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 2010  maggio 16 Domenica calendario

L’epistolario di Campanile

CAMPANILE, LE LETTERE ASSURDE – La sera del 17 ottobre 1930 andò in scena al teatro Manzoni di Milano L´amore fa fare questo ed altro di Achille Campanile. Un maestro si traveste da bambino per meglio insegnare a un altro bambino. La regia era di Guido Salvini e a recitare c´erano, tra gli altri, Vittorio De Sica, che di Campanile era parente, e Giuditta Rissone. Una buona parte del pubblico – il teatro era stracolmo – cominciò a rumoreggiare, gli altri applaudivano. Raccontano le cronache che persino i carabinieri di servizio discutessero tra di loro. A un certo punto qualcuno vede Pirandello in un palco, insieme al drammaturgo Dario Niccodemi (La nemica etc). C´è una vera ovazione per Pirandello. Campanile si stufa, si affaccia alla ribalta e grida: ma l´autore sono io! Viene sommerso dai fischi. Raccontò poi che Pirandello lo aveva guardato con odio e Pirandello stesso, scrivendo a Marta Abba, ricordò l´episodio, parlando di «fiasco colossale di quella scipita buffonata del Campanile» e degli applausi rivolti a lui. La rappresentazione fu interrotta. Tre anni dopo, al Barberini di Roma, gli attori della compagnia Za Bum n.8 si rifiutarono di continuare dopo il primo atto, mettendosi a recitare un´altra commedia. Una cosa mai vista. Questa volta Campanile ricevette la solidarietà da diversi colleghi. Anche da Pirandello.
Il teatro di Campanile, che Ionesco riconobbe tra i propri padri nobili, non era per tutti. Nel ´25 in via degli Avignonesi a Roma Anton Giulio Bragaglia gestisce il Teatro degli Indipendenti e chiede un testo a Campanile: vien fuori di getto Centocinquanta la gallina canta. Chi ama l´opera buffa e il “riso scemo” di Campanile può ora seguirne la lunga vicenda attraverso l´epistolario dello scrittore, Urgentissime da evadere, ben curato da Silvio Moretti e Angelo Cannatà, per l´editore Aragno (528 pagine, 25 euro), con l´avvertenza che il Nostro scriveva lettere malvolentieri e dunque qui si ritroveranno soprattutto le lettere dei suoi principali interlocutori. Che furono molti e, se così possiamo dire, sceltissimi, a testimonianza del fatto che Campanile era una presenza importante nel panorama letterario italiano, anche prima che le nuove generazioni lo riscoprissero a partire dal ´71, quando Einaudi pubblicò in volume i suoi lavori teatrali. Lo leggevano in tanti: Cecchi, Baldini, Ojetti, Montale, D´Amico…
Nel ´27 Enrico Dall´Oglio gli pubblica il primo romanzo Ma che cosa è quest´amore?. Andrà a ruba e sarà anche ben recensito da Pancrazi sul Corriere. Il 10 giugno l´editore lo rassicura, presiederà lui stesso all´ultima revisione dell´opera, comunque «se Ella ci tiene la prego di essere a Milano lunedì mattina per licenziare le prime novantasei pagine prima d´andare in macchina». Come tutti gli autori, anche Campanile segue con apprensione la sua creatura. Il 18 luglio (il romanzo era uscito da tre giorni) l´editore cerca di rasserenarlo: «Ho ricevuto tutto: l´espresso del 14, la lettera iraconda del 15, il telegramma pacificatore del giorno 16, la successiva lettera del giorno 16…». Con Dall´Oglio ci sarà poi una frattura, ricucita solo moltissimi anni dopo. Campanile passerà a Treves, poi a Mondadori e infine a Rizzoli, per citare solo i suoi principali editori. Ma in molti lo cercano e lo corteggiano per avere qualcosa di suo. Valentino Bompiani che pubblica un Almanacco letterario gli chiede, nel ´27, qualcosa di originale. E gli suggerisce «una serie di “interviste fulminanti” apocrife di non molte ma vivaci battute». Campanile, introdotto dal padre Gaetano alla Tribuna come correttore di bozze, ha ben presto rivelato le sue doti di battutista. Arriva la notizia che una vedova, solita a recarsi ogni giorno sulla tomba del marito, muore anch´essa proprio lì. E il giovane Campanile titola: «Tanto va la gatta al lardo», sicché il critico teatrale Silvio D´Amico, che curava la terza pagina del giornale, commenta: questo è un pazzo o un genio.
Probabilmente Campanile era un po´ tutte e due le cose. L´assurdo richiede genialità e un po´ di follia e non a tutti la cosa piaceva. Vincenzo Cardarelli lo mette in guardia: «Caro Campanile, leggo sulla Fiera letteraria il pezzo che mi riguarda e mi compiaccio di constatare come finalmente lei sia riuscito a scrivere su me qualcosa di garbato. Io sono un suo vecchio estimatore e in qualche momento mi sono persino illuso che noi fossimo diventati amici. Veda di non turbare in seguito, se le sarà possibile, con scherzi avventati, questi miei sinceri e umanissimi sentimenti a suo riguardo…». La lettera è del giugno 1927: Campanile ha ventotto anni, Cardarelli una quarantina.
Il 27 ottobre 1930, Lando Ferretti, capo ufficio stampa di Mussolini, lo informa che sarà ricevuto da “S. E. il Capo del Governo” a palazzo Venezia lunedì 10 novembre alle ore 17. Quando il fascismo cadde, Campanile ironizzò sul fatto che Mussolini era stato capace di governare contro quaranta milioni di italiani: non se ne trovava più uno che fosse stato fascista. Ma fascista non era stato nemmeno lui: si considerava un apolitico. Gli capitò invece, molti anni dopo, di lavorare per un quotidiano comunista, lui che proprio comunista non era e non si sentiva. Era Milano-Sera che nel ´49 lo assunse come inviato. Ricordò nei suoi diari che quel giornale era ben strano e il direttore non aveva autorità sui suoi redattori e nemmeno sugli uscieri: anzi un usciere, essendo capocellula del partito, dava del tu al direttore e controllava gli articoli facendo fare delle modifiche. Informato della cosa, Campanile teneva d´occhio un usciere, ma era… quello sbagliato.
Come inviato speciale Campanile, che aveva lavorato per La Gazzetta del Popolo di Ermanno Amicucci e per La Stampa di Curzio Malaparte, si era anche trasformato in giornalista sportivo seguendo il Giro d´Italia e il Tour. Naturalmente a modo suo. Così come molto campanilesca è l´intervista al Mostro di Loch Ness che soffre di solitudine e alla fine muore. Fittissima è la corrispondenza con Zavattini col quale condivise la direzione del Settebello, settimanale umoristico che insidiava il Bertoldo. C´è anche una lettera del professor Di Lauro, già insegnante di Campanile al liceo ginnasio Mamiani di Roma. A lui l´undicenne Achille portò il quaderno con la tragedia di Rosmunda messa in versi. Alboino la invita a bere nel cranio di suo padre e lei: «Caro Alboino/ bere non posso/tutto quel vino/dentro quell´osso».
Oggi si fanno anche convegni sul nonsense e l´editore Salerno ha appena stampato gli atti di un simposio tenutosi a Cassino tre anni fa. C´è anche un contributo su Campanile di Barbara Silvia Anglani, che ricorda un Campanile lettore dell´assurdo nella realtà. Ecco la sua reazione alla morte di un bambino: «Ma guarda un po´ quel bambino, così piccolo e già morto… ammirevole a quell´età, non lo neghiamo: è un caso di precocità sorprendente».