Corriere della Sera, 24 luglio 2015
Iran, l’Italia sotto esame. L’accordo di Vienna non farà esplodere un immediato big bang di affari, però sta determinando un pre-posizionamento di tutte le nazioni interessate a una lunga gara per trarre utili dalla maggior apertura dei mercati di Teheran. E benché la partenza del concorrente italiano possa essere considerata avvantaggiata, davanti c’è un percorso anche a ostacoli, non soltanto di opportunità. Le esportazioni nel 2014 sono scese, e poi Francia e Germania facevano parte dei 5+1 e potrebbero impiegare il loro status per sottrarre fette di mercato alle nostre aziende. Ma non è solo una questione di soldi, per vincere imprese e Stato dovranno agire in sinergia
Nella Repubblica islamica d’Iran, geograficamente lontana, si profila per l’Italia un esame indicativo della nostra capacità di saper fronteggiare le prove che si impongono a un Paese in un mondo dagli equilibri mutevoli e dall’economia globalizzata. L’accordo raggiunto il 14 luglio scorso sull’energia nucleare tra i rappresentanti di Teheran e il cosiddetto “5+1” – il comitato formato da Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia più la Germania – non farà esplodere un immediato big bang di affari, però sta determinando un pre-posizionamento di tutte le nazioni interessate a una lunga gara per trarre utili dalla prevista maggior apertura dei mercati iraniani.
Benché la partenza del concorrente italiano possa essere considerata avvantaggiata, davanti c’è un percorso anche a ostacoli, non soltanto di opportunità. Tra i membri dell’Unione Europea l’Italia non ha più il titolo di primo partner commerciale dell’Iran, ha visto scendere nel 2014 le proprie esportazioni a un miliardo e cento milioni di euro. Nel 2010, erano oltre i due miliardi di euro. Nel restringere l’interscambio, poi, hanno pesato le sanzioni che hanno ridotto le nostre importazioni di petrolio, risorsa la cui scarsità è uno dei punti deboli del nostro Paese. Detto questo, nel 2014 secondo Eurostat soltanto Italia e Germania hanno avuto tra gli europei esportazioni consistenti verso di Teheran, superiori al miliardo di euro. La Germania, ha osservato la Camera di commercio e industria italo-iraniana, si è confermata il primo fornitore dell’Iran con due miliardi e 390 milioni, noi il secondo. Un posto importante, la Francia è assai indietro. Ma c’è un ma, o forse ce ne sono più d’uno.
Germania e Francia erano e sono nel comitato dei 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu “+1” che ha trattato l’accordo sul nucleare applaudito da numerosi Paesi, guardato con indignazione dal governo israeliano, convinto sia un patto insufficiente a scongiurare la produzione di una bomba atomica iraniana, e diffidenza dall’Arabia saudita. Tedeschi e francesi possono impiegare quel loro status internazionale per sottrarre fette di mercato alle aziende italiane. Non è soltanto una questione di soldi. La partita è importante anche per altre ragioni. Comunque lo si giudichi, l’Iran (a maggioranza sciita) del presidente Hassan Rouhani è nemico del Califfato (sunnita) o Daesh o Islamic State che ha conquistato pezzi di Siria e Iraq. La Repubblica islamica fondata dall’ayatollah fondamentalista Ruhollah Khomeini, piaccia o no, è stata uno degli interlocutori ritenuti utili dai militari italiani che da Herat hanno presidiato una parte di Afghanistan vicina al confine iraniano. L’Iran vuole vedersi riconosciuto il ruolo di potenza regionale che nei decenni non ha mancato di far notare quanto meno con spregiudicatezza, anche appoggiando milizie e gruppi armati integralisti in Libano, Iraq e altre terre del Medio Oriente.
Il 4 e il 5 agosto i ministri degli Esteri Paolo Gentiloni e dello Sviluppo economico Federica Guidi saranno a Teheran con una delegazione ristretta di imprese e protagonisti dell’economia italiana tra le quali Eni, Finmeccanica, Cassa depositi e prestiti, Sace. Il programma della visita è in elaborazione, salvo imprevisti Gentiloni incontrerà Rouhani. Proprio con Rohuani nel frattempo ha avuto ieri una telefonata il presidente francese Francois Holland e l’Eliseo ha fatto sapere che si è parlato di come “rafforzare la cooperazione bilaterale”. La settimana prossima Laurent Fabius sarà il primo ministro degli Esteri francese a rimettere piede a Teheran dopo una dozzina di anni, il vicecancelliere tedesco e ministro dell’Economia Sigmar Gabriel c’è già stato nei giorni scorsi con imprenditori.
Nella competizione l’Italia è aiutata dalla costanza con la quale ha mantenuto rapporti e da come si configurarono mentre a regnare era lo Scià che Khomeini giudicava un demonio, Reza Pahlevi. Fu l’intesa che il presidente dell’Eni Enrico Mattei firmò con la compagnia iraniana Nioc nel marzo 1957 a scardinare nel mercato del greggio la regola del “fifty-fifty. “Tradizionalmente le società petrolifere e i Paesi che possiedono il petrolio usano la formula del 50-50 nella spartizione dei guadagni”, scrisse Business Week. “Le grandi società petrolifere internazionali hanno trattenuto il fiato la settimana scorsa quando hanno udito che la società petrolifera italiana di Stato avrebbe diviso i profitti con l’Iran sulla base del 30-70”, aggiunse la rivista. Dopo averla tratteggiata in Egitto, Mattei consolidò con l’Iran quell’assegnazione del grosso degli utili al Paese nel quale sono i giacimenti diventata celebre come “la formula”. L’Italia ne ricavò più peso economico e politico.
Su quella scia oggi a Teheran l’italiana Benetton ha 15 negozi. L’abilità dell’imprenditoria italiana fa sì che l’Italia sia collocata benissimo nella vendita di arredamento, un approccio politico ha reso possibile che da quando Romano Prodi era all’Iri l’Italia abbia accresciuto il suo ruolo nella siderurgia iraniana.
Non ci sarà un immediato big bang di affari. Le sanzioni europee non saranno tolte prima di dicembre. Gli Usa subordinano al rispetto degli accordi da parte iraniana l’eliminazione delle “sanzioni secondarie”, quelle contro aziende straniere in affari con un determinato Paese. Comunque il viceministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda prepara una missione di imprese italiane in Iran per settembre. Inviti a Teheran sono stati rivolti anche ai ministri delle Infrastrutture Graziano Delrio, dell’Istruzione Stefania Giannini, delle Politiche agricole Maurizio Martina. Nuova fase in un banco di prova. Misurerà quanto agiscono con efficacia e sinergia imprese e Stato, il sistema Paese.