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 2015  luglio 24 Venerdì calendario

I medici francesi hanno deciso di mantenere in vita Vincent Lambert. Non sarà interrotta l’alimentazione del 38enne tetraplegico da otto anni in stato vegetativo. La madre: «Mio figlio è vivo». La moglie: «Ma così non si rispetta la sua volontà»

Doveva essere il giorno decisivo: l’annuncio dello stop ai trattamenti che tengono in vita Vincent Lambert. E invece niente. Sulle sorti del tetraplegico francese di 38 anni, da otto in stato vegetativo all’ospedale di Reims, non è ancora scritta la parola fine. «Mancano le necessarie condizioni di serenità e sicurezza» per avviare lo stop all’alimentazione artificiale.
L’ha annunciato ieri l’equipe medica rinviando sine die ogni possibile decisione sullo spinoso caso che richiama alla memoria quello di Eluana Englaro. E che spacca la famiglia in due.
Le divisioni
Da una parte i genitori, cattolici praticanti e fortemente opposti a quella che ritengono un’«eutanasia mascherata». Per Pierre e Viviane non c’è dubbio: Vincent non è in fin di vita, ma soltanto disabile. Diametralmente opposta la posizione dell’altro «clan», composto dalla moglie Rachel e da sei fratelli e sorelle di Vincent, secondo cui è arrivato il momento di lasciarlo andare degnamente: «Soffre di lesioni celebrali irreversibili, non comunica con l’esterno e per lui non c’è più alcuna speranza di guarigione». I Lambert sono stati convocati in ospedale ieri pomeriggio.
Minacce e pressioni
Dopo l’ok allo stop dei trattamenti terapeutici pronunciato della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo il 5 giugno – dopo un analogo parere del Consiglio di Stato – la Francia intera si attendeva che l’equipe medica annunciasse il definitivo «accompagnamento» di Vincent verso la morte. E invece ha scelto a sorpresa di rinviare ogni decisione. Almeno fino a quando la giustizia non avrà definito un «rappresentante legale» del paziente, ha fatto sapere Daniela Simon, capo dell’equipe medica che segue Vincent all’ospedale di Reims, probabilmente esasperata dalle divisioni all’interno della famiglia. È più che mai necessario il ripristino di «uno scambio sereno, nell’interesse del paziente», ha avvertito. Ma anche del personale sanitario, che sarebbe oggetto di «minacce». Tanto da indurre la dottoressa a chiedere una «protezione giudiziaria» per l’insieme dell’equipe e per lo stesso Vincent, che secondo i genitori sarebbe a rischio «rapimento». In lacrime la moglie Rachel: «Sono nella totale incomprensione, è stato un cammino difficile ma ero convinta che dopo la sentenza della Corte di Strasburgo la volontà di Vincent venisse finalmente rispettata. E invece non è il caso», ha deplorato davanti al muro di telecamere che l’attendevano all’uscita dell’ospedale. Plaude invece alla decisione la mamma Viviane: «Nostro figlio è vivo, vogliamo proteggerlo. Ora vogliamo trasferirlo in un altro centro».
La battaglia politica
Sostegno ai medici è stato espresso dal ministro della Salute, Marisol Touraine. Mentre il caso riaccende la militanza dei comitati pro-life. Il «comitato di sostegno a Vincent» ha indetto una manifestazione a Reims. Sui blog è scontro totale. Almeno fino al prossimo verdetto.