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 2015  luglio 23 Giovedì calendario

Biografia di Marlene Dietrich raccontata dalla figlia Maria

Infanzia e adolescenza. Figlia di Louis Dietrich e Josephine Felsing, nacque a Shöneberg il 27 dicembre del 1901 dopo un travaglio difficile. Era bellissima: testa perfetta, pelle luminosa, occhi azzurri. Somigliava al padre, bell’uomo, ufficiale prussiano con un debole per le puttane. Aveva una sorella più grande, Elisabeth detta Liesel, bambina tranquilla e discreta.
Louis, la cui moglie gli era imposta dai genitori, dopo la nascita delle due figlie chiuse definitivamente a chiave la porta comunicante tra la sua camera e quella di Josephine (fare l’amore con una madre gli sembrava di cattivo gusto) e ricominciò a frequentare le sue amanti.
Liesel e Lena ebbero un’infanzia abbastanza felice ma l’educazione da parte della madre era molto rigida. Studiavano tutto il giorno: la mattina a scuola, il pomeriggio francese, pianoforte e violino. La cena veniva consumata in un rigoroso silenzio (chiacchierare nuoceva alla digestione). Dopo cena ancora un’ora di inglese. Frequentarono la scuola femminile Augusta Vittoria. Avevano ottimi voti.
Rosso. Era il nome del diario di Lena (era rilegato in marocchino rosso). Le fu regalato per la Pasqua da Zia Valli, la sua zia preferita. Su questo diario e poi su tanti altri Marlene Dietrich annoterà pensieri e aneddoti molto privati.
Come tanti bambini Lena pensò di modificare il suo nome così dopo vari tentativi unì i suoi due nomi e ottenne Marlena, poco dopo capì che con le e suonava meglio: «Marlene».
Nel ’16 il padre morì al fronte lasciando la famiglia in gravi condizioni economiche, andarono a vivere a Dassau. Josephine si riposerà con Eduard von Losh, un amico benestante di Louis. Si trasferirono a Berlino, in un quartiere molto elegante. Lena e Liesel avevano due stanze separate.
Lesbica. Sin da adolescente Marlene mostrava interessi bisessuali: passava dalle cotte per qualche bel giovane incontrato per strada alla passione per compagne di scuola (tra queste Margaret Dosendorf) o per donne come la Contessa Gersdorf, 24 anni («Io l’amo. È il genere d’amore che potrei provare per un uomo», scriveva su Rosso il 14 agosto del 1917).
Sesso. Quando anche Eduard von Loch morì al fronte, Josephine mandò Lena in un convitto «per signorine di buona famiglia». Lì prese a cuore il violino e per essere accettata in Accademia andò a lezione dal professor Reitz, con cui fece l’amore («Lui gemeva, sussultava, ansimava. Non si tolse neppure i pantaloni. Io ero sdraiata sul vecchio divano, con il velluto rosso che mi graffiava il didietro, e le gonne sopra la testa. Decisamente molto scomodo»). L’Accademia di musica la rifiutò.
Attrice. «Diventerò un’attrice di teatro», disse così alla madre prima di iscriversi alla scuola di recitazione di Reinhardt. Studiava con impegno e ad ogni rappresentazione si appropriava del guardaroba di scena anche se recitava la parte di una puttana con guanti di rete rossa strappati.
Vestiti. Marlene sapeva come vestirsi per farsi notare. In una audizione, per un ruolo d’amante, si presentò davanti a Rudolf Sieber con di un abito eccentrico, con lunghi guanti verde assenzio, scarpe in coordinato e un boa di struzzo sciupato.
Amore. Sieber: «Era così ridicola con quell’abbigliamento così assurdo! Avrei voluto ridere ma le assegnai la parte nonostante quel ciarpame era adatta al ruolo». La chiese in moglie.
Matrimonio. Era il 17 maggio 1923. Lei aveva ventuno anni, lui ventisette. Marlene indossava un abito da sposa moderno con le caviglie fasciate da calze bianche e un velo completamente chiuso, la madre le adagiò una corona di mirto (segno di verginità) tra i capelli, lei appena entrò in macchina ruppe il cerchio della corona e con un sorriso lui le risistemò il velo.
Frac. Marlene incaricò il sarto di Rudi (NOME?) di confezionarle un abito da sera da uomo con cilindro, cravatta bianca e code.
Sesso. Dal giorno in cui Marlene rimase incinta non volle più saperne di fare sesso con il marito. Il matrimonio durerà per oltre cinquant’anni ciò nonostante tra i due, non ci sarà alcun rapporto fisico.
