Il Sole 24 Ore, 24 luglio 2015
Con i verdiniani la maggioranza al Senato per Renzi sale a 188. Il nuovo gruppo potrebbe garantire al Governo almeno otto voti in più. Un margine di sicurezza che rischia di essere solo apparente, se il confronto con la minoranza del Pd dovesse portare a uno strappo. Sono 25 i dissidenti dem che nelle scorse settimane hanno sottoscritto il documento in cui si chiede una profonda rivisitazione della riforma costituzionale
Sulla carta Matteo Renzi potrebbe contare su 188 voti. Il nuovo gruppo di Denis Verdini al momento garantirebbe al governo 8 «sì» in più rispetto a quelli attuali. Un margine di sicurezza che però rischia di essere solo apparente, se il confronto con la minoranza del Pd dovesse portare a uno strappo. Sono infatti ben 25 i “dissidenti” dem che nelle scorse settimane hanno sottoscritto il documento in cui si chiede una profonda rivisitazione della riforma costituzionale.
Non solo. Da giorni, e anche ieri, i dissidenti avvertono di non essere disponibili a unire i loro voti a quelli dei verdiniani. Pier Luigi Bersani è lapidario. L’ex segretario chiede «rispetto» al premier: «Se poi cerchi Verdini per fare le riforme, si crea un problema di portata maggiore. E mi fermo qui ma sia chiaro che se entra un intruso, sono io che lo butto fuori dal partito, non sarà lui a buttare fuori me».
La convinzione della maggioranza Pd è che non si arriverà alla rottura. Ma se così non dovesse essere, per Renzi le cose si metterebbero male. Attualmente la maggioranza può contare su 113 senatori Pd, 36 di Ncd (35 se l’aula darà il via libera agli arresti domiciliari all’ex presidente della Bilancio Azzollini), 19 delle Autonomie, 3 di Gal (D’Onghia, Naccarato e Davico) che votano già con la maggioranza, e 8 del gruppo misto come gli ex grillini Bencini e Romani, gli ex Fi Bondi e Repetti ma anche l’ex premier Mario Monti, Benedetto Della Vedova e Maurizio Rossi e l’ex Pd Margiotta. Complessivamente si arriva oggi a 180. Verdini porterebbe tra gli 8-10 voti aggiuntivi: 2 sicuri da Fi (il suo e quello di Mazzoni), 2 dal gruppo Cri di Fitto (Falanga e Longo), 5 da Gal (Barani, D’Anna e probabilmente i siciliani Scavone, Compagnone). In forse ancora l’ex Fi Riccardo Conti e l’Ncd Pietro Langella. Complessivamente la maggioranza potrebbe contare su 188-190 voti. Ma se dovessero uscire tutti e 25 gli esponenti della minoranza,la maggioranza assoluta (161) sarebbe nuovamente traballante.
Un rischio che il premier evidentemente ha messo in conto. I ripetuti incontri tra Verdini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti confermano che l’operazione non è osteggiata da Renzi, che non sembra dunque preoccupato degli avvertimenti della minoranza Pd.
L’obiettivo del premier è premere l’acceleratore sulle riforme subito dopo la pausa estiva. E per riuscirci ha bisogno di un cuscinetto di voti aggiuntivo non solo in aula ma anche nelle commissioni, dove inizia l’esame dei provvedimenti. A partire dalla commissione Affari costituzionali, nella quale maggioranza e opposizione sono in sostanziale parità dopo l’abbandono del sostegno al governo del centrista Mario Mauro. La conferma è arrivata anche ieri: le pregiudiziali di costituzionalità presentate alla riforma della Pa sono state respinte con un solo voto di scarto e grazie alla partecipazione della presidente Anna Finocchiaro che, per prassi, non partecipa alla votazione. Con l’ingresso di un nuovo gruppo, l’opposizione perderebbe un posto e dunque per la maggioranza si faciliterebbe non poco il passaggio dei provvedimenti, a partire dalla riforma costituzionale. Un riequilibrio di cui beneficerebbero altre commissioni strategiche come ad esempio la Bilancio.
L’arrivo dei verdiniani però potrebbe avere anche conseguenze non solo nei rapporti interni al Pd ma anche con Ncd. Nel partito di Alfano si guarda con sospetto all’operazione, che inevitabilmente riduce il margine di contrattazione dei centristi. Si parla da giorni della possibile formazione di un gruppo interparlamentare con i fittiani di Cri, che con l’uscita di Falanga e Longo, rimarranno con 10 senatori, il numero minimo per mantenere il gruppo. L’obiettivo di questo intergruppo, a cui parteciperebbero anche le 3 senatrici vicine all’ex leghista Tosi, è di costruire le basi per un centrodestra alternativo sia a Renzi che a Salvini.