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 2015  agosto 07 Venerdì calendario

Storie di falsi e falsari. L’Archaeoraptor, quegli ottantotto ossi tenuti assieme da una modernissima colla che ingannarono persino il National Geographic. Storia di una delle più grandi truffe scientifiche di sempre

Era il 15 ottobre 1999. Christopher Sloan sentì la storia passargli accanto. E celebrò l’evento con queste parole: «Con le ali di un uccello primitivo e la coda di un dinosauro, la creatura scoperta nel Liaoning è il vero anello mancante di una complessa catena che lega i dinosauri agli uccelli».
Peccato che il soffio fosse un diavolo travestito. Lo splendido esemplare congelato nella roccia, battezzato Archaeoraptor liaoningensis, ha vissuto sì una seconda vita sotto i riflettori, ma effimera. Bastarono pochi mesi e la chimera si sarebbe rivelata un falso. Era l’abile assemblaggio di 88 pezzi. Fossili di specie diverse, tenuti assieme da una modernissima colla. Sloan, firma del National Geographic, passò così alla storia dalla parte sbagliata. Per essere stato vittima di una delle più grandi truffe scientifiche di sempre.
L’Eden dei paleontologi
E dire che il magnifico mostro sembrava vantare il curriculum perfetto. Proveniva dalla provincia cinese considerata l’Eden di ogni paleontologo. Se oggi è un ammasso di stabilimenti, pozzi petroliferi e miniere, oltre che di campi agricoli, nel Cretaceo – tra 145 e 65 milioni di anni fa – era una pittoresca distesa di laghi e paludi, spezzata da catene di vulcani attivi. Agli occhi dei dinosauri che la affollavano era un habitat ospitale, nel XXI secolo la ricca area del Nord-Est, l’antica Manciuria, è un bizzarro mix: l’archivio naturale di fossili veri e la sofisticata fabbrica di fossili finti. Messi in comunicazione da un’inesauribile manodopera di contadini che scavano illegalmente, smerciano sui mercati clandestini, costruiscono esemplari mai esistiti.
Ogni mafia conosce le debolezze dei propri clienti, solleticandone i desideri profondi, e quella dei dinosauri ha fatto «boom» sulla smodata popolarità del mondo giurassico, in cui «profano» e «sacro» si autoalimentano. Da una parte kolossal cinematografici, bestseller in libreria e gadget per ogni età, dall’altra ricercatori, collezionisti e musei in gara l’uno con l’altro. Per il Liaoning l’ingresso in questa dimensione di frenesia globale (e di business) è segnato da una data decisiva: il 1996, quando viene riportato alla luce ilSinosauropyteryx, il primo dinosauro piumato (autentico al 100%). Una scoperta adrenalinica per gli studiosi, che scatena una corsa all’oro. Tutti vogliono curiosare nel sottosuolo e – nelle parole del direttore del Museo di Storia Naturale di Los Angeles, Luis Chiappe – i lavori di scavo si trasformano nell’«equivalente paleontologico della costruzione della Grande Muraglia».
L’anello mancante
È all’inizio del 1999 che l’Archaeoraptorspicca il volo dalla Cina e arriva clandestinamente negli Usa. Ad aggiudicarselo sono gli artisti Steven e Sylvia Czerkas, creatori nello Utah di un museo dedicato ai dinosauri. Impressionati dalla bellezza del reperto, sborsano 80 mila dollari, dandosi da fare perché l’esemplare venga studiato dagli specialisti. Entrano così in scena il paleontologo Phil Currie e il reporter Christopher Sloan: uno inizia a esaminarlo e l’altro fiuta la grande storia, ma tutti e due si preoccupano che il dinosauro alato venga restituito a Pechino. Intanto la macchina mediatica si è messa in moto, finché è il National Geograhic a lanciare la notizia del ritrovamento dell’«anello mancante». L’obiettivo è bruciare le riviste top della ricerca, ScienceNature, ma la verità è che hanno già rinunciato allo scoop. I loro esperti esprimono una serie di dubbi ed è anche arrivata l’analisi di Timothy Rowe, ricercatore dell’Università del Texas, che ha messo l’Archaeoraptor sotto la lente delle macchine a raggi X e tomografiche, deducendo che non è ciò che sembra.
Il verdetto finale però arriva a inizio 2000, con l’annuncio di uno dei massimi esperti cinesi, Xu Xing dell’Istituto di Paleontologia di Pechino. L’Archaeoraptor- rivela – non è mai esistito, se non nel laboratorio degli anonimi falsari. Eppure la beffa è lo stesso interessantissima. Il motivo? Contiene ossi straordinari, molti mai visti prima. Per esempio la coda di quello che sarà identificato come unMicroraptor di 130 milioni di anni fa – dinosauro bonsai, di 75 centimetri – e la parte superiore di uno Yanornis: quest’ultimo sarà descritto solo nel 2002 suNature come un archeo-uccello di 120 milioni di anni fa e – con evidente ironia – «la metà migliore dell’Archaeoraptor».
Gli scheletri ritoccati
L’altra metà è finita nella polvere. Passerà alla storia con l’etichetta sarcastica di «pollo di Piltdown», in ricordo dell’«Uomo di Piltdown», una delle bufale scientifiche più celebri, quando, nel 1912, nel Sussex, viene portato alla luce un presunto ominide (ecco un altro «anello mancante») che è la pasticciata combinazione di una mandibola di orangutan con frammenti di un cranio umano. Ma stavolta il nuovo «Piltdown» – sostiene Xu Xing – è servito per mettere in circolazione un po’ di anticorpi: ha contribuito anche a rivelare che quasi il 50% dei dinosauri esposti nei musei cinesi è ritoccato. E mentre il National Geographic ha avuto il merito di ricostruire con un’indagine approfondita molti retroscena del raggiro, quattro mesi fa il prof cinese si è preso una nuova rivincita: ha presentato Yi Qi, il primo dinosauro con le ali da pipistrello. A suo modo, un ennesimo «anello mancante». Ma vero.