Mamma. Il 13 dicembre 1924 in una clinica privata nacque Maria. Era bellissima. Marlene la considerava solo sua («quel volgare sperma non c’entrava affatto»), il padre biologico non avrebbe avuto nessuna importanza nella sua vita. Quando Marlene Dietrich cambiò il suo anno di nascita per ringiovanirsi, cambiò anche quello della figlia per non creare contradditori.
Casa. Abitavano un confortevole appartamento, al 54 di Kaiserallee a Berlino, uno dei quartieri più eleganti della città (la madre li aiutava anche a pagare l’affitto). La sala da pranzo, con la massiccia cristalliera per porcellane e le dodici sedie a schienale alto veniva usata solo la domenica quando Marlene era in casa.
Tamara. Amica di Marlene e amante del marito. Restava spesso a casa loro. Si occupava della cena, della casa e ogni tanto della figlia.
Cucina. Marlene Dietrich sapeva cucinare bene ma amava fare solo i piatti che le piacevano (ottimi i suoi involtini di verza, la sua zuppa di crostacei, i suoi pot-au-feu, e le sue uova strapazzate)
Angelo Azzurro. Alla prima audizione per L’Angelo Azzurro si presentò davanti a von Sternberg col suo tailleur più bello, guanti di capretto bianco e di volpi argentate. Fu presa.
Costumi. A Marlene non piacevano i costumi che volevano farle indossare in Angelo Azzurro, e si volle vestire da sola (obbligò il marito ad accompagnarla «a cercare puttane» per acquistare da loro «gli accessori originali»).
Portafortuna. Marlene aveva un bambolotto nero portafortuna dal quale non si separava mai. Si chiamava Negretto o Selvaggio a seconda delle occasioni.
Paramount. Il 29 gennaio la Paramount offrì a Marlene Dietrich un contratto settennale con uno stipendio iniziale di cinquecento dollari la settimana con aumenti fino a tremilacinquecento dollari a settimana al settimo anno. La cifra le sembrava troppo bassa ma soprattutto temeva di non trovarsi a suo agio in America. Allora intervenne von Sternberg che ottenne l’aggiunta di una clausola che permetteva all’attrice di girare solo due film, poi poteva scegliere: tornare in Germania (impegnandosi a non firmare contratti con altri studios americani) o restare negli Usa (e avere un aumento di stipendio).
Prima. La sera della prima de L’Angelo Azzurro, il 31 marzo 1930, al Gloria Palast Theatre, Marlene vestiva un abito bianco di chiffon e una pelliccia d’ermellino. Subito dopo la proiezione si imbarcò sul Bremen e salpò per l’America. Arrivò a New York con due giorni di ritardo.
California. A Beverly Hills, dove Marlene arrivò il 13 aprile dopo un estenuante viaggio in treno, Jo von Sternberg aveva già organizzato tutto. Le aveva preso in affitto una graziosa casetta a Malibu con due cameriere, oltre a Resi che l’aveva accompagnata da Berlino, e le aveva aperto un conto in banca con 10.000 dollari. In più le mostrò come compilare un assegno. Il 14 aprile 1930, Marlene scriveva a suo marito: «Allego un campione da 1.000 dollari. Il mio primo assegno. Non incorniciarlo: spendilo. Così com’è non sembra neppure denaro». Si apprestava a girare Marocco con Gary Cooper.
Aiuto. Il primo giorno di riprese Jo von Sternberg le fece ripetere per 49 volte la stessa scena di Marocco. Marlene non riusciva a pronunciare correttamente l’unica battuta «I won’t need your help».
Creatura. «Io sono un prodotto, il suo prodotto; sono interamente opera sua. Mi scava la guance con le ombre, mi ingrandisce gli occhi, e io resto affascinata dal volto che appare sullo schermo e ogni giorno attendo con ansia i rushes per vedere come apparirà la sua creatura» (Marlene Dietrich su Jo von Sternberg in una lettera indirizzata a Rudi Sieber durante le riprese di Marocco).
Specchio. La Dietrich si era fatta posizionare uno specchio gigante sul set di modo che dalla coda dell’occhio potesse vedersi così come appariva nella macchina da presa di von Sternberg.
Altezza. Marlene Dietrich era alta cinque piedi e sei pollici, un metro e settantasette centimetri.
