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 2015  luglio 23 Giovedì calendario

L’addio a E.L. Doctorow, l’uomo che nei suoi libri descrisse l’anima dell’America. Ritratto di uno straordinario raccontatore di storie del Novecento

L’immaginazione è una parete bianca. E.L. Doctorow, scomparso l’altro giorno a 84 anni per un tumore al polmone, si divertiva a spiegarlo all’interlocutore fissandolo ironico da dietro le lenti rotonde degli occhialini, come un rabbino – bonario ma inflessibile – che interroga uno studente della Torah. Doctorow aveva immaginato la trama del suo capolavoro del 1975, il caleidoscopio di Ragtime sull’America di inizio Novecento (traduzione di Bruno Fonzi, Mondadori), fissando la parete del suo studio. Cosa c’era dietro l’intonaco? Il muro. I mattoni del 1906, quando era stato costruito il palazzo. Dietro il muro? La New York del neonato secolo che sarebbe diventato quello americano per antonomasia. Ecco allora comparire uno dopo l’altro i personaggi di quel libro meraviglioso nel quale aveva strizzato tutta l’America, il banchiere JP Morgan e il mago Harry Houdini, il presidente Taft e Sigmund Freud, tutti quei giganti sistemati come pedoni degli scacchi, personaggi di contorno rispetto al protagonista: un anonimo pianista nero. Quel memorabile JP Morgan, per esempio, aveva poi spiegato Doctorow alla «Paris Review» dei suoi amici George Plimpton e Peter Matthiessen, l’aveva creato senza leggere libri di storia ma semplicemente guardando, a lungo, il ritratto che del banchiere inventore della moderna finanza americana aveva fatto Steichen. E aveva immaginato il resto.
Gore Vidal – patrizio nato a West Point, figlio di un pioniere dell’aviazione civile, nipote di un senatore, cugino del vicepresidente Al Gore – è stato il narratore-biografo dell’America della quale ha raccontato la vita dalla nascita ai giorni nostri facendone parlare i grandi protagonisti, presidenti e senatori riuniti al tavolo da gioco della Storia. Doctorow, ragazzo ebreo del Bronx proletario, figlio d’una pianista classica e di un rappresentante, è stato il narratore del volto umano della Storia americana.
Nella sua carriera – dodici romanzi, i saggi letterari coltissimi e impegnati, il teatro, le sceneggiature per il cinema che lui amava ma dal quale si considerò sempre tradito – Doctorow aveva ambientato i suoi libri attraverso epoche diverse ma aveva sempre raccontato il passato alla ricerca del fattore umano: straordinario raccontatore di storie dunque, più che biografo.
Aveva cominciato come lettore di sceneggiature, poi come editor (con autori diversissimi: Ian Fleming, Norman Mailer, James Baldwin, William Kennedy), e aveva cominciato trentenne a pubblicare romanzi (insegnò per decenni all’università mettendo al servizio degli studenti la sua cultura di lettore voracissimo e dalla solidissima formazione classica: la sua voce di scrittore così profondamente americana si era formata su Dante e von Kleist, Flaubert e Dostoevskij).
All’esordio due libri non memorabili (il western di Destino di fuoco e la fantascienza di Big as Life ) ma già al terzo tentativo (nel 1971) un classico della letteratura americana: Il libro di Daniele (traduzione di Ettore Capriolo, Mondadori), nel quale immagina un caso molto simile a quello dei coniugi Rosenberg processati e giustiziati per spionaggio a favore dell’Urss. Qui Doctorow per la prima volta ricostruisce un’era – in questo caso l’immediato dopoguerra con la genesi del maccartismo – attraverso una storia simbolo, scoprendo le carte progressiste e raccontando il rapporto tra padri e figli, creando tanti memorabili personaggi minori e regalando al lettore il suo straordinario orecchio per i dialoghi.
Subito dopo Il libro di Daniele, un altro classico che oltreoceano si studia nelle scuole: Ragtime, l’America dei primi del Novecento fino allo scoppio della Prima guerra mondiale, la storia di una famiglia che produce bandiere e fuochi d’artificio usata per narrare la relazione tra patriottismo e spirito guerrafondaio.
Sia Il libro di Daniele sia Ragtime, grandi successi editoriali, ebbero adattamenti cinematografici (rispettivamente: Daniel con Timothy Hutton per la regia di Sidney Lumet e Ragtime di Milos Forman) che però non piacquero, per motivi diversi, all’autore nonostante il successo. E dell’adattamento del suo Billy Bathgate (il libro è stato tradotto in Italia da Ettore Capriolo per Leonardo, il film girato da Robert Benton con Dustin Hoffman, Bruce Willis e una giovanissima Nicole Kidman) addirittura preferiva non parlare: perché Hollywood gli regalò il benessere semplificando però a dismisura la complessità e la raffinatezza dei suoi meccanismi narrativi, sacrificandone i personaggi minori: Ragtime per esempio avrebbe dovuto essere un serial tv, non un film di due ore. Memore della gloriosa tradizione socialista ebraico-americana, diffidava dei potenti ma anche degli scrittori che non prendevano posizione in politica, e nel 1985 sul «New York Times» staffilò il presidente Reagan così: «Gli unici sindacalisti che gli piacciono sono quelli polacchi». Continuò a raccontare l’anima dell’America ne La fiera mondiale (traduzione di Roberta Rambelli, Mondadori), la vigilia della Seconda guerra mondiale vista attraverso la grande Fiera Mondiale di New York del 1939. Poi un balzo all’indietro con L’acquedotto di New York (traduzione di Laura Grimaldi, Mondadori) ambientato nella corrottissima metropoli del 1871, poco dopo la guerra civile americana: ancora una volta Doctorow racconta l’America attraverso i suoi conflitti, questa volta la guerra che dichiarò a sé stessa.
Fortunatamente, negli anni della malattia, c’è stato tempo per un ultimo libro importante, La coscienza di Andrew (traduzione di Carlo Prosperi, appena uscito per Mondadori), nel quale il maestro ultraottentenne dimostra tutta la sua gioventù e modernità firmando un libro quasi beckettiano, sperimentale, che se fosse una sinfonia sarebbe fatta di musica atonale dopo una vita di romanticismo. Il monologo di un protagonista che racconta – e a chi poi? A uno psicanalista? E perché? Sta mentendo? È un pazzo? – la sua vita, i suoi sensi di colpa. È il presente dell’America dei nostri giorni, del dopo 11 settembre, delle neuroscienze e dell’alta tecnologia. Il passo d’addio di una carriera letteraria che è valsa a E.L. Doctorow (la «E» stava per Edgar, come Edgar Allan Poe amatissimo dai suoi genitori, la «L» per Lawrence) tutti i grandi premi americani, la stima di tantissi