23 luglio 2015
Il delirio sessuale di Kurten, dagli animali alle servette.
Il delirio sessuale di Kurten, dagli animali alle servette.
KURTEN Peter. Nato a Köln-Mülheim, in Germania, nel 1883, era il prodotto di un’infanzia brutale e violenta. I tredici componenti della famiglia vivevano tutti in un unico ambiente, in un’atmosfera carica di tensione sessuale. Il padre di Kurten, un bruto alcolizzato, spesso costringeva la moglie a spogliarsi e a fare sesso di fronte ai bambini, e in seguito andò in carcere per aver tentato di violentare sua figlia. Peter allo stesso modo molestava a volte le sorelle, e fu inoltre influenzato da un accalappiacani sadico che viveva nello stesso edificio. Da bambino, Kurten spesso guardava l’uomo mentre torturava i suoi cani e fu istruito nella pratica di masturbare gli animali per divertimento. Kurten commise i suoi primi omicidi a nove anni, quando spinse un compagno da una zattera sulle rive del Reno. Un altro ragazzo si tuffò per aiutare il primo, e Kurten riuscì a spingere entrambi sotto la zattera, dove annegarono (…). Questi omicidi giovanili furono liquidati dalle autorità come «morti accidentali».
All’età di 12 anni circa Kurten si trasferì con la famiglia a Düsseldorf. Già in possesso di una visione perversa della sessualità, si masturbava in modo compulsivo, cercando di avere rapporti sessuali con le sorelle e varie compagne di scuola. Fin dall’età di 13 anni si diede anche a pratiche di depravazione con pecore, maiali e capre, provando particolare piacere quando pugnalava a morte le pecore durante il rapporto. Poco più che adolescente Kurten fuggì da casa per vivere da ladro nomade, depredando donne e ragazze. Tornato a casa a Düsseldorf all’età di 16 anni, lavorò per poco tempo come apprendista modellatore, ma il suo padrone si dimostrò violento e Kurten fuggì con il denaro della cassa, stabilendosi a Coblenza con una prostituta che viveva di violenza e perversione. Lì Kurten fece registrare il suo primo arresto, cui sarebbero seguite diciassette altre incriminazioni, arrivando ad accumulare, nel corso della sua vita, 27 anni di prigione. Rilasciato nel 1899, apprese che i suoi genitori avevano divorziato e subito andò ad abitare con un’altra prostituta masochista, che aveva il doppio della sua età. Kurten commise il primo omicidio da adulto nel novembre 1899, strangolando una ragazza durante un rapporto nel bosco di Grafenberger, appena fuori Düsseldorf, ma il corpo non fu trovato e la vittima potrebbe essere sopravvissuta. Nel 1900 fu imprigionato due volte per frode, poi ebbe altri due anni per aver tentato di sparare a una ragazza col fucile. Le accuse di furto lo tennero dietro alle sbarre fino al 1904, ed egli occupò il tempo con fantasie di sesso violento e vendetta.
Arruolatosi dopo essere stato rilasciato, Kurten presto disertò. Per quell’epoca aveva cominciato ad appiccare incendi, eccitandosi nel vedere le fiamme. I suoi obiettivi erano di solito fienili e covoni, incendiati nella speranza che i vagabondi che eventualmente vi dormivano, bruciassero vivi. Condannato a sette anni con l’accusa di furto nel 1905, Kurten in seguito dichiarò di aver avvelenato diversi carcerati nell’ospedale della prigione. Rilasciato nel 1912, egli violentò una domestica e subito dopo si diede ad importunare le donne in un ristorante locale. Un cameriere cercò di intervenire e Kurten lo cacciò a colpi d’arma da fuoco, guadagnandosi un altro anno di prigione.
Il 25 maggio 1913, Kurten irruppe in un pub a Köln-Mülheim mentre i proprietari erano assenti. Insinuandosi nell’abitazione, trovò la loro figlia tredicenne, Christine Klein, addormentata a letto. Egli la sgozzò e la violentò con le dita, lasciando cadere un fazzoletto con le sue iniziali sulla scena del delitto, ma la fortuna era dalla sua parte. Il padre della vittima, Peter Klein, aveva recentemente avuto una discussione con suo fratello Otto, e quest’ultimo l’aveva minacciato dicendo che avrebbe fatto qualcosa che Klein «avrebbe ricordato per tutta la vita». Otto Klein fu incriminato e giudicato per l’omicidio, infine scagionato per mancanza di prove, mentre Kurten seguiva divertito le sedute. Intensificando il suo programma, Kurten voleva sorprendere un’altra vittima nel sonno, ma fu spaventato dai familiari e si allontanò. In episodi separati, colpì un uomo e una donna con un’accetta, raggiungendo l’orgasmo alla vista del sangue. Diede anche fuoco a un covone e tentò di strangolare due donne, prima di essere condannato a ulteriori otto anni di carcere per altri reati.