Sterile. Ovunque andasse, fosse un castello, un albergo, una casa, la cabina di una nave o di un treno, comparivano bottiglioni di alcol per sterilizzare i gabinetti «fin quando il sudiciume che gli uomini lasciano sulle assi» non era eliminato. Dopo ogni un rapporto sessuale la Dietrich era solita preparare lavande con «acqua gelata e aceto» e poi procedere con la sua «doccia intima di gomma rossa» (l’aceto era quello bianco Heinz importato dalla Germania).
Odio. Marlene Dietrich odiava nuotare, gli animali domestici, le armi da fuoco e il football.
Dieta della Dietrich: lassativi, caffè, tè, bicchieroni di acqua calda pieni di sale inglese, sigarette.
Bulimica. La Dietrich, che soffriva di bulimia, mangiava nervosamente qualunque cosa le capitava sotto mano: sottoaceti, wurstel e crauti crudi. Più tardi imparerà a infilarsi il dito in gola per provocarsi il vomito.
Star. Marlene Dietrich definiva Clodette Colbert una «commessa francese», la Bankhead «volgare e terribile», la Lombard «carina ma vuole somigliare troppo a me», Norma Shearer «un pesce morto» e la Harlow «così volgare».
Aspetto. Non era importante per la Dietrich cosa pensavano le persone purché avessero un bell’aspetto mentre lo pensavano.
Trucco e parrucco. Marlene Dietrich era solita truccarsi e pettinarsi da sola.
Capelli. Grazie alle luci di von Sternberg i capelli della Dietrich brillavano al tal punto che i giornali di gossip dichiaravano: «Ogni giorno la Dietrich macina una moneta d’oro da cinquanta dollari e ne sparge la polvere sui capelli».
Assistente. La figlia, Maria, già 7 anni, le dava una mano sul set. Vestita di un camice bianco, le portava pettine e specchio, poi la aiutava nella creazione dei costumi, delle pettinature e nella sistemazione del camerino. La madre si fidava solo nei suoi consigli.
Assicurazione. La Paramount assicurò le sue gambe per un milione di dollari.
Riscatto. Il 15 maggio del 1932 arrivò alla Dietrich una richiesta di riscatto per 10.000 dollari dall’organizzazione Lindbergh (quelli che avevano rapito e ucciso il figlio di Charles Lindbergh): volevano rapire anche Maria. La Dietrich chiamò subito il marito (che era a Berlino) mentre von Sternberg e Maurice Chevalier la sorvegliavano la piccola armati di pistola. La Paramount inviò guardie del corpo e un pastore tedesco addestrato dalla polizia ad azzannare «senza misericordia», peccato che bastava un pallone per distrarlo dal suo dovere (Maria avrà guardie del corpo fino alla fine della sua adolescenza).
Soffocante. Mercedes de Acosta. infelice della sua relazione con la Garbo, si invaghì della Dietrich e lei si lasciò coinvolgere da «questo gioco fantasioso». Quando Mercedes De Acosta, troppo innamorata, divenne soffocante e noiosa la Dietrich si dedicò ad un nuovo amante, Fred Perry, tennista talentuoso, solito baciarla tra una volée e l’altra mentre le insegnava a giocare a tennis.
Cantico. La Dietrich e von Sternberg chiusero la loro relazione e von Sternberg le consigliò di girare il Cantico dei Cantici con Mamoulian (già amante dalla Garbo).
Soldi. La Dietrich spendeva tutto ciò che guadagnava, non risparmiava né investiva un soldo.
Uova. La Dietrich pretendeva che tutti i suoi amanti l’adorassero nel suo letto fino al mattino, poi dovevano sgattaiolare fuori casa («per via della bambina»), e ripresentarsi qualche ora dopo, lavati e cambiati, per la colazione. A tutti proponeva le sue uova strapazzate e se non venivano apprezzate la relazione con l’amante di turno era a rischio: «Se uno dei sensi non funziona a dovere anche tutti gli altri sono sospetti». Maurice Chevalier, Jo von Sternberg, Brian Aherne e Fred Perry e tanti altri adoravano lei e le sue uova.
Sesso/2. La Dietrich adorava gli uomini impotenti, «sono così carini. Puoi dormire ed è così intimo». Mentre gli altri «vogliono sempre mettere dentro quel loro “coso”... non vogliono altro e se non li lasci fare subito, dicono che non li ami, si arrabbiano e se ne vanno!». Lei preferiva di gran lunga la fellatio perché le dava la possibilità di guidare il gioco. Una volta raccontò a Rudi che Maurice Chevalier era impotente perché aveva «avuto la gonorrea a 17 anni» e che Jo von Sternberg, come tutti gli ebrei «non smette mai... hanno sempre voglia di farlo, sempre! Soprattutto se sono piccoletti e hanno una passione per le cristiane alte e con gli occhi azzurri» (era solita far leggere tutta la sua corrispondenza amorosa al marito per aver un suo parere).
