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 2015  luglio 30 Giovedì calendario

Tania Cagnotto o l’elogio della testardaggine. Ha allenato la resistenza (anche alla sfortuna): «Devo tutto alla mia testa, alla capacità che ho di archiviare il passato. Però a essere capocciona mi ha insegnato mia madre. Non si interrompono i progetti a metà, me lo ha inculcato». Ecco tutti i segreti dell’oro mondiale

La testardaggine si impara e la si allena quando non hai alternative, quando una carriera ti chiede di resistere. Tania Cagnotto ha onorato la sua oltre al limite della fatica che aveva calcolato quando ha deciso di fare sul serio con i tuffi. E il carico previsto era già alto. L’oro preso davanti alle cinesi non è solo il successo più importante è il premio alla caparbietà e non è un caso che oggi lei sia considerata un esempio, che le ragazzine italiane si identifichino, che nella miriade di messaggi arrivati dopo il trionfo di Kazan la frase più ricorrente sia «sei un’ispirazione». Ieri Noemi Batki è entrata in finale e ha preso il pass olimpico dalla piattaforma, con un polso dolorante, in una giornata in cui le sono toccate tre gare di fila perché essendo la sola donna in squadra a lanciarsi dai 10 metri non c’era alternativa per il team event. Ha chiuso ottava e stravolta: «Ho seguito Tania». Una rotta che costa fatica indicibile.
Il talento e l’inesperienza
Cagnotto jr ha iniziato a 15 anni, senza rendersi conto del viaggio che l’aspettava: «Ero inesperta, dotata e mi sono ritrovata a un’Olimpiade senza neanche saperlo. Oggi non potrebbe succedere. Le minorenni già portano programmi super che io all’epoca non prendevo neanche in considerazione». Tempi beati: «C’era il lavoro sempre più duro però pure la consapevolezza che stavi andando avanti». Al primo Mondiale arriva sesta, al terzo va a medaglia, una progressione che la porta a elaborare il sogno che la incastra: «Vincere un oro o una medaglia olimpica». La suggestione non ci mette molto a diventare ossessione. Per inseguire l’obiettivo Tania parte per Houston: college americano, orari, ferrei, ritmi assurdi e andrebbe anche bene solo che il programma è uguale per tutti, «spersonalizzante» e la trasferta finisce prima del tempo. L’uragano Rita la rispedisce a casa e lì l’ingranaggio si incastra. Primi dubbi, cambi, vita che si mescola allo sport e competizioni spente alternate ad altre medaglie. Per non farsi mancare nulla Tania tenta un altro approccio, stavolta parte per l’Australia e ci resta quanto basta a imparare che gli urti non finiscono mai: «L’estero mi ha dato e mi ha tolto, ma bisogna buttarsi. Non solo io che lo faccio di mestiere, vale per tutti. È l’unico consiglio che do».
La delusione di Londra
Il 2009 è una stagione di soddisfazioni con il Mondiale di Roma e la scoperta del sincro. Tania cresce, migliora, arriva a 20 centesimi dal sogno ai Giochi di Londra e viene spedita indietro. Lì, stravolta, provata, a 27 anni, per un attimo pensa di smettere: «Devo tutto alla mia testa, alla capacità che ho di archiviare il passato. Però a essere capocciona mi ha insegnato mia madre. Non si interrompono i progetti a metà, me lo ha inculcato». Missione sofferenza e quel dannato oro che sembra vero ed evapora ancora, «stavolta per 10 assurdi centesimi». È il mondiale di Barcellona, quello della rinascita: «Stavo tra i migliori. Potevo stringere i denti ancora un po’».
L’oro adesso c’è, manca il podio ai Giochi: «però sembra meno necessario». Non importa, si va avanti. Tania ci prova ancora a Rio e forse si è insinuato un nuovo desiderio: essere portabandiera. La concorrenza è tosta pure lì.