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 2015  luglio 24 Venerdì calendario

Il pranzo dell’addio tra Berlusconi e Verdini. Per tutto il tempo il Cavaliere non ha fatto che ripetergli col cuore in mano: «Se te ne vai mi dispiace da morire», oppure «ti prego, Denis, evita di darmi questo immenso dolore». Ma poi, non appena ha infilato l’uscio di Palazzo Grazioli, e Silvio è rimasto da solo con Confalonieri, Letta e l’avvocato Ghedini, il tono dei discorsi è cambiato radicalmente: «Vuole correre in sostegno al governo? Peggio per lui. Anzi, peggio per Renzi che se lo prende in carico. Verdini gli provocherà un danno d’immagine bestiale»

Per tutto il pranzo, Berlusconi non ha fatto che ripetergli col cuore in mano: «Se te ne vai mi dispiace da morire», oppure «ti prego, Denis, evita di darmi questo immenso dolore». Ma poi, non appena Verdini ha infilato l’uscio di Palazzo Grazioli, e Silvio è rimasto da solo con gli altri tre commensali (che erano Confalonieri, Letta e l’avvocato Ghedini), il tono dei discorsi è cambiato radicalmente: «Vuole correre in sostegno al governo? Peggio per lui. Anzi, peggio per Renzi che se lo prende in carico. Verdini gli provocherà un danno d’immagine bestiale. Se il premier legittima un’operazione del genere, vuol dire che si sente davvero alla canna del gas». Insomma, il rammarico di perdere un altro pezzo di partito sembra più che bilanciato, agli occhi di Berlusconi, dalla ghiotta opportunità di scatenare qualche bella campagna mediatica (le bocche da fuoco non gli mancano certo) contro il «governo Renzi-Verdini» e di ergersi addirittura a censore del «nuovo trasformismo». Il rinvio a giudizio del senatore toscano, deciso ieri dal Gup con l’accusa di bancarotta in concorso con tre imprenditori, non poteva cadere con una tempistica migliore.
Riflessi negativi
Il rischio di una figura poco esaltante è ben chiaro ai piani alti Pd. Voci autorevoli dal Senato hanno messo in guardia Renzi che, se a Verdini e soci si spalancassero le porte della maggioranza, potrebbero determinarsi contraccolpi forti. Non solo la minoranza interna si sentirebbe sfidata, ma tutte le anime belle della sinistra, che sono tante, proverebbero disagio nel combattere fianco a fianco con i nuovi «Responsabili». Già, perché il gruppo che si costituirà sotto l’insegna di Azione liberal-popolare sarà composto in Senato da personaggi quasi tutti legati a sponsor del calibro di Cosentino, Cuffaro, Lombardo. Nomi che nella base Pd non evocano sensazioni positive. Due soli senatori lascerebbero Forza Italia (Verdini, appunto, e Mazzoni); altri due verrebbero strappati a Fitto (Longo e Falanga), un altro paio a Gal (Barani e D’Anna). A questi sei, considerati lo «zoccolo duro», pare vogliano aggiungersi Scavone e Compagnone, vicini all’ex governatore siciliano Lombardo, molto voglioso di un contatto con Renzi. Forse aderirà Ruvolo, a suo tempo intimo di Cuffaro. Forse da Ncd si aggiungerà Langella, o magari aderirà Lavico... Potranno essere alla fine dieci, forse undici, magari 12, quanti bastano per formare un gruppo parlamentare che reca piccoli privilegi (stanze, segretarie, portaborse). Il numero esatto lo scopriremo nei primi giorni della prossima settimana, anche se sulla tempistica Verdini vuole rifletterci su e i più saggi dei suoi non intendono mettergli ansia.
Il ruolo di Lotti
Due sere fa, racconta l’«Huffington Post», Verdini è andato a cena con il braccio destro del premier al «Gallura», ristorante chic dei Parioli. Non è una sorpresa, dal momento che i due sono entrambi fiorentini e in continuo contatto via sms. Lotti ha la delega piena e totale di Renzi al quale, formalmente, di questa trattativa nulla risulta. Mille indizi portano però a ritenere che, senza una mano da Palazzo Chigi, Verdini mai ce l’avrebbe fatta a raccogliere la sua «sporca dozzina». A Matteo l’estetica interessa fino lì. Gli preme piuttosto avere i numeri per governare. E i voti in Parlamento, come la pecunia, «non olent».