Quando conobbe Erich Maria Remarque a cena al Lido di Venezia, parlarono tutta notte fino quando all’alba davanti alla porta dell’Hotel Remarque confessò: «Sono impotente». La Dietrich esclamò «Oh, è magnifico», fu così che Remarque entrò a far parte della sua schiera d’amanti.
Faceva sempre l’amore al buio per via dei suoi brutti seni.
Seni. La Dietrich aveva seni orribili, penduli e flaccidi. Diede sempre la colpa all’allattamento della figlia ma la verità è che erano stati sempre brutti. I suoi costumisti crearono camicie da notte con reggiseni incorporati e quando gli abiti di scena erano troppo scollati a tirarli su ci pensavano strisce di cerotto adesive. Secondo lei oltre ai seni aveva mani e piedi poco attraenti così indossava spesso guanti e superbe calzature fatte a mano in Italia (spesso Ferragamo). Siccome odiava essere toccata si fece fare i calchi di mani e piedi così potevano cucire tutto su misura. Avrebbe voluto farsi mandare dalla Paramount anche la sua statua: «Così non devo provare neanche gli abiti».
Sudore. Marlene Dietrich odiava il caldo ma non sudava mai: «Ma perché la gente è così accaldata? Ha un’aria orribile... e rovina i vestiti!»
Brutti. «Guarda quante persone orribili ci sono al mondo! Non mi meraviglia che ci paghino tanto!»
Regali. Maurice Chevalier in segno del suo amore regalò a Marlene un anello con uno smeraldo. La più bella pietra che avesse mai ricevuto da un corteggiatore: «Gli zaffiri di von Sternberg al confronto impallidivano» e il fatto che a regalaglielo fosse «il peggior avaro persino tra i francesi» rendeva quel gioiello ancoro più prezioso.
Tirchiaggine. Quando Chevalier morì nel 1972 Marlene cominciò a bere enormi quantità di Contrexville (acqua minerale diuretica): «Lui non poteva pisciare... Ecco perché è morto! Monsieur Chevalier era così tirchio... probabilmente non voleva dar via neppure il piscio per niente!».
Doni. La Dietrich alle feste d’addio quando chiudevano la lavorazione del film era solita regalare agli uomini orologi da polso Patek Philippe con cinturini di coccodrillo neri o marroni con una dedica personale incisa sul retro e la riproduzione della sua firma. Altrimenti portasigarette e accendini d’oro, gemelli preziosi o portafogli in coccodrillo. Alle poche donne che beneficiavano del suo interesse andavano spille di Cartier tempestate di brillanti se erano donne importanti, di rubini se lo erano meno, oppure sciarpe, borse e profumi per quelle che contavano poco.
Auto. La Dietrich volle una nuova macchina, la vecchia Rolls verde l’aveva stufata così si fece personalizzare una Cadillac dal carrozziere Fisher. Le limousine ancora non esistevano e la nuova auto non entrava nei garage perché la Dietrich aveva fatto allungare il porta bagagli per via dei suoi bauli. L’interno era rivestito in panno grigio per attutire i rumori del traffico. Triplici specchi rientranti dal sedile posteriore apparivano con un semplice tocco con le luci già accese.
Diritti d’autore. Marlene Dietrich non tollerava che un fotografo potesse essere proprietario della sua immagine. Andò su tutte le furie quando Horst o Hurrel osarono venderla senza neanche pagarla mentre era normale per lei distribuire a suo piacimento senza chiedere loro nessuna autorizzazione.
Scrivania. Sulla scrivania della Dietrich c’era un posacenere di cristallo Bacarat sulla destra, un bicchiere a stelo per l’acqua (che andava riempito per tre quarti), uno stretto vassoio cinese di lacca rossa che conteneva penne Waterman e matite rosse e blu da posizionare al centro, accanto al sottomano di Hermès. Sulla sinistra una boccetta di inchiostro blu e due scatole, una con la carta da lettera azzurra con il monogramma e l’altra con le buste. Più vicino al bordo c’erano il portasigarette e l’accendino.
