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 2015  agosto 07 Venerdì calendario

Quella tassa sulle vacanze che vale ben 430 milioni l’anno. Sono 705 i Comuni che la fanno pagare e l’esborso varia notevolmente da una località all’altra e in base alle stelle della struttura dove si alloggia. Ma l’imposta che dovrebbe servire a finanziare il recupero e la manutenzione dei beni culturali spesso finisce per riempire i buchi di bilancio

Dal mare ai monti, dalle città d’arte agli agriturismo in campagna sempre più italiani e turisti stranieri quest’anno saranno perseguitati dalla «tassa sulle vacanze». L’imposta di soggiorno e di sbarco prelevata dalle nostre tasche in 705 comuni meta di villeggiatura. L’8,6% in più dello scorso anno, certifica la Uil servizio politiche territoriali, che ha monitorato diffusione e peso del balzello, dallo scorso anno in aumento da un angolo all’altro dello stivale. Mediamente una famiglia di quattro persone per una settimana di soggiorno in hotel spenderà per l’obolo un centinaio di euro. Ma l’esborso varia notevolmente da una località all’altra e in base alle «stelle» della struttura dove si alloggia. Se solo quattro anni fa i Comuni che avevano deciso di attingere all’imposta si contavano sulle dita di una mano, ora da Roma a Firenze, da Cormayeur a Favignana, passando per Rimini e Viareggio non c’è centro vacanziero che abbia rinunciato ad attingere alle tasche dei villeggianti per ridare ossigeno ai bilanci. La legge dice che la tassa sulla villeggiatura può andare da 10 centesimi al massimo di 5 euro al giorno, con l’eccezione della Capitale che può arrivare a 10 euro, mentre nelle isole minori la fa da padrona la tassa di sbarco, che però non può andare oltre l’euro e mezzo. E si paga per tutto. Gli hotel, ma non sfuggono alla tagliola bed and breakfast ed agriturismo. Persino chi sceglie il più spartano ed economico campeggio non è esente dal pagamento.
Tassa di scopo 
Il gettito dovrebbe servire a finanziare cose come il recupero e la manutenzione dei beni culturali troppo spesso in stato d’abbandono, i servizi pubblici locali e il turismo in generale. Spesso i 430 milioni versati lo scorso anno dal popolo dei vacanzieri sono andati a turare le falle dei bilanci comunali. I servizi restano quello che sono. Ma intanto si paga. E nemmeno poco. Una famigliola standard con genitori e due figli, che voglia sfidare caldo e scioperi per visitare in una settimana la Capitale, per soggiornare in un hotel a tre stelle, deve sborsare 4 euro a notte a testa. Sembra poco, ma moltiplicate per quattro e per il numero delle notti e si arriva alla bella sommetta di 112 euro. Non quanto la media della Tasi prima casa ma poco ci manca. A Venezia si va da un euro a 5 in base alle stelle di dove si alloggia, in bad and breakfast si sganciano 3 euro al di. A Viareggio si va da 1 euro al giorno per un due stelle ai 4 euro per un super-hotel da quattro. 
Incassi milionari
Stessa base di partenza per Taormina, che però poi si ferma a 2 euro e mezzo per gli alberghi al top, esentando tutto il resto. Che larga parte delle località di vacanze invece tassa. Firenze, che quest’anno ha aumentato l’imposta di 50 centesimi, a chi soggiorna in agriturismo chiede 3 euro e mezzo, 2,5 e uno e mezzo per chi alloggia rispettivamente in un B&B o in tenda. A incassare di più sono le malandate casse capitoline che incamerano 59,5 milioni di euro, mentre Milano ne introita 35,5, Venezia 25, Firenze 22 e Torino 7,7. «Non siamo contrari a questa imposta -commenta il segretario confederale Uil, Guglielmo Loy- se servisse a contenere tasse sulla casa e addizionali Irpef, che invece aumentano». Come dire: piove sul bagnato. Fatto sta che la maggioranza degli italiani quest’anno non rinuncerà alle vacanze estive. Un’indagine Doxa dice che il venticello di ripresa ha fatto tornare la voglia di fare le valige a un 8% in più di famiglie. E i sindaci delle locali turistiche già si sfregano le mani.