La Stampa, 30 luglio 2015
Il governo chiede un’accelerazione per la riforma della Rai, ora bloccata in Senato. Il ministro Padoan sollecita la Vigilanza: «I vertici sono scaduti da due mesi, si nomini un nuovo Cda con la legge Gasparri». Si ribellano i Cinquestelle, Fico: «Vogliono solo spartirsi e lottizzare l’azienda»
Un rombo di motore nell’estate romana: dal ministero dell’Economia parte una staffetta su due ruote con l’incarico di consegnare al presidente della vigilanza Rai un invito formale del ministro. Padoan chiede a Fico di aprire le procedure di rinnovo per il consiglio d’amministrazione dell’azienda. E di farlo con la legge vigente, la Gasparri.
«Sono a chiederle di voler cominciare le designazioni di spettanza della commissione al fine di procedere quanto prima al rinnovo dell’organo amministrativo della società», recita la missiva.
Sembra un altro mondo rispetto a cinque mesi fa, quando Matteo Renzi spiegava in un’intervista con Lucia Annunziata che «la Rai deve essere il grande motore dell’identità educativa del Paese, non possiamo lasciare tutto questo regolato da una legge intitolata a Gasparri».
Poi è arrivata la realtà parlamentare di un Senato dagli equilibri incerti; gli emendamenti dell’opposizione che si affastellano, i tempi che si allungano, i vertici Rai che lavorano in regime di proroga. E allora a palazzo Chigi si è deciso di rompere gli indugi. Complice, probabilmente, la decisione di Renzi sul nome del nuovo super-manager dell’azienda.
Prima si è badato al sodo, inserendo la norma transitoria che introduce la possibilità di conferire al direttore generale, nominato con la legge vigente, i poteri da amministratore delegato, come prevede il testo presentato dal Governo. Poi l’accelerazione sul rinnovo del Cda, che resterà comunque in carica per tre anni, anche se nel frattempo la riforma della governance dovesse essere approvata.
Quando ieri pomeriggio il sottosegretario Giacomelli si è presentato in aula a palazzo Madama per spiegare la scelta del Governo, il più allegro di tutti era proprio Gasparri: «La mia legge non era poi tanto male, visto che la useremo di nuovo per eleggere i vertici Rai», ha rivendicato l’ex ministro.
«Non possiamo obbligare un ramo del parlamento a un percorso a tappe forzate», ha detto Giacomelli riferendosi alla volontà politica espressa da alcuni deputati di maggioranza di poter emendare il testo. Un’eventualità, quella che il testo del Senato potesse subire modifiche a Montecitorio, piena di insidie per il Governo. A quel punto il ritorno a palazzo Madama si sarebbe trasformato in un match lunghissimo e dal risultato incerto.
Così ieri l’ufficio di presidenza della Vigilanza ha incaricato Fico di coordinarsi col ministero dell’Economia per dare il via alla procedura di rinnovo. Oggi alle 14 tornerà a riunirsi per stabilire il calendario. Poi inizieranno le trattative tra i partiti sui nomi.
La posizione più scomoda ce l’ha proprio il presidente M5S della commissione. «L’obiettivo è uno solo: spartire e occupare il territorio Rai – accusava ieri – lottizzare, in una parola. Credetemi, non c’è altro. Gli unici ad aver fatto proposte concrete per una Rai indipendente dal potere politico, innovativa, capace di produrre contenuti di qualità, siamo noi».
Eppure il primo input al rinnovo dei vertici con la normativa vigente era arrivato da lui, quando all’inizio del mese aveva annunciato di voler aprire la procedura «vista l’impossibilità di bypassare la legge attuale». Ora che quella partita si è aperta i Cinquestelle proveranno a giocarsi le loro carte a un tavolo al quale il Pd spera di coinvolgerli, sia per abbassare il prezzo politico della scelta, sia per cercare una sponda diversa da quella dei centristi che in commissione dispongono di voti utili a eleggere almeno due consiglieri.