Moda. A Parigi Marlene assisteva solo alle sfilate (naturalmente private) di Patou, Lanvin, Molineux e Alix Grès. Niente Chanel: «La donna dal petit tailleur nero» (indosserà Chanel solo dopo gli anni 70).
Guaine. Destestava le guaine («fanno le gambe corte e il didietro da vecchia, tutto piatto»), il pizzo («le mutandine di pizzo vanno bene per i convegni cinq-à-sept e per le stelline che portano le scarpe bianche da puttana») e le sottovesti («sono fatte per donne che comprano i vestiti da quattro soldo e devono provarle nei grandi magazzini»).
Russi. «Solo i russi... soltanto loro sanno come si trattano gli artisti! Ci rispettano! Sono tutti intelligenti! Sentono con l’anima!».
Vodka. Quella volta che, in locale russo di Parigi, Maria, per imitare i genitori riempì il bicchierino da vodka d’acqua e lo bevve in un sol colpo. Marlene era entusiasta: «Fallo di nuovo, tesoro! Credono che io ti permetta di bere vodka. Mi sembra già di vedere i titoli “La Dietrich lascia che la figlia beva in night club parigino”» e rideva.
Madre. L’unica persona che la Dietrich temeva veramente era sua madre: aveva paura che la giudicasse male.
Rose. Ogni volta che la Dietrich lasciava gli omaggi floreali fuori dal camerino, Mae West (vicina di camerino) glieli rubava sostenendo che non ne avrebbe sentito la mancanza. Così la Dietrich prese a lasciar fuori solo i fiori che non le piacevano tra cui le rose rosse a stelo che erano comunque i fiori preferiti di Mae (a lei piacevano i gerani, i fiori di capo, le tuberose ma anche i mughetti, fiordalisi e lillà bianchi)
Jaray. Hans Jaray conosciuto ad un concerto divenne il suo amante viennese.
Ignorare. Quando Marlene era contrariata con la figlia non urlava mai, si limitava a toglierle la parola e fingere che non ci fosse.
Film. Tornò in America per girare l’Imperatrice Caterina dove Maria impersonò la madre da bambina.
Case. La terza casa della Dietrich in America era a Bel Air, una casa anni Trenta conosciuta come Collen Moore House. Tegole di terracotta, piastrelle di ceramica, ferro battute e bougainville ovunque. Il soggiorno era rosso sangue con candelieri alti due metri lungo le pareti. La casa era invasa da orologi a pendolo che battevano i minuti, le mezz’ore e le ore (Marlene li fece tacere immediatamente). C’era una veranda, un cinema in miniatura, un prato, un roseto e una piscina olimpionica.
Heminguay. Conobbbe Heminguay nel ristorante del SS Ile de France. Era vestita di raso bianco e carica di diamanti quando si accorse che sarebbe stata la tredicesima commensale e rifiutò di sedere. Allora un giovane Heminguay benvestito la rassicurò: «Non si preoccupi sarò io il quattordicesimo Miss Dietrich». Diventarono presto molto amici, lei lo chiamava «Papà» e lui «Crauto» oppure «figlia». Ma secondo Maria Riva non furono mai amanti.
Nazionalità. Quando Jo von Sternberg dichiarò che Capriccio Spagnolo sarebbe stato il suo ultimo film sui quotidiani tedeschi apparve un editoriale, voluto da Goebbels, nel quale si diceva che finalmente la Dietrich avrebbe lasciato il regista ebreo lo stesso che l’aveva relegata a ruoli di prostituta o di donna perduta. Ora sarebbe dovuta tornare in patria per assumere il suo ruolo di guida dell’industria cinematografica del terzo Reich. In risposta la Dietrich decise di diventare americana. Ottenne la cittadinanza nel giugno del 1939.
Cucina. Adorava cucinare crostacei. Una volta li fece in brodo di Champagne. Ronald Colman, allora suo amante, ne era disgustato ma trangugiò tutto il piatto senza proferire parola.
Magazine. La Dietrich faceva a studiare a Travis Banton, il suo costumista, i magazine di moda (Vogue, Vanity...) per non riprodurre quello che pubblicavano.
Gilbert. La Dietrich iniziò a frequentare John Gilbert. Lei voleva salvarlo dall’alcolismo lui voleva solo fare l’amore. Lo mandò dal dottore di Pasadena a fare le iniezioni euforizzanti per combattere la sua depressione e preparava brodi ristretti. Il 9 gennaio 1936, Marlene si svegliò sentendo il respiro dell’amante agonizzante, chiamò il dottore, fece sparire ogni traccia dell’attore e lo mandò a morire solo in casa sua. Lei era l’immagine della maternità e una donna sposata non poteva farsi trovare con un amante morto nel letto: «Mi hanno lasciata sola, prima Jo, e adesso anche Jack». Dopo la morte si prese cura della figlia di lui.
