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 2015  agosto 07 Venerdì calendario

Tutti i misteri sul Boeing 777 della Malaysia Airlines. Alcuni pezzi del jet MH370 sono stati ritrovati all’Isola della Réunion. Ma come ci sono arrivati fino a lì? E perché l’aereo è caduto? Ecco la lista delle possibili spiegazioni (non sempre sono convincenti): c’è chi parla di un incendio a bordo e chi di un tentativo di dirottamento finito male, chi pensa che il pilota si sia suicidato e chi vuole che un missile lo ha abbia buttato giù. Ma c’è anche chi crede in operazioni di spionaggio da parte di russi che se ne sarebbero impadroniti per sottarlo ai satelliti, o di talebani che si preparano a bissare l’11 settembre

I più scettici sono i familiari delle vittime del jet MH370: frustrati da mancanza di notizie certe e arrabbiati per le tante contraddizioni. Comprensibile. È passato troppo tempo dall’8 marzo 2014, quando il Boeing 777 della Malaysia Airlines è scomparso mentre era in volo da Kuala Lumpur a Pechino. A bordo 239 persone. Poi la lista di segnalazioni, tutte infondate, seguita dal ritrovamento pochi giorni fa di un pezzo d’ala, un flaperon, su una spiaggia dell’isola della Réunion, territorio d’Oltremare francese nell’Oceano Indiano. Per il premier malese Najib Razak, il reperto appartiene al volo del mistero. Più cauti, secondo costume, gli investigatori in Francia. Sospettosi i cinesi che temono una verità di comodo, una soluzione per chiudere un caso imbarazzante. 
Poco hanno giovato gli annunci, poi smentiti, sul recupero di altri reperti sull’isola. Le costose ricerche nel Sud-Ovest dell’Australia, mentre il rottame è apparso molto più a nord, alimentano l’interrogativo – presente sin dal primo giorno – «ma state guardando nel punto giusto?». Gli scienziati ribattono: era stato previsto che le correnti avrebbero spinto eventuali componenti fino al Madagascar. Per provarlo esibiscono mappe interattive. Infatti gli abitanti alla Réunion sostengono di aver trovato molti rottami negli ultimi tre mesi e di averli anche bruciati perché pensavano fosse spazzatura marina. Ma nessuno ha la certezza che le parti in plastica e i resti di valige siano del 777. Gli analisti aeronautici si dividono, tanti dubitano che il volo MH370 sia andato così lontano finendo la sua corsa con l’esaurimento del carburante. Come dissero gli Usa qualche giorno dopo il presunto disastro: «Il Boeing è finito nell’Oceano Indiano». Le spiegazioni non sempre sono convincenti e lasciano comunque spazio a molte teorie. Vediamole.
Fiamme a bordo o grave avaria all’improvviso
Dalla cabina di comando non è partito alcun Sos, l’ultima comunicazione segnalava una situazione in apparenza normale. La famosa frase informale: «Tutto bene, buonanotte». Gli esperti ipotizzano che possa essersi verificato un evento catastrofico, forse un incendio nella stiva innescato da un carico pericoloso (non registrato). Qualcosa che ha messo fuori uso tutti gli apparati di bordo impedendo anche i contatti radio. Oppure è sorto un problema di pressurizzazione che ha incapacitato piloti e passeggeri. È già accaduto, anche in un passato recente. Chi non crede a questa ricostruzione si aggrappa ai ripetuti cambi di rotta. C’era qualcuno ai comandi e avrebbe spinto il Boeing 777 prima a ovest, quindi a sud lungo punti prestabiliti. La conclusione della tragedia in un gigantesco rettangolo nel mare davanti alle coste meridionali dell’Australia, dove da mesi sono andate avanti le perlustrazioni. Senza esito.

Azione suicida del pilota o del copilota
Il capitano Zaharie Ahmad Shah o il suo vice Fariq Hamid avrebbero compiuto un gesto estremo. Un’azione suicida per motivi non chiari. Personali? Politici? Una vendetta? Atto doloso iniziato proprio nel momento in cui il 777 passava in consegna da un punto di controllo ad un altro. In questi mesi si è scavato a lungo nel passato dei due ufficiali e degli altri membri dell’equipaggio. Gli investigatori hanno cercato prove, elementi, indizi. A parte qualche annotazione minore è uscito poco. Infinite le speculazioni, sempre respinte dalla compagnia malese e dai congiunti degli ufficiali. È chiaro però che i familiari dei passeggeri non escludono che su questo aspetto le autorità facciano muro, nascondendo magari dati interessanti. Quanto è avvenuto con il dramma della Germanwings sulle Alpi francesi ha dimostrato che lo scenario è possibile. Non sempre i controlli sono adeguati. Molti i buchi nella rete.

Un tentativo di dirottamento o un missile
C’è stato un tentativo di dirottamento che si è concluso con la distruzione del jet. Magari una colluttazione all’interno della cabina per la reazione dell’equipaggio o dei passeggeri. Possibile anche l’esplosione di un ordigno, anche se i sistemi statunitensi non avrebbero percepito nulla di anomalo. Fino ad oggi, però, non è stata registrata alcuna rivendicazione e le indagini su scala globale non avrebbero trovato figure sospette. Ma ci si basa sull’emerso e non su quanto potrebbe esserci nei files degli inquirenti malesi. Il piano terroristico ha una variante: il 777 è stato abbattuto da un missile. Nel caso «A» lo si imputa ad un errore durante un’esercitazione. Nel caso «B» ad un intervento di un caccia per fermare un jet fuori rotta e che non rispondeva alle chiamate. Temendo che potesse schiantarsi su un centro abitato è stato fermato in modo risoluto. Questo potrebbe aver causato i successivi «depistaggi».

Come in «Lost» Aereo atterrato in base segreta
È la storia alla «Lost», la famosa serie tv, con un aereo finito su un atollo. Molte le ricostruzioni. La più affascinante sostiene che il 777 si trova su una vecchia pista nella zona di Baikonur, in Kazakistan. Un’operazione montata dai russi che lo avrebbero poi nascosto in un grande hangar per sottrarlo alla ricerca dei satelliti. Un’altra è che il Boeing sia nelle mani di un gruppo qaedista/talebano che prepara un attacco in stile 11 settembre (ma da allora nulla è successo e resta da capire come nessuno lo abbia visto). Stando a un’altra teoria la Cia si sarebbe impossessata del jet per catturare degli scienziati cinesi e magari lo avrebbe portato nella base anglo-americana di Diego Garcia, proprio a nord de La Réunion. Durante l’inchiesta è stato raccontato che il pilota si era addestrato al simulatore ad atterrare su isole (anche con piste corte). Tra quelle provate forse c’era quella di Diego Garcia, adatta però ad accogliere aerei di ogni dimensione.