Corriere della Sera, 27 luglio 2015
Il Kenya di Obama in dieci parole. Donne, corruzione, tribù, diritti, opportunità e gay. Il presidente Usa tra messaggi ai giovani e qualche schiaffo ai potenti (pur riconoscendone i progressi)
NAIROBI (KENYA)
Barack Obama ha concluso la sua visita in Kenya, la terra del padre, con un discorso agli studenti nel Palasport di Nairobi. Ecco il decalogo di ciò che resta di questo storico viaggio.
OPPORTUNITÀ
Il Kenya corre, dice Obama. E in Africa, negli ultimi dieci anni, è cambiato il paradigma: un continente arretrato, bisognoso solo di assistenza, è diventato terra di opportunità con un’economia vibrante e un ceto medio imprenditoriale in forte crescita. È questo il momento di scommettere, sostiene anche Steve Case, il fondatore di America On Line, che qui ha già fatto diversi investimenti con la sua Revolution. Con un occhio alla tecnologia perché, spiega Case, ormai anche in Kenya, Ghana e Nigeria nascono promettenti start up.
GIOVANI
«La crescita dell’Africa vi offre l’opportunità di realizzare i vostri sogni qui, oggi: coglietela, conquistatevi il vostro spazio». Nel continente più giovane del pianeta Obama ha promesso una conferenza per l’imprenditorialità che ha cele-brato la creatività dei giovani capaci di creare aziende: in un decennio ne sono nate centinaia di migliaia.
DONNE
Le parole più appassionate Obama le ha dedicate all’emancipazione femminile, azzardando un parallelo tra due tradizioni radicate ma deleterie, che vanno eliminate. Una è quella della bandiera confederata negli Usa «un simbolo di segregazione razziale difeso da alcuni per il suo valore storico. C’è voluto il massacro di Charleston per spingere ad ammainarla». L’altra è «quella della repressione della condizione femminile, radicata in molte parti del mondo. È ora di convincersi che non ci sono giustificazioni per le violenze domestiche, le aggressioni sessuali, le donne trattate come cittadini di seconda classe». Una questione di civiltà, giustizia, ma anche di convenienza: «Le comunità che offrono pari opportunità alle donne sono quelle più pacifiche, prospere e con una popolazione più istruita».
LIBERTÀ E DIRITTI
Obama ha deciso di ignorare le violenze etniche del 2008 delle quali Kenyatta è considerato corresponsabile e di guardare avanti. Ha riconosciuto che il Kenya sta facendo progressi verso la democrazia: c’è libertà di stampa, le elezioni di due anni fa sono state «competitive» e la costituzione che il Paese si è dato è una delle più progressiste di tutta l’Africa. Confortato da questi riconoscimenti, Kenyatta ha promesso di fare altri progressi in materia di libertà e diritti civili.
CORRUZIONE
Batterla è un imperativo, ha insistito Obama, perché la corruzione, oltre a deteriorare la politica e la società, frena l’economia: «È stato un problema di tutti. Nella mia città, Chicago, abbiamo avuto Al Capone, le mazzette, i poliziotti a libro-paga dei criminali. Ne siamo venuti fuori. Bisogna cambiare la cultura anche qui: la corruzione costa al Kenya 250mila posti di lavoro l’anno».
GAY
È la nota dolente del viaggio di Obama: Kenyatta si è impegnato su quasi tutti i punti dell’agenda della Casa Bianca (democrazia, diritti civili, lotta alla corruzione e al terrorismo, ruolo delle donne) ma non ha concesso nulla sulla condizione dei gay che in Kenya rischiano fino a 14 anni di carcere. «Sbagliato discriminare in base alle tendenze sessuali, così si erodono i diritti» aveva ammonito Obama. «La nostra cultura e il nostro popolo non percepiscono questo come un problema significativo» gli ha replicato, secco, il presidente del Kenya: «È così in gran parte dell’Africa e questo è un fatto».
FAMIGLIA
Obama ha cercato di mantenere la visita su binari istituzionali («qui rappresento il popolo americano davanti a tutta l’Africa») arrivando senza moglie e figlie e rinunciando a visitare Kogelo, il paese del padre. Ma il viaggio è stato ugualmente segnato da memorie e incontri familiari «anche con parenti che non sapevo nemmeno di avere».
RICONCILIAZIONE
Il presidente Usa ha insistito sulla necessità di una riconciliazione ponendo fine ai conflitti etnici («siamo tutti membri di un’unica tribù, quella umana») anche in chiave antiterrorismo: «Loro sono una piccola minoranza, ma sono feroci, determinati e abili nello sfruttare le divisioni nelle nostre società».
TERRORISMO
Tollerare anche chi ha idee radicalmente diverse, ma combattere con durezza i violenti. Il Kenya e l’Etiopia, dove Obama è arrivato ieri sera, lo stanno facendo. A Kenyatta il presidente Usa ha promesso più cooperazione e aiuti per equipaggiare e addestrare le forze impegnata nella lotta al terrorismo. Al Shabaab sta perdendo terreno, sostiene il presidente, ma la lotta sarà lunga.
AIR FORCE ONE
«Quando venni qui la prima volta, negli anni Ottanta, all’aeroporto persero le mie valigie. Uno dei vantaggi della presidenza è che con l’Air Force One queste cose non succedono». L’aereo della Casa Bianca è stato sotto i riflettori in molti altri modi: c’è chi ha chiamato AirForceOne i figli nati in questi giorni, mentre i giornali hanno scritto articoli e compiaciuti perché il Boeing 747 presidenziale è rimasto sulla pista di Nairobi durante la visita di Obama anziché essere trasferito per sicurezza nella base militare di Gibuti.