Colori. Il Giardino e l’oblio, primo film a colori della Dietrich, fu un flop. Lei lo detestava.
Cooper. Ebbe una relazione con Gary Cooper («per dessert mangiava solo gelato, come i bambini»).
Londra. A Londra per la Contessa Alessandra conobbe il duca e la duchessa di Kent e Eduardo VIII. Poi spedì la figlia in collegio in svizzera per imparare il francese. Anche la Dietrich voleva raccontare ai suoi nuovi amici aristocratici che la sua adorata figlia riceveva un’educazione adeguata al suo cognome. Ma le mancava così tanto che la chiamava in continuazione persino durante in compiti in classe. Marlene si trasferì al 20 di Grosvernor Square, in un appartamento che non era niente di che ma era allo stesso indirizzo del suo amante londinese.
Disastri. Di ritorno da Londra Marlene tornò con la Paramount e girò Angelo che però fu un flop. Così il 30 maggio 1937 l’associazione americana dei proprietari indipendenti del cinema su tutti i periodici specializzati: «Le Seguenti dive sono un disastro per gli incassi: Joan Crawford, Bette Davis, Marlene Dietrich, Greta Garbo, Katherine Hepburn». E la Paramount abbandonò i progetti con la Dietrich e lei si trasferì a Parigi all’Hotel Lancaster, dove abitò per quasi tre anni. Il Lancaster funzionava come un castello privato, lampadari Baccarat, sedie di baroccato, mobili e oggetti antichi e in più c’era una protezione della privacy ineguagliabile: nessun giornalista è mai riuscito a metterci piede.
Kennedy. Andavano in vacanza a Cap d’Antibes. Lì Marlene e sua figlia strinsero amicizia con i Kennedy.
Fisco. La Dietrich fu indagata per evasione di tasse dei guadagni inglesi (la Contessa Alessandra) per una totale di 300mila dollari. Il marito che si occupava dei suoi conti andò in America per risolvere la questione ma quando stava tornando in Europa pensando di aver sistemato tutto lo arrestarono e sequestrarono anche i bauli della Dietrich. Marlene chiamò Roosevelt e Joe Kennedy che però non poterono niente allora si rassegnò, prese i suoi smeraldi e li consegnò agli agenti in cambio di suo marito e dei suoi bauli.
Amanti. Scoppiò la guerra e tornarono tutti in America dove la Dietrich avrebbe girato un film di George Marshall.
Marlene amoreggiava con tutti ma non riuscì a conquistare John Wayne.
Jean Gabin. Si innamorò di Jean Gabin ma lui presto per gelosia la lasciò. Lei disperata perché convinta di essere incinta riuscì a riprendersi Gabin che restò con lei anche quando scoprì che non aspettavano un bambino.
Oroscopo. Carroll Righter, astrologo, costretto a fare ogni giorno il suo oroscopo e quello di tutti gli amanti (potenziali e in carica), di tutta la famiglia e dei colleghi e dei servitori. Doveva poi dirle i giorni migliori per firmare contratti o per viaggiare. Tutto questo perché un giorno predì un incidente alla Dietrich e lei si fratturò una caviglia (non seguiva i suoi consigli ma se qualcosa andava storto era colpa sua).
Genero. Quando Maria si sposò, la madre, contraria al matrimonio, come regalo di nozze le fece una doccia intima: «Fai almeno in modo di non restare incinta». Dopo il matrimonio, lei, infelice e sempre ubriaca chiese alla madre di tornare a casa. La Dietrich la accolse e se ne fece un vanto per tutta la vita.
Guerra. Durante la guerra alla Dietrich diede, oltre mare, spettacoli per truppe. Era sempre stato un suo sogno: «Non sono mai stata così felice come nell’Esercito». Riuscì anche ad andare ad Algeri dove Gabin era di base per un abbraccio. Tornò in America qualche giorno dopo lo sbarco in Normandia. Ma in settembre ripartì con una nuova troupe. Andò al fronte con il Generale Patton di cui si innamorò. Faceva spettacoli li dove combattevano i suoi uomini ma, a suo dire, quando era nelle Ardenne qualcuno capì che la Dietrich era in pericolo e venne salvata dal Generale Gavin che si lanciò con il paracadute per poi afferrarla e portala a Parigi su di una jeep. Poi ritornò al fronte e con il generale Bradley raggiunse Berlino dove tenne alcuni spettacoli per poi tornare i America. Al suo rientro scoprì di non aver più un centesimo. Era stata così tanto tempo in guerra senza incassare denari che era al verde. Andò a vivere con Rudi, Tamara e Maria.
