30 marzo 1930
«La donna deve essere formosa»
«Pittori iperbolici lanciano mode la cui attuazione costringe il corpo femminile a privazioni e a costrinzioni dure e dolorose: lo chic vuole donne piatte, magre, non troppo colorite (che è contadino) ma colorabili, dal corpo perpetuamente adolescente, tra i dieci e i sessanta anni senza gradazione. E in omaggio a questo arbitrio tirannico, si limitano i pasti, si ingeriscono specialità perniciose, si praticano espedienti malvagi. Ognuno di noi conosce nel suo breve giro di conoscenze fiori di fanciulle avviate in breve alla tubercolosi o almeno a insanabili deperimenti organici, per aver voluto somigliare alle smidollate giraffe, che le case di grido han lanciato sul mercato della moda come mannequins non plus ulta.
E non basta: la mania di tutte è di parere. L’essere non conta più: dal palazzo alla topaia annerita, il genere giovane-femminile che esce è unico e standardizzato: sfoggio di truccature, di cosmetici, di capelli finti biondi o finti ricci, di occhi finti-larghi di sopracciglie lineari e sottili: tutte a un modo, le giovani e le anziane e le vecchie come le prime» (Mario Pompei, Critica fascista n. 6).