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 2015  luglio 23 Giovedì calendario

«Ismaele si è fatto legare alla croce, senza opporre resistenza, perché l’avevo convinto che era giusto che si sottoponesse al mio interrogatorio. Volevo fargli confessare il tradimento con la mia fidanzata Ambera. È così è andata. L’ho ucciso io, con due fendenti alla gola». Parla il 20enne albanese Igli Meta, residente a Urbania, il ragazzo che ha legato, picchiato e sgozzato il giovane 17enne domenica scorsa

«Ismaele si è fatto legare alla croce, senza opporre resistenza, perché l’avevo convinto che era giusto che si sottoponesse al mio interrogatorio. Volevo fargli confessare il tradimento con la mia fidanzata Ambera. È così è andata. L’ho ucciso io, con due fendenti alla gola. E quando l’ho fatto, ho chiuso gli occhi». Davanti al pm Irene Lilliu, il 20enne albanese Igli Meta, residente a Urbania, ha ricostruito minuto dopo minuto come ha legato, picchiato e sgozzato Ismaele Lulli domenica scorsa, tra le tre e le quattro del pomeriggio, davanti alla croce della chiesa semi abbandonata di San Martino in Selva Nera, a Sant’Angelo.Marjo Mema, l’altro albanese di 19 anni, accusato di concorso in omicidio, stando al suo racconto non ha partecipato attivamente al delitto. «Però era lì con me», dice Igli.Un interrogatorio, quello di ieri nel carcere di Villa Fastiggi a Pesaro, voluto da Igli stesso e durato otto ore e mezzo, alla presenza del suo avvocato Salvatore Asole che poi ne ha riportato il contenuto. Il magistrato si è soffermato molto sul movente passionale che lo ha spinto a uccidere il ragazzo. «Tempo fa un amico mi aveva rivelato che la mia ragazza (una studentessa macedone di 19 anni, con la quale sta da tre anni), mi aveva tradito. L’ho chiesto direttamente a lei più e più volte: prima negava, poi però ha ammesso dei tradimenti. All’inizio non ho voluto sapere chi fosse il ragazzo, poi invece me lo sono fatto dire. Era Ismaele».A quel punto scatta in lui un desiderio di confrontarsi con il diciassettenne. «Lo volevo solo spaventare, non ho fatto niente di premeditato», ha spiegato al pm. «La mia era una messinscena, mi sono portato in macchina il nastro adesivo, dei guanti, una bottiglietta d’acido, il coltello di 20 centimetri che mi ha regalato mio nonno. Volevo inscenare un interrogatorio. Gli ho detto: mi devi rispondere con sincerità, non ti farò del male. E così ha acconsentito a farsi legare. Inizialmente gli ho legato solo il busto al palo di ferro della croce, lui era seduto sulla pietra della base. Aveva le mani libere».Così è cominciata la giustizia privata di Igli. «Marjio era presente, ma non faceva niente. Io continuavo a chiedere a Ismaele di confessare che aveva una tresca con Ambera, lui negava», spiega. «A quel punto ho tirato fuori il coltello, per fargli paura. Non lo sfioravo nemmeno, glielo avvicinavo alla faccia e basta. Ma lui continuava a negare. Allora gli ho dato una ginocchiata in faccia e un pugno. Si agitava, quindi gli ho legato anche le mani con il nastro isolante. Finché mi sono portato dietro di lui. Non so cosa mi è preso, ho chiuso gli occhi e gli ho tirato due fendenti alla gola».Poi l’occultamento del cadavere. Insieme a Marjo hanno trascinato il corpo senza vita di Ismaele per otto metri fino a gettarlo nel dirupo. Igli si è tolto gli indumenti, è rimasto in mutande. Sono andati in macchina al fiume Meta a farsi un bagno, per lavarsi di ogni macchia di sangue. Hanno messo i vestiti, il nastro, una scarpa di Ismaele, la bottiglia dell’acido e le bottiglie d’acqua in un sacco e l’hanno gettato da un cavalcavia. Dallo stesso ponte Igli ha buttato via il coltello. Marjo è tornato a casa, Igli si è fatto dare la macchina da un familiare, ha preso 700 euro in contanti ed ha provato a fuggire.«In realtà – spiega il suo legale, Asole – i carabinieri l’hanno fermato mentre dormiva all’autogrill nei pressi di Senigallia. È vero che ha pensato di tornare in Albania passando da Bari, ma poi ci aveva ripensato. Si tratta quindi di un delitto di impeto, per il quale chiederemo il rito abbreviato».