Diaframmi. La figlia, Maria, ex alcolista, aveva ricominciato a lavoricchiare a Broadway. Viveva con suo padre e Tamara. Anche a lei fu proposto di partire con le truppe così andò in Italia dopo che la madre la costrinse a portare con sé una dozzina di diaframmi: «Come puoi pensare di andare oltre mare a far divertire i soldati senza questa roba?»
Gavin. A guerra finita (settembre del ’45) Marlene raggiunse Jean Gabin a Parigi. Continuò per qualche tempo a fare spettacoli per truppe americane. Il 6 novembre mori sua madre e lei andò a Berlino a farsi consolare dal generale Jimmy Gavin, detto Abelardo. Iniziò una storia d’amore a distanza. Lui la chiamava tutte le sere e le mandava lettere perché ora si trovava a Reims, ora in un altro posto. Jimmy Gavin era un generale americano dell’82esima armata Nel ’46 aveva 39 anni (6 meno della Dietrich). Era sposato ma intendeva divorziare e aveva una figlia allora dodicenne che abitava Washington. Aveva combattuto in Sicilia, nello sbarco di Anzio, in Normandia e in Olanda.
Regali/2. Jean Gabin regalò alla Dietrich 2 acquerelli di Cézanne e uno di Dégas.
Piaf. Marlene Dietrich si infatuò di Edith Piaf, girò Turbine d’amore come Gabin («un film orribile» secondo la figlia) e quando la Paramount le offri 100mila dollari per interpretare una zingara si precipitò negli Stati Uniti lasciando per sempre Gabin.
Hi-fi. Amoreggiò con un attore debuttante, sposato, che sparì il giorno in cui la Dietrich gli regalò l’Hi-fi moderno che desiderava tanto.
Matrimonio. Il 4 luglio del 1947 la figlia Maria si sposò con William Riva, detto Bill, insegnante di scenografia alla Fordham University di New York. Non informò la madre ma lo disse ad Aherne e a Remarque.
Cavaliere. In uno dei suoi viaggi a New York si innamorò di un bel uomo detto il «cavaliere». Era sposato, generoso e paziente.
Medaglia. Le fu consegnata la Medaglia per la libertà, un’onorificenza alla quale la Dietrich teneva in particolar modo (riceverà anche la Legione d’Onore da De Gaulle).
Nonna. Quando nacque John Michael Riva, Life dedicò la copertina alla «nonna più affascinante del mondo». (Avrà 4 nipoti ai quali però non darà molto amore)
Anni 40-50. Trascorse la fine degli quaranta e l’inizio dei 50 tra New York, Londra, Parigi e Hollywood. Interpretò Paura in palcoscenico, Il viaggio indimenticabile, Rancho Notorious, Montecarlo, Il giro del mondo in ottanta giorni, Testimone d’accusa (Witness for the Prosecution, 1957). Faceva l’amore con il «Cavaliere», Jimmy Gavin, Michael Wilding, Yul Brinner e altri tre o quattro di cui non rivelò i nomi.
Yul Brinner. Marlene Dietrich era perdutamente innamorata di Yul Brinner. La loro era una relazione segreta, lui era sposato ed aveva un figlio, Rocky. Comunicavano attraverso il costumista di Yul, Don, e si mandavano messaggi usando i nomignoli «Curly» (riccio) per lui e «Crowd» (folla) per lei.
Libri e Concerti. Nel 1953 cantò a Las Vegas. Il Sahara un night club le offrì 30.000 dollari la settimana per tre settimane (replicò l’anno successivo). Il Lady’s home journal le diede invece 20mila dollari per un articolo dal titolo: «Come farsi amare» e firmò un contratto con la Doubleday per la stesura di un libro sulla bellezza. (Il suo amante di Las Vegas era Harold Arlen)
Autobiografia. Nel corso della sua vita venderà tre volte la sua autobiografia mai scritta.
