il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2015
I guai di Verdini: ha solo 36 ore per creare un suo gruppo. L’ex esponente di Forza Italia non è ancora riuscito a mettere insieme dieci senatori. Raffaele Lombardo tratta e offre due parlamentari: «Ma prima voglio parlare con Renzi»
Dieci piccoli verdiniani e alla fine non ne rimase nessuno. Oppure, aspettando Godot Denis, che suona bene. Infine, meglio ancora: il deserto dei verdiniani, con le sentinelle renziane della Fortezza Bastiani (Palazzo Chigi) che invano aspettano le truppe del soccorso. Giunti a questo punto della storia, o del tormentone, le cose stanno nei termini riferiti da un senatore che ha detto no a Denis Verdini la scorsa settimana: “Se Denis non chiude nelle prossime 24-36 ore allora è finita. Sta perdendo sempre più credibilità agli occhi di Renzi e questo gruppo nasce con un marchio infame come peccato originale”. Ed è per questo che ogni mattina, dalle otto in poi, le sedute verdiniane nel suo bar preferito in piazza San Lorenzo in Lucina a Roma, il bar Ciampini, sono interminabili. A fargli da scudiero e assistente c’è Antonio Angelucci, deputato di FI nonché ras delle cliniche in Lazio e Puglia ed editore di Libero.
Tra ex cosentiniani ed eterni craxiani
La storia è nota e va avanti da ormai cinque mesi. Finito il patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi, lo sherpa dell’accordo, cioè il berlusconiano plurinquisito Verdini, ha scelto di puntare le sue fiches sull’amico “Matteo”. Poi sono arrivate le Regionali, il renzismo ha subìto la prima batosta e Verdini ha perso la prima deadline per presentare la sua lista di nuovi Responsabili. Adesso la caccia è alle battute conclusive, in un modo o nell’altro. O dentro, o fuori. In cinque mesi, l’ex forzista ha “intervistato” almeno 30 senatori, promettendo poltrone di sottogoverno o di presidenze di commissione. Allo stato i sicuri sono sei. Tre ex cosentiniani: Vincenzo D’Anna di Gal, Ciro Falanga ed Eva Longo dei neoconservatori fittiani; l’azzurro Riccardo Mazzoni (con cui Verdini ha condotto la fallimentare operazione dell’inserto toscano del Giornale); l’eterno craxiano Lucio Barani (vicino all’ex governatore campano Stefano Caldoro); il sesto è lo stesso Verdini, ovviamente.
La partita di “Raffaele” e le elezioni in Sicilia
Fin qui le certezze. Ma a Palazzo Madama per fare un gruppo ci vogliono dieci senatori. Chi sono gli altri quattro, ammesso che l’operazione vada in porto? Le caselle sette e otto del gruppo che si chiamerà Alleanza liberalpopolare sono in teoria occupate da due uomini dell’Mpa Raffaele Lombardo, l’ex governatore siciliano condannato in primo grado a sei anni e otto mesi per concorso esterno alla mafia. I due si chiamano Antonio Scavone e Giuseppe Compagnone e fanno parte di Gal. I verdiniani danno per scontate le loro firme. In realtà il loro sì sarebbe stato congelato da una richiesta esplicita dello stesso Lombardo a Verdini: “Prima di dire di sì, voglio un colloquio con Renzi per capire cosa succederà alle prossime Regionali in Sicilia”. Nel frattempo, come ogni giocatore che si rispetti, Lombardo ha pure incontrato, ieri, Berlusconi.
Un vagone di inquisiti e le mosse di Zanda
Alla casella numero nove, infine, sempre i verdiniani, hanno scritto il nome di Riccardo Conti. Lui e Verdini hanno in comune un processo per la vendita di un immobile a Roma. Secondo l’accusa, Verdini avrebbe preso un milione da Conti. Vicende giudiziarie e politiche s’incrociano spesso in queste trattative per i nuovi Responsabili di Renzi. Non a caso, fino all’altro giorno, circolava un’affilata battuta al Senato: “Sta nascendo il governo Renzi-Verdini-Cosentino-Lombardo-Cuffaro”. Detto di ex cosentiniani e lombardiani, il riferimento all’altro ex governatore siciliano, oggi in galera, era a causa di Giuseppe Ruvolo, cuffariano di Gal. Ma Ruvolo, così come Riccardo Villari o Domenico Auricchio, si è sfilato in extremis. Merito di Berlusconi? No. Lo zampino di B. c’entra con Auricchio. La retromarcia di Ruvolo, invece, si deve a Zanda, capogruppo del Pd che non vuole farsi scavalcare dai verdiniani in materia di renzismo.