e a chiedermi: com’è possibile? com’è possibile?
• Già, com’è possibile? Sono andato a consultare wikipedia, e la data di nascita non è il 10 agosto. La prima apparizione del cane è del 4 ottobre 1950. La striscia - quattro quadretti - usciva su sette giornali da appena due giorni. Quindi, domani non è il compleanno.
Invece sì. In quattro strisce apparse tra il 7 e il 10 agosto del 1968, Snoopy stesso dichiara di essere nato il 10 agosto del 1950. Del resto è logico: il 4 ottobre 1950 doveva avere già qualche mese per far la sua parte nella striscia.
• Un cucciolo di 65 anni! Ma perché ne stiamo parlando?
Il compleanno è una simpatica scusa. La vera notizia è che sta per uscire un lungometraggio, Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts, nelle sale dal 5 novembre, regia di Steve Martino, quello, tra l’altro, de L’era glaciale 4 - Continenti alla deriva. Martino ha cominciato a dare interviste, e fa sapere a tutti che il problema principale è stato passare dalle due alle tre dimensioni, cioè dalla carta, dove il fumetto piatto è la regola, allo schermo, dove bisogna dar corpo ai personaggi. «Siamo stati attenti a definire il modo in cui la luce tocca la pelle di Charlie Brown e a come cambiano le forme dei personaggi a seconda dell’angolazione. Qualcosa che su un foglio di carta sarebbe risultato graficamente piatto, qui acquista volume e sostanza. La prima volta che mi hanno mostrato il rendering di Charlie Brown al dipartimento d’animazione ricordo d’aver lanciato un urlo di disperazione. Poi ho chiamato a raccolta il gruppo di lavoro e incoraggiato tutti: dobbiamo farcela». La vedova di Schulz, Jean, e i figli Craig e Bryan (che firmano la sceneggiatura) hanno dato a quelli della Blue Sky le chiavi del Museo Schulz di Santa Rosa, dove sono conservati gli originali delle 18 mila strisce di Charlie Brown. Gli animatori del cinema hanno così potuto studiare il modo con cui nel tempo si è evoluto il tratto del grande cartoonist. Martino: «I nostri erano intimiditi. Si sono accorti di quanto fosse complesso ricreare a mano quei disegni». Schulz non ha mai permesso a nessuno di aiutarlo. Morendo, ha vietato per iscritto che si rimettesse mano all’epopea.
• Esiste addirittura un museo dedicato a Snoopy, Charlie Brown e gli altri?
Sì, e con un’attività culturale intensa. Qualche anno fa venne organizzata una mostra in collaborazione con il centro beethoveniano di San José in California. Lei ricorderà che Schroeder ascolta Beethoven con il cappotto addosso perché gli dà i brividi, e che sa far uscire dal suo pianoforte-giocattolo delle vere note. Beh, le note sono talmente vere che si tratta di pezzetti degli autentici spartiti di Beethoven e la mostra faceva vedere da dove Schulz aveva ripreso queste citazioni, precisissime. Si poteva anche spingere un pulsante e, mentre si guardava l’esecuzione di Schroeder (magari con Lucy depressa ad ascoltare), si poteva anche sentire, in un auricolare, il brano citato...
• Bello. Ma che cosa mi rappresenta?
È una chiave per spiegare come mai, dopo 65 anni, Snoopy e gli altri sono ancora così importanti per il nostro immaginario. Schultz ha messo il mare nel bicchiere (sto citando Calvino), ha cioè rappresentato le complessità del nostro tempo - vale a dire le angosce, le paure, le nevrosi in cui siamo cresciuti - concentrandole nel candore di uno sguardo bambino. Operazione che richiede, oltre al talento, una preparazione immensa e una cura maniacale del dettaglio. Umberto Eco ha scritto di recente, riprendendo un giudizio di Vittorini, che Salinger, l’autore de Il giovane Holden, risulta datato. Schulz invece no. Schulz è dunque più poeta di Salinger, perché la sua lingua e il suo tratto risultano alla fine impossibili da ritoccare. Come succede con i grandi classici.
• Si potrebbe dire la stessa cosa di Walt Disney.
Certo. Altro gigante del Novecento. Sa che si sono trovati gli appunti che Walt Disney prese quando si trattava di dare i nomi ai sette nani di Biancaneve? Nessuno ricorda mai i nomi di tutti e sette i nani in italiano, ma ancora più difficile sarebbe ricordarli in inglese: Doc, Grumpy, Sleepy, Bashful, Happy, Sneezy, Dopey. Come sappiamo adesso, sette nomi perfetti anche nella nostra lingua (Dotto, Brontolo, Pisolo, Mammolo, Gongolo, Eolo, Cucciolo). Ma Disney, che ci si tormentò sopra parecchio, li scelse in un campionario di una cinquantina di possibilità: Lazy, Silly, Jumpy, Tearful... e, indovini un po’?, persino uno Snoopy.