Corriere della Sera, 6 agosto 2015
Nel giorno del suo ventisettesimo compleanno, Federica Pellegrini conquista uno storico argento nei 200 stile libero a Kazan. Sul podio per il sesto Mondiale di fila. A fine gara il pianto liberatorio: «Avevo pianto anche dieci anni fa, ma erano lacrime di rammarico per un argento dopo una gara gestita male da favoritissima. Oggi, invece, sono lacrime di gioia. Forse è la prima volta nella mia vita che piango di gioia»
Guardiamola bene questa meraviglia perché una così, tempo un anno, non la vedremo mai più. Teniamoci in mente soprattutto l’immagine di questo podio: c’è una donna di 27 anni (ieri) con l’argento al collo insieme a due ragazze di 18 e 20; quella donna ha vinto la sua prima medaglia mondiale a Montreal 2005, ora è alla sesta in sei edizioni consecutive – impresa mai compiuta da alcun nuotatore nella storia – e insomma, se non era già nella leggenda, ci è entrata adesso. Lei lo sa bene. Appena toccata la parete ha sorriso e esultato come se avesse vinto. Poi, alla prima intervista, ha pianto lacrime nuove: «Avevo pianto anche dieci anni fa, ma erano lacrime di rammarico per un argento dopo una gara gestita male da favoritissima. Oggi, invece, sono lacrime di gioia. Forse è la prima volta nella mia vita che piango di gioia».
Federica Pellegrini inseguiva questo podio «perché volevo confermarmi dopo tutto questo tempo: era il mio ultimo Mondiale, una cosa speciale». L’ha ottenuto con una gara bella, cattiva, tattica, di esperienza. Una gara Pellegrini style. Controllata nella prima metà da 56”45, quando ha lasciato sfogare la Heemskerk in fuga vana in corsia 1, è cresciuta con l’inserimento delle gambe nella terza vasca, risalendo al quarto posto e preparando lo sprint finale. Negli ultimi 50 Federica è stata la più veloce di tutti. Più veloce di Missy Franklin, la ventenne che si è inchinata e ha preso il bronzo, e più veloce della mostruosa diciottenne Katie Ledecky, la quale però aveva costruito la sua terza vittoria in questo Mondiale nei primi 150 metri. Un’erosione lenta ma inesorabile, da previdente e implacabile formica del Maryland: 12 centesimi meno di Fede ai 50, 6 ai 100, 8 ai 150. A noi sembrano niente, in vasca sono tutto. Federica ne ha recuperati solo 10 e ha chiuso seconda a soli 16 centesimi dall’oro. Rimpianti però zero: «Mai pensato di vincere, l’importante era la medaglia».
Se deve trovare una chiave dell’impresa, la Pellegrini dice «le solite: sacrificio, allenamenti, dolore fisico e psicologico perché le tensioni prima di gare così non sono sane, inverno non facile» e poi «la cattiveria, sapere andare fino in fondo, non guardare le altre, fare la mia gara». Pensa a questa, ma ragiona anche in assoluto. «Tanti non ci credevano, dicevano che sarebbe stato piu facile nei 400. Io invece ci ho creduto e ho fatto quello che volevo io». Così agiscono i campioni veri. Come Franziska Van Almsick e Laure Manaudou, per esempio. Stelle della sua stessa razza, presenti qui a Kazan in tribuna con lo stesso incedere regale di una volta, si sono esaltate come ultrà. «Dite a Federica che la bacio – ha detto la tedesca alla tv —. Ha fatto una gara meravigliosa, sono molto orgogliosa di lei». E per Fede è quasi una seconda medaglia: «La Van Almsick era il mio idolo, i complimenti suoi e di Laure fanno piacere. Loro sono delle grandi del nuoto, un po’ stavolta erano in acqua con me. E tra un po’ le raggiungerò come ex...».
Questo ormai si sa, purtroppo. La staffetta 4x200 stile oggi («Per questo niente festa ora, sennò ho il calo di adrenalina»), un anno di lavoro, i Giochi di Rio («Però stiamo calmi, non pensiamoci ora, voglio godere il momento...»), e poi stop per un’altra vita, magari un matrimonio, figli, famiglia, e naturalmente Filippo Magnini. Lui al risveglio le aveva scritto «Buon compleanno amore» ma lei non ha visto perché «dalla mattina avevo staccato il telefono, non ci sono stata neanche per mia mamma. Ora apro il telefono e risponderò a tutti». Mamma capirà. E Filippo pure. C’era una pratica con la leggenda da sbrigare.