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 2008  marzo 15 Sabato calendario

Marx visto dalle donne

Un figlio dissoluto, con l’irrefrenabile impulso a sperperare il patrimonio famigliare. Un marito distaccato e propenso al tradimento. Un padre ingombrante e perfino un po’ bacchettone. Questo era Karl Marx visto dalle sue donne. Rispettivamente, la madre, la moglie, e le figlie. La storia privata del filosofo di Treviri è raccontata in “Le donne di Marx” di Mario Pancera, in libreria per Rubbettino (pp. 108, euro 10). Storia di incomprensioni, ristrettezze economiche, tragedie personali. A dominare su tutto, la “causa del proletariato”, sul cui altare Marx immolò affetti, felicità e pure la salute. Che del resto non fu mai in cima ai suoi pensieri. Studente di giurisprudenza a Berlino sul finire degli anni Trenta dell’Ottocento, le cronache giovanili lo ricordano come un appassionato bevitore (birra e vino soprattutto) e un attivo animatore della goliardia universitaria. Cambiali materne
Henriette Marx conosce perfettamente lo stile di vita che conduce il figlio nella capitale. In una lettera del 1836 lo esorta a non bere troppo vino, a non fumare oltre misura e a piantarla con le notti brave. Karl se ne infischia delle raccomandazioni, e punta piuttosto a spillarle soldi. Henriette però tiene ben stretti i cordoni della borsa, perché preferisce lasciare una dote alle figlie piuttosto che finanziare i suoi sollazzi etilici. La pratica di attingere dal portafoglio materno non svanirà neppure nel 1851, quando rilascerà al suo editore londinese una cambiale «a nome della mia vecchia a Treviri». La “vecchia” oserà risentirsi, e Marx ne scriverà indignato a Engels: «Essa si scaglia contro di me in modo molto scortese». Pare che un giorno Henriette Marx perda definitivamente la pazienza ed esploda a proposito del figlio: «Invece di pensare a scrivere “Il capitale” farebbe meglio a metterlo insieme!». Una frase divenuta leggenda, sulla cui esatta formulazione non vi è certezza. Ma il concetto Henriette lo espresse più volte a gran voce. L’indigenza è una costante della biografia marxiana. Ne farà le spese anche la moglie, Jenny von Westphalen. Corteggiata da tutta Treviri, era figlia del barone Ludwig von Westphalen. Costui non apprezzava il fidanzamento di Jenny con il rude ed esagitato Karl, tanto che i due si sposarono solo dopo la sua morte. Per Jenny, sarà l’inizio di un vertiginoso capitombolo sociale. Il 28 marzo 1851, quando dà alla luce la quintogenita Jenny Evelina, vivono nei bassifondi londinesi di Soho. Sono otto persone pigiate in due stanze dove, come raccontò l’amico e politico socialdemocratico Wilhelm Liebknecht, «c’è un’atmosfera da ospedale». Tecnicamente, appartengono a quello che Marx nelle sue analisi battezzò il “Lumpenpro letariat”, cioè lo strato misero della popolazione che vive al di sotto della condizione operaia. Per tirare avanti, Jenny impegna i mobili e l’antica posateria d’argento di sua madre. Poco prima, nel 1847, era stata arrestata con il marito in Belgio, a seguito di sommosse incentivate dalla Lega internazionale dei comunisti. Lei, discendente dell’aristocrazia renana, fu interrogata e reclusa in guardina, in mezzo a mendicanti e prostitute. Eppure, la sua dedizione al marito è inscalfibile. Poiché lui ha problemi di vista e una grafia orribile, è lei a ricopiare cartella per cartella tutto il “Manifesto del Partito Comunista”. Ma la vera mazzata per Jenny porta il nome di un’altra donna: Helene Demuth, la governante di casa Marx. Piomba nelle loro vite un giorno di aprile del 1845, e non se ne andrà più. Il 23 giugno 1851 mette al mondo un bambino, Henry Frederick Demuth. Tutti fingono che sia figlio di Friedrich Engels, che si presta alla commedia. Ma si sa che in realtà il padre è Marx. Il piccolo viene affidato a una balia, perché il filosofo teme che la sua presenza fissa in casa spinga la già esasperata Jenny a chiedere il divorzio. Helene, detta Lenchen, ha un rapporto speciale con Marx. l’unica in grado di riportarlo alla calma quando dà libero sfogo al suo carattere irascibile. Stando alla figlia Eleanor, Marx disse più volte che «per una società impostata razionalmente, Lenchen sarebbe stata preziosa così come in piccolo lo era stata per la mia famiglia. Aveva un vero genio per l’organizzazione e l’amministra zione». Engels raccontò addirittura che ai tempi della stesura de “Il capitale”, l’amico era solito discettare con Lenchen delle sue teorie economiche. Due figlie suicide
Proprio ad Engels dovettero molto le tre figlie di Marx: Jennychen, Laura ed Eleanor. Fu il coautore di parecchie opere marxiane ad evitare che sprofondassero nella miseria più nera. Laura si sposa con Paul Lafargue, un socialista che il padre disprezza come «fannullone» e fautore della tendenza anarchica di Bakunin (che il filosofo di Treviri cacciò dalla Prima Internazionale). Marx si scopre anche genitore puritano, e ammonisce Lafargue: «Se lei intende continuare i suoi rapporti con mia figlia, dovrà abbandonare il suo modo di farle la corte. Le abitudini di rapporti confidenziali sono tanto più fuori luogo, in quanto le due persone che si amano abiteranno per un periodo necessariamente prolungato di rigorosa prova e purificazione nella stessa località». Il matrimonio finirà in tragedia: Laura e Paul, strangolati dai debiti, si suicideranno insieme a Parigi, la sera del 25 novembre 1911. Tredici anni prima aveva messo fine alle proprie sofferenze anche la sorella Eleanor, travolta dalla depressione. Nell’ultima parte della vita lei, figlia di Marx, si era messa contro il movimento sindacale, propugnando la parità salariale tra uomo e donna. Ma forse il dramma delle donne di Marx sta tutto in queste amare righe di Jennychen: «Il nostro esilio, gli anni di isolamento, sono altrettanti sacrifici per la grande causa del proletariato, e non mi rincrescono affatto. Tuttavia devo confessare che ho anche qualche umana debolezza e che la salute di mio padre è per me più importante che la conclusione del secondo volume de “Il Capitale"».