la Repubblica, 6 agosto 2015
La Grecia «andrà probabilmente a elezioni anticipate in autunno». Parola di Olga Gerovasili, nuova portavoce del governo di Alexis Tsipras. Una decisione scontata se si pensa che il governo Syriza-Anel non esiste più dal 13 luglio, giorno in cui il premier ha firmato la pace con l’ex-Troika. Il partito del primo ministro è spaccato in due e l’ala radicale ha ribadito ieri che dirà «no» anche al compromesso in definizione in queste ore
Era una voce. Ora è (quasi) una certezza. La Grecia «andrà probabilmente a elezioni anticipate in autunno». Parola di Olga Gerovasili, nuova portavoce del governo di Alexis Tsipras. La strada, del resto, è tracciata da qualche settimana: il governo Syriza-Anel non esiste più dal 13 luglio, giorno in cui il premier ha firmato la pace con l’ex-Troika. Il partito del primo ministro è spaccato in due e l’ala radicale ha ribadito ieri che dirà «no» anche al compromesso in definizione in queste ore. Tsipras ha fatto finora di necessità virtù e per ottenere l’ok ai primi due pacchetti di riforme imposte da Ue, Bce e Fmi si è affidato alla stampella dell’opposizione europeista di Nea Demokratia, To Potami e Pasok.
Quanto può durare ancora questa situazione? Pochissimo, lo sanno tutti. Le possibilità di ricomporre le fila all’interno di Syriza sono vicine allo zero. E in queste ore Tsipras e i dissidenti stanno solo giocando una partita a scacchi per evitare di apparire agli occhi degli elettori come i responsabili di una scissione che è già nelle cose. «Voteremo “no” anche al compromesso in discussione in queste ore – ha ribadito con un capolavoro di equilibrismo Panagiotis Lafazanis, leader della corrente di Piattaforma di sinistra – ma sosterremo il governo per tutti i provvedimenti che rispetteranno il programma elettorale di Syriza». Tsipras è riuscito per ora con grande capacità politica a tenere a bada i ribelli, rimandando a settembre il congresso straordinario in cui si consumerà il redde rationem e prendendosi così il tempo per negoziare l’intesa con Ue, Bce e Fmi. Oltre quella data però è il buio a meno che i dissidenti (ma pare difficile) non siano disposti a cedere il loro seggio a uomini vicini alla maggioranza del partito.
Il centrodestra di Nea Demokratia, Pasok e To Potami hanno già gettato l’amo: Tsipras deve prendere atto della realtà, hanno ribadito in diverse occasioni, e per il bene della Grecia deve accettare di formare un governo di unità nazionale per implementare le riforme richieste dalle istituzioni, senza andare alle urne. E sono disposti persino a lasciare a lui la guida.
Bruxelles ha fatto capire di caldeggiare calorosamente questa soluzione. Ma non sarà facile. Il premier, al riguardo, è stato categorico: «Non sono un leader per tutte le stagioni», ha detto mille volte. E soprattutto non ha nessuna voglia di guidare il paese assieme ai partiti che l’hanno portato nel baratro.
La soluzione logica dunque – con buona pace delle preoccupazioni di Bruxelles – è solo una: le elezioni anticipate di cui si parla con insistenza sotto il Partenone a cavallo tra fine settembre e inizio novembre. Tsipras è convinto che per lui non sia un azzardo: i sondaggi (malgrado tutto) lo danno ancora in cima alla classifica della popolarità con percentuali vicine al 40%. Una quota in grado di garantirgli la maggioranza assoluta in aula.
L’appeal dell’opposizione che ha governato per 40 anni il paese (e che non è stata in grado di rinnovarsi) è ai minimi termini e Alba Dorata, con i vertici in libertà vigilata, fatica a decollare nei sondaggi.
La Costituzione ellenica tra l’altro garantisce al primo ministro (non è passato un anno dall’ultimo voto) la possibilità di scegliere i candidati del suo partito, costringendo nella sostanza i ribelli alla scissione. È ovvio che a quel punto l’anima di Syriza sarebbe completamente trasformata.
Ma con le redini del Parlamento in mano(e in attesa del voto in altri paesi Ue, Tsipras avrebbe più tempo per provare a dimostrare che una sinistra di governo è ancora in grado di condizionare la politica del vecchio continente.