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 2015  luglio 23 Giovedì calendario

Annamaria Cancellieri, una vita in tre ruoli: «I prefetti si trovano a fronteggiare anche i sindaci, che a volte dimenticano di essere ufficiali di governo e si comportano da esponenti di partito»

Annamaria Cancellieri è stata prefetto di Vicenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova, poi commissario prefettizio, di fatto un sindaco, prima a Bologna e quindi a Parma; infine, ministro dell’Interno nel governo Monti e della Giustizia con Letta, si è dovuta calare in tutti e tre i ruoli. E adesso che lo scontro tra prefetti, sindaci e ministero dell’Interno sull’emergenza profughi e l’accoglienza nelle città italiane ha raggiunto l’apice, lei può «leggere» le difficoltà di far convivere i tre diversi ruoli istituzionali.
Conosce le avversità, sa che ogni compito ha i propri punti nevralgici. Eppure, dice, l’unica via resta sempre quella della collaborazione, del dialogo e della «ricerca di un punto di equilibrio, mai dello scontro». «L’Italia – sottolinea – sta affrontando un’emergenza umanitaria enorme, un dramma epocale, e i prefetti sono in prima linea, lo sanno e lo hanno sempre fatto. Ma anche il ministero sta cercando di svolgere il suo compito al meglio e i sindaci hanno i cittadini a cui devono dar conto».
Come si fa allora, ad evitare gli scontri e le polemiche di questi giorni? «Io ho sempre cercato di ascoltare, dialogare e trovare soluzioni condivise. Forse diversamente da quello che sta accadendo oggi. Anche se Morcone ha ragione. Alla fine, nel caso dei prefetti, un prefetto deve decidere. Anche da solo».
Da prefetto, ricorda, «con lo strumento della mediazione sono riuscita a scongiurare disordini dei centri sociali a Brescia, che non volevano si svolgesse la fiera delle armi, come da tradizione. Erano da poco accaduti i fatti di Genova del G8. E proprio nel capoluogo ligure, sempre da prefetto, ho affrontato mesi di incontri per evitare che la città fosse messa a ferro e fuoco dallo sciopero dei camalli».
Ancora a Brescia, ministro Enzo Bianco, Cancellieri si occupò di ordine pubblico per un campo nomadi irregolare. «Furono settimane di grande preoccupazione, la gente protestava, ma riuscimmo a spostare in campi regolari quelli che potevano restare in Italia e ad espellere quelli che andavano espulsi. Occorre sempre solidarietà morale tra prefetti e ministero».
Era a Catania, rappresentante del governo, quando si trovò a gestire la tragedia della morte del poliziotto Filippo Raciti. «Ci furono polemiche – racconta —. Ma il ministro dell’Interno dell’epoca, Giuliano Amato, capì come si erano svolti i fatti e mi sostenne».
Diventata a sua volta ministro dell’Interno nel governo Monti, si è trovata anche dall’altra parte della barricata. «Non ci sono due fronti – dice però —. Ministro e prefetti devono collaborare. Io non ho rimosso nessun prefetto ma ho spostato, favorito carriere e contenuto altre, senza scontri eclatanti. Sono una persona del dialogo». Sui temi dell’immigrazione, continua «ho gestito soltanto la cosiddetta “primavera araba”. Oggi si è perso il senso di solidarietà e gli immigrati vengano usati come clava per scopi politici».
Il commissario prefettizio, la Cancellieri l’ha fatto a Bologna e a Parma. Gli scontri tra sindaci e prefetti di questi giorni sull’accoglienza profughi non fanno parte della sua esperienza. «Io ho sempre lavorato bene con gli amministratori pubblici di qualunque colore politico. E con il ministro leghista Maroni. Noto con rammarico che sembra essersi rotto un patto sociale: i prefetti si trovano a fronteggiare anche i sindaci, che a volte dimenticano di essere ufficiali di governo e si comportano da esponenti di partito». D’altra parte «sono loro a dover dar voce ai cittadini. Nella mia esperienza, a Bologna e a Parma, ho cercato di ascoltare e trovare soluzioni ai problemi. Ma sempre tenendo la barra al centro. Non si può sottostare alla piazza».