la Repubblica, 24 luglio 2015
Come procede l’affaire Crocetta? Il governatore nega la frase sulla Borsellino, l’Espresso la conferma. Intanto Renzi lo paragona a Marino: «O è in grado di governare o se ne va a casa». Ma lui non ci sta e promette guerra: «Richiesta irricevibile, i falsi scoop non decidono le sorti dei governi. Mi rifiuto di offrirmi a famelici carnefici». E poi allude a quei «poteri occulti che minacciano la democrazia», ovvero alla mafia: «Contro di me c’è il vero cerchio magico, quello degli affari che collude con la massoneria e Cosa nostra»
«O governano o vanno a casa». Matteo Renzi accomuna Rosario Crocetta a Ignazio Marino, le figure che rappresentano i casi più spinosi per il Pd, e lancia il suo ultimatum. Per la prima volta, in particolare, il premier- segretario si pronuncia sul governatore siciliano che in questi giorni è alle prese con lo scandalo dell’intercettazione, smentita da diverse Procure siciliane, della conversazione in cui il chirurgo plastico Matteo Tutino gli dice una frase shock: «Lucia Borsellino va fatta fuori come suo padre». Renzi non si sofferma sulle polemiche ma invita Crocetta (e il sindaco di Roma) a «occuparsi di cose concrete, dei problemi della gente, della Sanità. Si smetta – dice Renzi- di guardare a strani giochi politici: se sono in grado di governare vadano avanti altrimenti a casa. Basta con la telenovela continua: la gente non si chiede se un politico resta in carica ma se risponde alle sue domande».
Parole che confermano il giudizio non esattamente lusinghiero che il presidente del Consiglio ha nei confronti di Crocetta ma anche la prospettiva di elezioni anticipate, nella stessa data, in Sicilia e nella Capitale. Prende corpo l’ipotesi del voto in primavera, che peraltro è auspicato anche da un leader dell’opposizione interna quale Pier Luigi Bersani. Di certo, lo stesso Crocetta adesso non chiude a questa possibilità ma rinvia la decisione ai deputati dell’Ars: «Vi invito ad avviare la programmazione dei fondi comunitari e a completare le riforme. Poi voi, e solo voi, senza diktat romani o di forze parallele deciderete se mettere fine alla legislatura». Il capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici, si è detto pronto ad accogliere l’appello del governatore: «Valutiamo i due anni e mezzo di legislatura in un momento successivo. Proviamo a rimarginare le ferite, anche se sarà difficile».
Sembra allontanarsi uno shut-down immediato, insomma, anche se nessuna eventualità si può escludere, visto che l’incontro fra Renzi e il segretario regionale Fausto Raciti ancora non si è svolto. Quel che è certo è che Crocetta, nel corso delle attese comunicazioni a Sala d’Ercole, ieri ha ripetuto cinque volte di non volersi dimettere. «Richiesta irricevibile, i falsi scoop non decidono le sorti dei governi. Mi rifiuto di offrirmi a famelici carnefici». Il governatore parla di «poteri occulti che minacciano la democrazia» e allude chiaramente alla mafia: «Contro di me c’è il vero cerchio magico, quello degli affari che collude con la massoneria e Cosa nostra». Crocetta, a tal proposito, cita la condanna a morte pronunciata dai boss Emanuello e rivelata nel febbraio 2014 da un collaboratore di giustizia: «Quel pentito ha detto che bisognava attuare una campagna denigratoria nei miei confronti e quando non avrei più avuto incarichi istituzionali, senza scorta, uccidermi fingendo un incidente».
Crocetta alza ancora di più l’asticella del sospetto. Non affronta di petto le pesanti accuse mosse dall’ex assessore Lucia Borsellino, che ha parlato di questione «etica» e «morale» dentro la giunta e lo accusa di averlo isolato: «Lucia- sostiene Crocetta – si è dimessa perché qualcuno, prima ancora che l’Espresso pubblicasse l’intercettazione, le ha mostrato il falso dossier che la conteneva». Mentre il Guardasigilli Andrea Orlando avvia una serie di «verifiche» sul caso, l’Espresso – che oggi torna in edicola spiega che i suoi cronisti hanno ascoltato l’intercettazione nel maggio 2014 da un investigatore e che la stessa fonte il 2 luglio 2015, 4 giorni dopo l’arresto di Tutino, ricorda al telefono a uno dei due giornalisti la vicenda, scandendo parola per parola la frase del medico. Lunedì 13 luglio i cronisti del settimanale ricevono una conferma «totale e chiara» da un autorevole inquirente. Senza riuscire poi, malgrado diverse telefonate, ad avere una replica di Crocetta.