6 agosto 2015
Ecco chi è Antonio Campo Dall’Orto, il futuro direttore generale della Rai. Veneto, due figli, timido e geniale, laurea in Economia e un destino da enfant prodige, ha creato Mtv Italia, ha detto no a Berlusconi per abbracciare Renzi e la Leopolda. Ma a La7 lo ricordano soprattutto per i conti in rosso che ha lasciato. «Il mio motto è: non invecchiare con la generazione che hai allevato»
Libero,
L’ineffabile Antonio Campo Dall’Orto, 51 anni come la Maggioni, veneto, papabile Direttore generale della Rai a trazione renziana qualche atout ce l’ha. Più d’uno. Campo Dall’Orto è titolare, nell’ordine: di due figli fatti con l’attrice Mandala Tayde; di una bella faccia da John Denver, il grande folk singer anni 70; di una sua creatività a fissione nucleare -non sempre, di recente, riconosciuta -; di una laurea in economia a Ca’Foscari con cui è arrivato al Master di Publitalia e ai vertici Mediaset (era il braccio destro di Giorgio Gori), alla fondazione di Mtv Italia, alla direzione di La7 e alla vice presidenza escutiva del colosso americano Viacom. Il tutto dopo una mostruosa gavetta in sconosciute aziende di grande distribuzione del nord-est, dove, tra una pausa pranzo e l’altra si esibiva nei campi di calcio locali.
Nonostante l’aspetto dimesso e la timidezza conegenita, Campo Dall’Orto, nel campo delle telecomunicazioni, possiede il dono sciamanico della visione. Nel settembre ’97, s’insediò con tre amici e due telecamere (nello stile del Rat Pack di Frank Sinatra) nella nuova sede italiana di Mtv; gli demmo tutti del folle: ma creò dal nulla la grande tv musicale degli anni 2000. Vennero il primo Mtv Day con Bono e gli U2, la mobilitazione popolare del ’99 quando volevano chiudergli le frequenze, il lancio di veejay oggi cresciuti (Volo, Cabello, Surina, Luca e Paolo, tanto per citare), l’esaltazione della sperimentazione illimitata.
C’è stato un -lungo- momento in cui in Inghilterra o in Arabia, o in posti dove lui s’era prodotto in innumerevoli start up di tv, Campo Dall’orto, the smiling manager, veniva additato ad esempio. Era uno dei pochi manager, per dire, ad essere chiamato da Rupert Murdoch in persona per discettare di sinergie e di tv del futuro. Televisivamente parlando, secondo alcuni, allora stava alla tv come Soros alla finanza. Era «oltre». Forse troppo oltre.
Dopodichè Dall’Orto tutto il suo know how lo esportò a La7. E lì iniziarono i problemi. A La7 toccò picchi del 10% di share, ma anche nadir di perdite di 100 milioni di fatturato. Confezionò una rete fichissima, ma si distrasse sui conti e sugli ingaggi milionari che aumentarono il rosso già profondo della tele di Telecom. Parte della sinistra – che l’aveva sempre esaltato, specie in area walter Veltroni – cominciò ad attaccarlo soprattutto per la – giusta – cancellazione del programma di Daniele Luttazzi che aveva usato la La7 come personale clava contro Giuliano Ferrara. Lasciò La7 in contrasto con la nuova gestione di Stella – Er Canaro (a sua volta fatto fuori un paio d’anni dopo); e si trasferì a Viacom, lavorando dall’Italia. Quando lasciò l’azienda nel 2013, il presidente Bob Bakish disse che «recentemente aveva acquisito sotto la sua guida anche lo sviluppo del business in Africa e nei territori del Medio Oriente». Nel frattempo Campo Dall’Orto, proprio in virtù del dono sciamanico della visione, s’era messo a bazzicare la Leopolda, considerando che Renzi avrebbe fatto grandi passi. Ne è uscito un posto nel Cda di Poste. Tecnicamente sarebbe un’ottima scelta. Ma la Rai, si sa, non è solo tecnica...
