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 2015  agosto 08 Sabato calendario

A questo punto, la storia del riforma del Senato è talmente buffa che basterà raccontarla.• Sentiamo

A questo punto, la storia del riforma del Senato è talmente buffa che basterà raccontarla.

Sentiamo.
Ricorderà che Renzi vuole riformare il Senato. Un’assemblea di cento parlamentari invece di 315, formata da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità illustri nominate dal capo dello Stato. I consiglieri regionali destinati a Palazzo Madama saranno eletti, al loro interno, dagli stessi consigli regionali che sceglieranno pure i sindaci. Il compito di questo Senato sarà limitato all’approvazione di poche leggi, per esempio quelle costituzionali. I cento senatori parteciperanno pure all’elezione del presidente della Repubblica. A parte questo, poco altro. Soprattutto, il presidente del Consiglio non dovrà chiedere a questa assemblea la fiducia, bastandogli quella di Montecitorio. In questo modo finirebbe il nostro sistema a bicameralismo perfetto, dove le due camere hanno gli stessi poteri e funzioni. Questo progetto, così come gliel’ho esposto, è stato votato l’anno scorso dai senatori e a marzo dai deputati. Siccome il Senato che conosciamo è previsto dalla costituzione, ci vuole una doppia approvazione. Adesso il disegno di legge costituzionale deve tornare al Senato, dove impegnerà quell’assemblea per tutto settembre. E qui viene il bello.  

Lo so già. La minoranza del Pd, cioè i bersaniani e gli altri, preparano il cosiddetto Vietnam, vogliono cioè mandare sotto Renzi sulla riforma del Senato, in modo che il premier-segretario sia costretto a dimettersi e che poi Mattarella (questo sperano) sia costretto a dare l’incarico a qualcun altro, magari lo stesso Renzi (però azzoppato) oppure la Maria Elena Boschi.
Ci sono due modi per mettere Renzi in una difficoltà molto seria. Primo modo: si fa ostruzionismo, ossia si presentano quanti più emendamenti è possibile. Secondo modo: si presentano pochi emendamenti, però sceltissimi, correzioni che non si possono semplicemente buttare a mare, magari facendo spallucce, ma intorno alle quali è pressoché inevitabile confrontarsi, tanto più se rischiano di passare. La strada ostruzionistica è quella scelta dalla Lega. La via della revisione mirata è invece quella imboccata dalla minoranza dem.  

Il tempo per presentare gli emendamenti scadeva ieri alle 13.00. Quanti ne ha preparati la Lega?
510 mila 293. Calderoli sostiene di averli scritti tutti lui, di suo pugno. Ha dato un’intervista a “Repubblica” e ha detto: «Sì, è tutta farina del mio sacco. Mi avvalgo anche del sostegno del personale degli uffici legislativi e di alcuni docenti universitari. E poi di una serie di volontari. Che pur di fermare le riforme lavorano gratuitamente. Andiamo in aula saltando il passaggio in commissione? Il mezzo milione di emendamenti diventerà un milione. A fronte di un milione di emendamenti la struttura di Palazzo Madama non riuscirebbe neanche a stampare. Per regolamento infatti il milione di emendamenti dovrà essere stampato e distribuito a ogni senatore. Quando presenterò gli emendamenti per l’aula chiederò un coinvolgimento della Sovraintendenza affinché valuti come un edificio storico del valore di Palazzo Madama possa reggere quel carico di carta».  

Mamma mia. E la linea della minoranza dem?
Uno dei più combattivi della minoranza dem, il bersaniano senatore Miguel Gotor, s’è incontrato con Calderoli venerdì scorso, per concordare l’attacco al governo. Sommando agli emendamenti della Lega quelli degli altri gruppi, si arriva a 513.449. Di questi, appartengono alla minoranza dem (26-28 firme in tutto) appena 17 proposte di correzione. E però, si tratta di 17 bombe.  

Che cosa chiedono?
La modifica più pesante riguarda l’articolo 2 della legge (28 firme). Dice così: «Il Senato della Repubblica è eletto dai cittadini su base regionale, garantendo la parità di genere, in concomitanza con la elezione dei consigli regionali». Cioè torniamo al Senato eletto dal popolo. E si tratterà di un Senato con più poteri di quelli previsti dalla legge di Boschi-Renzi. L’emendamento all’articolo 10, infatti, assegna a Palazzo Madama anche le leggi che riguardano libertà religiosa, amnistia, indulto, fine vita, diritti delle minoranze e legge elettorale nazionale. Inoltre: il Senato potrà scegliere due giudici della Corte costituzionale e all’elezione del presidente della Repubblica saranno ammessi non solo i senatori, ma anche 200 sindaci «perché il vincitore del premio previsto dall’Italicum non può scegliersi quasi da solo chi mandare al Quirinale» (Vannino Chiti).  

Che probabilità ci sono che queste norme passino?
Potrebbero essere giudicate inammissibili in commissione dalla presidente Finocchiaro. Ma se arrivano in aula, le probabilità che passino sono molto alte. Calcoli di ieri dànno un numero di senatori favorevole agli emendamenti intorno a quota 176, ben oltre la maggioranza assoluta. A guardare i numeri, nonostante l’ostentata sicurezza del premier, si direbbe che il governo Renzi è agli sgoccioli.