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 2015  luglio 30 Giovedì calendario

Il paradosso dell’accordo di Haavara del 1933. Gli ebrei tedeschi potevano trasferirsi in Palestina ma dovevano la lasciare i loro beni in Germania, solo poi, in cambio di denaro, gli avrebbero in parte recuperati. Sembra un sopruso ma tutti erano contenti: Il regime traeva un vantaggio economico dall’espulsione degli ebrei e i movimenti sionisti erano lieti che l’ebraismo tedesco andasse a rafforzare la presenza ebraica in Palestina

Mi ha un po’ sorpreso l’accordo di Haavara che venne firmato il 5 agosto 1933 tra le autorità economiche della Germania e la federazione sionista. I sionisti potevano emigrare in Palestina ma dovevano lasciare i loro beni in Germania. Li avrebbero potuti riottenere ma, se non ho capito male, li avrebbero dovuti pagare come merci importate dalla Germania. Ma avevano i mezzi per riacquistarli? Quale fu la posizione di Hitler? Ho letto che, dopo una prima posizione di contrarietà, fu pienamente d’accordo fino al 1939.
Giovanni Allegri
Caro Allegri,
La notizia è confermata da un libro recente pubblicato da Einaudi: La Storia degli ebrei dalle origini ai nostri giorni, scritto da un orientalista francese, Michel Abitbol. Secondo Abitbol gli emigrati, una volta giunti in Palestina, avrebbero recuperato almeno in parte le somme lasciate in Germania grazie all’esportazione di prodotti tedeschi destinati alle comunità ebraiche già insediate nel mandato britannico. La somma di denaro scambiata nel corso dell’operazione sarebbe stata di otto milioni di sterline. Paradossalmente l’accordo piaceva a entrambe le parti. Il regime traeva un vantaggio economico dall’espulsione degli ebrei e i movimenti sionisti erano lieti che l’ebraismo tedesco andasse a rafforzare la presenza ebraica in Palestina. Occorre ricordare, caro Allegri, che nella politica di Hitler verso gli ebrei vi furono due strategie. In una prima fase, le molte prevaricazioni e la violenza, come nella Notte dei cristalli del novembre 1938, servivano ad accelerare la partenza degli ebrei dalla Germania. Fu questo, ad esempio, il compito di Adolf Eichmann a Vienna subito dopo l’annessione dell’Austria al Reich tedesco. In una seconda fase, dopo la dichiarazione di guerra all’Urss e l’occupazione di territori dove gli insediamenti ebraici erano particolarmente numerosi, l’obiettivo fu il totale annientamento dell’ebraismo europeo.
È lecito chiedersi perché Hitler, nonostante il suo patologico antisemitismo, abbia contribuito con l’accordo del 1933 alla crescita del movimento sionista in Palestina. Lo fece, forse, nella convinzione che l’inevitabile peggioramento dei rapporti fra ebrei e arabi avrebbe reso ancora più difficile l’amministrazione britannica del mandato. Michel Abitbol scrive che il Gran Mufti di Gerusalemme chiese più volte al governo tedesco d’interrompere l’emigrazione ebraica verso la Palestina. Ma l’accordo detto Haavara (trasferimento) rimase in vigore fino al 1940.