Il Messaggero, 30 luglio 2015
Sequestrato il porto di Ostia. L’ombra di Mafia Litorale. Il blitz della Guardia di Finanza, arrestati il presidente Mauro Balini e altri tre. L’accusa è di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e al riciclaggio. Le pressioni degli indagati su Marino e D’Ausilio per bloccare una delibera
La bancarotta della società incaricata di realizzare il porto di Ostia, con sottrazioni per 400 milioni di euro, racconta solo una parte del presidente del porto di Ostia. Ci sono anche rapporti e amicizie molto strette che arrivano al Campidoglio e ad un pezzo della criminalità organizzata di Ostia. E al centro, la figura del presidente del porto Mauro Balini ora in carcere per associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta, al riciclaggio, all’impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita e al trasferimento fraudolento di valori sta, ovviamente, nell’accusa che l’ha portato agli arresti. Ma, allo stesso tempo si citano, senza specifiche imputazioni, da un lato i legami con la criminalità organizzata di Ostia (e in particolare con gli oppositori del clan Triassi)e dall’altro relazioni con la politica locale, specie in Comune e ancora con l’attuale amministrazione, «connessioni – queste ultime – che hanno consentito di ottenere, anche in tempi brevissimi autorizzazioni e ogni altro tipo di atti amministrativi necessari al perseguimento dei suoi scopi».
IL COMUNE
L’episodio che meglio racconta i rapporti di Balini col Campidoglio è dell’ottobre 2013. Sui giornali sono appena finiti gli atti dell’inchiesta Nuova Alba della Squadra mobile di Roma in cui si parla dei rapporti di Balini con gli autori dell’attentato al boss Vito Triassi. La nuova giunta è già insediata ma Balini contatta prima i predecessori, scrive il gip: «Balini contatta Lucarelli in occasione di un esposto presentato dall’associazione Labour (associazione antimafia locale ndr) a seguito del quale il comune di Roma, in persona della dirigente Cinzia Esposito, comunica la sospensione dell’iter burocratico per la conclusione del procedimento relativo all’ampliamento del porto».
Ora però che la maggioranza è cambiata, l’uomo da sollecitare è Francesco D’Ausilio, più volte citato nell’inchiesta Mafia capitale e che recentemente ha lasciato il Campidoglio. La mail inviata è dura: «Caro Francesco – scrive Balini – cerco di stare calmo ma la pazienza è terminata. La stampa dice che il porto e Balini Mauro sono mafiosi o appartenenti ad essa. La Labur con Schiavone fanno l’ennesimo comunicato stampa dove attaccano come sempre il porto. La Cinzia Esposito, direttore del dipartimento grandi opere, trova il tempo di rispondere alla Labur che l’iter è sospeso. Nelle prossime settimane saremo costretti nostro malgrado a restituire la concessione al presidente della Regione, l’avvocato nel frattempo sta querelando il sindaco».
D’Ausilio risponde immediatamente via sms: «Caro Mauro, capisco il tuo sfogo ma non mischiare cose che non sono legate. Ho parlato col Sindaco che ha già ordinato una relazione in merito al grave accaduto e domani stesso farà rettificare la lettera alla Esposito. Se serve facciamo anche una dichiarazione pubblica. Il danno di immagine al Porto non lo ripaga nessuno tuttavia dobbiamo rimanere lucidi. Sulla Regione serve che intervengo?». Nell’arco di un paio di giorni, effettivamente l’iter riparte, grazie ad una rettifica della funzionaria criticata, e Balini riceverà da D’Ausilio, in via riservata, «la nota che la Esposito ha trasmesso al capo di gabinetto Fucito in seguito all’indagine disposta sul grave episodio».
SPUNTA IL NOME DI SPAZIANTE
Il gip ricorda anche i rapporti di Mauro Balini con la criminalità organizzata di Ostia, già emersi nell’inchiesta Nuova Alba della Squadra mobile di Roma: «Tenuto conto dei collegamenti esistenti tra il Balini e Di Maria Cleto, coinvolto nell’operazione Nuova Alba, nonché degli incontri periodici tra il Balini e la moglie di Roberto Giordani (accusato di essere tra gli autori dell’attentato al boss Vito Triassi ndr) si può plausibilimente ritenere che il Balini sia il gestore delle attività economiche e finanziarie facenti capo ad una delle strutture criminali insediate nel territorio di Ostia e che costituisca anzi il terminale apparentemente legale di quegli stessi interessi criminali». L’attuale inchiesta sulla bancarotta fraudolenta delle società del Porto di Roma cita anche un altro personaggio di primissimo rilievo che era già nelle carte di Nuova alba: l’ex comandante in seconda delle Fiamme Gialle, Emilio Spaziante. Nell’inchiesta di tre anni fa, quella che Balini mostrava di temere, si parlava delle pressioni di Cleto Di Maria, ex narcotrafficante in Brasile, per avere da Spaziante un documento «materialmente falsificato». Un anno dopo quelle telefonate, relative al 2012, l’inchiesta sulla bancarotta del porto di Ostia trova una operazione sospetta segnalata da Bankitalia: «La porto Turistico di Roma è stata oggetto di segnalazione per operazione sospetta Uif 2013 (da Bankitalia) unitamente ad altre persone fisiche e o giuridiche, in particolare Spaziante Emilio, Minerva Srl e Cleto di Maria».
LE ALTRE ACCUSE
Ad incastrare davvero Balini, sottolinea il procuratore aggiunto Nello Rossi che ha guidato l’inchiesta insieme al pm Alberto Galanti, è stata soprattutto l’indagine del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Balini e gli altri tre arrestati (Massimo Amicucci, Edoardo Sodano e Sergio Capograssi, avvocato con studio nella capitale), avrebbero scientemente portato al fallimento la Ati Spa, società che aveva curato la realizzazione del porto e che fino al 2008 era concessionaria dell’infrastruttura, svuotandola completamente dei propri beni e dirottandoli su società riconducibili al patron. Al gruppo sono stati sequestrati beni per oltre 400 milioni di euro, tra cui immobili, come un prestigioso attico sul litorale ostiense, un catamarano di circa 20 metri, quote societarie e conti correnti bancari, posti barca, parcheggi, strutture amministrative, commerciali e aree portuali.