Il Messaggero, 27 luglio 2015
Dubbi e nuove speranze per padre Paolo Dall’Oglio. Il gesuita rapito nel 2013 in Siria potrebbe essere ancora vivo. Ieri l’appello di Papa Francesco: «Liberate lui e gli altri vescovi prigionieri». In questi due anni molte indiscrezioni ma nessuna conferma. Secondo una fonte indipendente «è finito nelle mani dell’Isis»
Un accorato e sentito appello per la liberazione di Padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito due anni fa in Siria e per tutte le persone sequestrate in zone di conflitto: così Papa Francesco ieri a Roma durante l’Angelus, davanti a migliaia di fedeli, ha rinnovato la richiesta di libertà per il religioso italiano sparito nel luglio 2013 nel buco nero della guerra civile siriana. «Tra qualche giorno ricorrerà il secondo anniversario da quando, in Siria, è stato rapito padre Paolo Dall’Oglio», ha detto il Pontefice in Piazza San Pietro durante la funzione religiosa. «Rivolgo un accorato e pressante appello per la liberazione di questo stimato religioso. Non posso dimenticare anche i vescovi ortodossi rapiti in Siria – ha aggiunto Bergoglio – e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate. Auspico il rinnovato impegno delle competenti Autorità locali e internazionali, affinché a questi nostri fratelli venga presto restituita la libertà. Con affetto e partecipazione alle loro sofferenze, vogliamo ricordarli nella preghiera».
IMPEGNATO PER LA PACE
Abuna (padre, in arabo) Paolo, come era affettuosamente chiamato dai suoi fratelli siriani, venne rapito a Raqqa, nel nord della Siria, mentre pare stesse cercando, attraverso la sue mediazione, di porre fine ai combattimenti nella zona tra gruppi legati all’Isis e miliziani curdi e anche di trattare la liberazione del vescovo Boulos Yazigi, della Chiesa ortodossa di Antiochia, e del metropolita Mar Gregorios Youhanna Ibrahim, della Chiesa siro-ortodossa, rapiti entrambi ad Aleppo nell’aprile del 2013. Il religioso ha speso buona parte della sua vita in Siria, a Deir Mar Musa, dove ha fondato una comunità monastica dedita al dialogo interreligioso negli anni Ottanta.
Nel giugno 2012, padre dall’Oglio venne espulso dal governo di Bashar al Assad per il suo sostegno all’opposizione e, soprattutto, per la lettera mandata all’allora inviato speciale dell’Onu per la Siria, Kofi Annan, in cui accusava duramente il regime per le sue azioni nella guerra in corso. Trasferitosi nel Kurdistan iracheno, rientrò poi in Siria qualche mese dopo.
NESSUNA RIVENDICAZIONE
Più volte in questi due anni sono arrivate notizie mai confermate sulla sua morte, mentre nessun gruppo ha mai rivendicato il suo rapimento. A dicembre, una fonte dell’Osservatorio siriano per i diritti umani aveva rivelato che padre Dall’Oglio sarebbe stato detenuto in un carcere dello Stato Islamico tra Raqqa e Aleppo. Ma l’intelligence italiana non ha mai confermato.
«La memoria serve a sperare ma anche a impedire che chi lo ha sequestrato possa cancellarlo», ha detto Riccardo Cristiano, giornalista di Radio Rai e tra i promotori dell’associazione “Giornalisti amici di padre Dall’Oglio”, presentata nei giorni scorsi per riportare all’attenzione il gesuita. «La speranza continua a esserci. È nostro dovere cercare di contribuire a ricordare la sua missione per la pace, il dialogo e la non violenza. È importante tenere alta l’attenzione sul significato della sua figura. Padre Dall’Oglio era un gesuita ma era anche un cittadino italiano ed è giusto che l’Italia lo ricordi». Le parole del Papa, per la prima volta così vibranti e chiare, sembrano lanciare questa speranza in alto, diretta ai cuori di coloro che da due anni hanno tolto abuna Paolo all’affetto di familiari e amici.