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 2015  luglio 24 Venerdì calendario

Aiutare la Grecia, sì, ma con quali soldi? Christine Lagarde ritiene che il debito di Atene sia insostenibile, anche Mario Draghi è sulla stessa linea. Solo Schäuble non ne vuole sentire parlare. Per statuto però l’Fmi non può prestare denari a un paese che dichiara insolvibile. Il Fondo ha violato questa regola con il primo salvataggio, nel 2010, ma il board di Washington impedirà alla presidente di rifarlo. Due settimane dopo uno dei più tormentati accordi della storia europea, c’è nebbia fitta sul terzo piano di salvataggio

Tsipras sta facendo approvare le riforme, Bruxelles e Berlino applaudono, entro un mese dovrebbe partire il terzo piano di salvataggio. Ma esattamente con quanti soldi e di chi? Due settimane dopo uno dei più tormentati accordi della storia europea, c’è nebbia fitta sui prossimi passaggi del dossier Grecia. Tutti guardano al Parlamento di Atene, ma la partita si gioca altrove e si sta facendo assai dura. Il problema, infatti, non è valutare il pacchetto di riforme in discussione sotto il Partenone. Al di là dello stabilire il dato (tutto politico) della buona volontà del premier greco di rispettare i patti, le singole misure hanno una rilevanza limitata – e certamente non immediata – sulla drammatica crisi del paese: l’esperienza di questi anni mostra che non è un altro giro di vite d’austerità, come quello appena imposto a Tspiras, che la Grecia può rendere solido e stabile il suo posto nell’eurozona. Il nodo vero della crisi è lontano da Atene e si è fatto, negli ultimi quindici giorni, più complicato e inestricabile di prima. A rischio di far riesplodere un equilibrio già fragile e riportare la Grecia sull’orlo del default.
Il nodo è il debito. Economisti di tutto il mondo ritengono che, se Atene non viene in larga misura sgravata da debiti e interessi, non potrà riavviare la crescita, aumentare il Pil e, dunque, rendere sostenibile il debito, riducendone il rapporto con lo stesso prodotto interno lordo. Al contrario, secondo i calcoli del Fmi, nella situazione attuale, il debito greco è destinato a sfondare quota 200 per cento (del Pil) nei prossimi due anni. La pensa così anche il governo greco. E, oltre al Fmi, è sulla stessa linea anche un secondo componente dei tre della Troika: la Bce di Draghi. Gli unici, in effetti, che non la pensano così sono quelli della Ue, ma solo perchè Berlino impedisce loro di pensarlo. Adesso, però, il gioco si è fatto pesante. E, per un verso, anche sporco. Due settimane fa, infatti, il Fmi non ha esitato a rendere pubblico, nelle ore decisive della discussione dell’accordo con la Grecia, lo studio che dichiara insostenibile il debito greco. Secondo i tecnici di Washington, è necessario sospendere per 30 anni il pagamento dei debiti, compresi quelli nuovi ancora da firmare e far slittare ulteriormente le scadenze. I tedeschi si sono assai risentiti per l’indiscrezione, ma si è trattato di una scelta deliberata di Christine Lagarde che ha così fissato un paletto a cui, ora, è impiccata la crisi greca.
In base alle sue regole, infatti, il Fmi non può prestare soldi ad un paese il cui debito reputi insostenibile. Quindi, non può prestar soldi alla Grecia, appena dichiarata insolvibile. Il Fondo ha violato questa regola con il primo salvataggio, nel 2010, ma il board di Washington impedirà alla Lagarde di rifarlo. Lei stessa si è già tagliata i ponti alle spalle. A domanda su un possibile intervento Fmi senza taglio del debito ha risposto: “Un inequivocabile no”.
Contemporaneamente, Berlino dice che, in base alle regole europee, il debito non si può tagliare. Il trattato di Lisbona impedisce ad un paese di farsi carico dei debiti di un altro. Si possono valutare allungamenti di scadenze, moratorie, ma, ha chiarito la Merkel, dopo che sia stata completata una positiva verifica delle riforme. Quindi, dopo che è partito il piano di salvataggio. Ma il Fmi non si siede neanche al tavolo, se non ci sono prima “fatti concreti” sul debito, che Berlino esclude. Un impasse totale. Che mette in dubbio i soldi disponibili per Atene: nel conto di 86 miliardi, mancano, infatti, a questo punto, circa 20 miliardi che dovrebbe mette- re il Fmi.
In realtà, è anche peggio. Perchè Berlino insiste che, senza Fmi, il piano non si fa. Il risultato, a oggi, è che il Fmi non ci sta e Berlino neppure. Il rischio, ora, è che salti l’intero impianto del salvataggio e ritorni l’ombra della Grexit. Con i veleni messi in circolo da cinque mesi di scontro sul dossier Grecia, è una situazione estremamente scivolosa. Il portavoce dell’ Fmi Gerry Rice si è mostrato cauto e ha affermato che «c’è davanti un cammino difficile» In Germania, il dibattito sull’uscita – temporanea o meno- della Grecia dall’euro non si è spento affatto con l’accordo dell’altra settimana e questo braccio di ferro con il Fmi lascia aperto uno spiraglio che qualche incidente potrebbe spalancare.