Liberato nel 1921 si trasferì ad Altenburg, dove disse ai nuovi conoscenti che era stato prigioniero di guerra in Russia. Ad Altenburg Kurten conobbe la futura moglie, una donna che aveva scontato cinque anni di prigione per aver sparato al suo fidanzato. Inizialmente essa respinse la sua proposta, ma accettò di sposare Kurten quando egli minacciò di ucciderla. Sistematosi, per così dire, nella quiete domestica, Kurten resistette facendo una vita «normale» per molti anni prima di avere una ricaduta: in due occasioni fu accusato di aver aggredito sessualmente alcune domestiche. Tornato a Düsseldorf nel 1925, la sera del suo arrivo si godette la vista di un tramonto rosso sangue: lo prese come un segno. Si stava preparando a dare inizio al periodo finale del suo regno di terrore. In base alle sue confessioni, Kurten si rese responsabile nel ’28, di 4 tentativi di strangolamento (tutti di donne) e di una serie di incendi che rasero al suolo due case e riguardarono altri 15 obiettivi. Tuttavia, non tornò a colpire come un tempo fino alle prime settimane del 1929. Il 3 febbraio colpì una donna con 24 pugnalate e la abbandonò per strada, ma essa dopo mesi di cure riuscì a guarire; 10 giorni dopo mise a segno la prima vittima della nuova era, pugnalando 20 volte un meccanico a Flingern.
Il 9 marzo Rose Ohliger, di 8 anni, fu trovata in un cantiere a Düsseldorf: era stata violentata, colpita da 13 pugnalate ed erano stati fatti dei tentativi per dare fuoco al suo corpo con la paraffina. Nel confrontare i dati raccolti, i detective scoprirono che le ultime 3 vittime erano tutte state ferite alle tempie, ma la loro scelta – prima una donna, poi un uomo e una bambina – apparentemente rompeva lo schema del caso. Nell’aprile 1929, la polizia catturò un ritardato mentale di passaggio, per aver aggredito alcune donne del luogo, ma non trovò alcuna prova che potesse collegarlo agli omicidi, ed egli fu mandato in un manicomio. Kurten si riposò dalle sue fatiche, trastullandosi a casa con le domestiche e cercando «per gioco» di strangolarle dopo il rapporto. Tornato a colpire nel mese di agosto, Kurten in seguito affermò di aver soffocato una donna di nome Ann e di aver gettato il suo corpo in un fiume, ma di lei non fu trovata traccia. Prima che fosse finito il mese, altre tre vittime, tra cui un uomo, furono pugnalate nel corso di alcune rapide aggressioni a Düsseldorf, ma tutti sopravvissero. Il 24 agosto due bambine, Gertrude Hamacher di 5 anni e Louise Lenzen di 14, furono trovate morte vicino alle loro abitazioni, entrambe strangolate e poi sgozzate. Dopo un giorno, Gertrude Schulte fu avvicinata mentre stava andando a vedere la fiera, a Neuss. Alla cruda richiesta di fare sesso, lei rispose che piuttosto sarebbe morta. «Bene, allora muori», rispose Kurten, pugnalandola varie volte prima di fuggire. Ella sopravvisse e fornì alla polizia una descrizione abbastanza precisa dello stupratore, ma i detective continuavano a rifiutare l’idea che dietro l’ondata di crimini vi fosse un solo uomo.
A settembre Kurten cercò di strangolare altre tre donne, scagliando una di loro nel fiume per essere più sicuro, ma tutte sopravvissero. Ida Reuter fu meno fortunata: verso la fine del mese ebbe il cranio sfondato da un martello. Un’altra vittima dei colpi di martello fu Elizabeth Dirries, uccisa a Grafenbery il 12 ottobre. Il 25 del mese altre due donne furono prese a randellate in attacchi distinti, ma entrambe guarirono dalle ferite. Il 7 novembre fu segnalata a Düsseldorf la scomparsa di Gertrude Alberman, di 5 anni; il suo corpo fu scoperto due giorni dopo, seguendo le indicazioni che Kurten diede a un quotidiano locale. La bambina era stata strangolata e colpita da 36 coltellate. Sempre su indicazione di Kurten, la polizia disseppellì i resti di Maria Hahn, colpita da 20 pugnalate, violentata dopo la morte e sepolta a metà agosto. La fortuna di Kurten terminò il 14 maggio 1930, quando prelevò Maria Budlick e la portò a casa sua per pranzare, per poi andare a fare una passeggiata nel bosco, con l’idea di violentarla e strangolarla. Maria lo respinse e Kurten inspiegabilmente la lasciò andare dopo che lei gli giurò che avrebbe dimenticato il suo indirizzo. Chiamò invece la polizia e in carcere il sospettato diede inizio a una confessione che l’avrebbe portato al patibolo.
Il processo a Kurten iniziò il 13 aprile 1931 e finì otto giorni dopo. Ai giurati furono necessari soltanto 90 minuti per giudicarlo colpevole di nove delitti, respingendo duramente la sua richiesta di difesa per infermità mentale. Condannato alla decapitazione, Kurten disse a uno psichiatra che il più grosso fremito di piacere mai provato, sarebbe stato sentire il sangue zampillare dal suo collo. Andò sorridendo alla ghigliottina il 2 luglio 1931.
Da: Michael Newton, Dizionario dei serial killer, Newton & Compton 2005