Un destino da enfant prodige. Ora che ha 50 anni e non si può più definire un ragazzo in carriera, Antonio Campo Dall’Orto approda – salvo sorprese dell’ultimo minuto – alla poltrona di direttore generale della Rai. E’ l’uomo scelto da Matteo Renzi, il manager rock cresciuto a Mediaset dove entra grazie a un master in Marketing e Comunicazione promosso da Publitalia. A 28 anni diventa vicedirettore generale di Canale 5, la rete allora è diretta da un altro enfant prodige: Giorgio Gori. Insieme si ritroveranno alla Leopolda, uniti dal progetto dell’ex sindaco di Firenze. Milanista, quando lavorava per il Biscione gli offrirono di diventare assistente personale di Silvio Berlusconi ma non accettò «perché non volevo aderire alla vita di un altro».
Gli bastava aderire alla sua. Nel 1997 Campo Dall’Orto diventa direttore generale di Mtv, rete tutta video e musica. Crea un palinsesto, la riempie di contenuti: inventa l’Mtv generation. Idee chiare e poche parole: ma dietro i capelli lunghi da studente inglese e gli occhialetti, l’ambizioso provinciale nato a Conegliano – papà istitutore di convitto alla Scuola enologica – laurea in Economia a Ca’ Foscari, ha sempre saputo come muoversi. Nel 1999 diventa amministratore delegato di Mtv Networks South Europe per i canali in Spagna, Portogallo, Francia e Grecia. Nel 2001 viene nominato ammini-stratore delegato di Mtv Italia e presidente di Mtv Pubblicità. Lancia Victoria Cabello, Camila Raznovich, Andrea Pezzi, Marco Maccarini, Enrico Silvestrin, Giorgia Surina, sposa le grandi campagne internazionali contro la mafia e l’Aids. Sposato con l’attrice indiana Mandala Tayde, da cui ha avuto due bambini, è un papà-mamma perfetto, racconta chi lo conosce bene. In queste ore dicono si sia ritirato nella sua casa sulle colline asolane.
Ideali e contenuti convivono nella sua tv. «Effettivamente il mio percorso è particolare spiegava nel 2010 alla Tribuna di Treviso «ho studiato da manager ma mi occupo da sempre di contenuti. Adesso faccio l’amministratore delegato di molte società di Mtv ma il mio background fa diventare il mio mestiere molto più divertente. Gestire imprese del settore media senza avere un’esperienza di contenuti credo sia molto difficile». Alla domanda sulla Rai pubblica e privata rispondeva: «Penso che l’Italia debba avere una tv pubblica forte e dignitosa. E più operatori privati in concorrenza. La Gran Bretagna ha un sistema pubblico forte e molte tv private importanti, in concorrenza tra loro. In Gran Bretagna ci sono 850 case di produzione, in Italia ne vedo sempre meno. Quanti posti di lavoro lasciamo per strada in questo modo?».
Parallelamente agli incarichi in Mtv, diventa anche direttore di La7, dove rimane dal 2004 al 2008: è lui a portare Daria Bignardi, Piero Chiambretti, Gad Lerner, Maurizio Crozza, Marco Paolini. Nel 2007 il discusso stop al Decameron di Daniele Luttazzi, sospeso per le offese rivolte dall’attore a Giuliano Ferrara in un monologo: chiusura illegittima secondo il tribunale di Roma, che nel 2012 condannerà in primo grado La7 a un maxi-risarcimento da 1,2 milioni per il comico. Sull’operato del manager a La7 si è interrogato il senatore del Pd Massimo Mucchetti che sul suo blog scrive: “A Renzi sarebbe bastato chiedere al suo amico Bernabè per sapere che il suo pupillo lasciò La7 che perdeva oltre 120 milioni di euro e un audience del 2- 3%”.
Ma Campo Dall’Orto («Il mio motto è: non invecchiare con la generazione che hai allevato») al premier Renzi piace, è esperto della generazione “Minnelians” i ragazzi tra i 12 e i 24 anni cresciuti online, si rivolge ai giovani. L’esperienza in Telecom Italia Media (di cui diventa direttore generale Television e poi amministratore delegato)dura fino al 2008, quando passa al gruppo Viacom ( vicepresidente esecutivo), mantenendo anche la guida di Mtv Italia. Nel 2014 entra nel cda di Poste Italiane, incarico forse di passaggio in attesa dell’approdo in Rai.