Gambe. Nel 1954 Marlene Dietrich avvertì un forte dolore alle gambe ma non volle farsi visitare così per anni ingurgitò medicinali per farsi passare il dolore. Aveva grossi problemi di circolazione agli arti inferiori (sopratutto gamba sinistra). Alle pastiglie preferiva le iniezioni meglio ancora se le medicine le entrassero nel suo «corpo dal retto» (era convinta che lo stomaco non «era in grado di distinguere tra il cibo e i medicinali e non aveva di certo l’intelligenza per sapere dove inviarli»). Aveva ribattezzato le supposte ipnotiche che usava per dormire Fernando Lamas («come l’attore più noioso di Hollywood»).
Relazioni. Nel 1955 ebbe relazioni con Adlai Stevenson, il commediografo William Saroyan, Edward R. Murrow, Frank Sinatra ma tutti dovevano ritirarsi all’ora della telefonata trisettimanale di Yul Brinner.
Sesso. «Marlene Dietrich è il sesso senza genere» (Kenneth Tynan)
Galline. Il marito di Marlene che si era ritirato in una fattoria in California e aveva messo su una produzione di uova. Aveva 4000 galline per 2100 uova al giorno. La Dietrich non andrà al suo funerale per «timore dei fotografi».
Cancro. Nel 1965 diagnosticarono alla Dietrich un cancro alla cervice ma la figlia sapeva che non avrebbe accettato un’isterectomia così, in accordo con il suo dottore, le fecero la radio terapia che la guarì.
Alcol. Dopo il primo ciclo di Radio andò a Johannesbourd Sudafrica e poi in Australia. Ormai calcava le scene di tutti i teatri. Cantava il suo repertorio e veniva venerata dal pubblico anche quando le sue performance non erano delle migliori. Ma era alcolista. Beveva e abusava di medicinali.
Tv. La figlia ormai lavorava in televisione e le venne in mente di far fare a sua madre un One men show. La Dietrich per i soldi accettò. La figlia si preoccupò di farla alloggiare al Savoy a Londra e poi istruì tutto il personale dell’albergo ad accogliere la Dietrich, incollò i tappeti con lo scotch perché non potesse inciamparvi. Quand’era ubriaca non faceva che cadere, una volta si ferì e la dovettero operare (bypass all’arto destro femorale nel 1974), l’altra si ruppe l’anca (Parigi), poi il femore (Australia).
Vecchietta. Recensione di Mike Gibson Daily Telegraph 25/9/1975: «Una vecchietta cerca coraggiosamente di recitare la pare di una ex diva del cinema chiamata Marlene Dietrich. Si muoveva barcollando sul palcoscenico dell’Her Majesty’s theatre. Quando dico coraggiosamente parlo sul serio. Senza minimo dubbio il suo spettacolo è il concerto più coraggioso, più triste e dolceamaro cui io abbia mai assistito (…) Quando finisce, l’entusiasmo dei suoi fan è immenso. (…) Adesso potete capire perché la vecchietta continua a cantare. Non può essere soltanto per i soldi. Non si impegnerebbe tanto.
Arriviamo a casa e la baby sitter sta guardando Shanghai Express su canale 9 “Non era meravigliosa?” dice la baby sitter. “Sì, lo era” rispondo». Qualche sera dopo si ruppe il femore e dovette finirla con le tournée.
Camera dal letto. Si trasferì definitivamente nel suo appartamento Parigino. Per esattezza viveva solo nel suo letto. Nella parte sinistra dormiva mentre a destra aveva attrezzato un ufficio (buste, diari, kleenex, elastici, francobolli, bilancia postale...). Si era fatta comprare una lunga asta a pinze per prendere i medicinali riposti sullo scaffale, poi sui tavolini bassi posti lungo il letto c’era penne, matite, forbici, piatti, posate, Thermos, tegami, pentolini, un fornello e spazzolini a denti, in basso la scorta di liquori accuratamente travasa in bottiglie di acqua minerale dai suoi camerieri e poi due bidoni dell’immondizia coperti dove versava l’urina che aveva raccolto in una caraffa di Limoges. Affianco ai due bidoni c’era una grande casseruola che era appartenuta a Rudi Sieber che serviva per gli escrementi. Tutto puzzava e lei non voleva farsi fare il bagno.
Spese. Anche se non usciva di casa la Dietrich spendeva cifre astronomiche per le bollette telefoniche e servitori. Per pagare i conti la figlia decise di farle fare un documentario sulla sua vita. “Marlene” di Maximilian Schell. Era così ubriaca che non riuscì a fare neanche la voce narrante. Farneticava o parlava in tedesco quando doveva fare la parte in inglese così alla fine Schell si dovette ingegnare moltissimo per riuscire a terminare il prodotto.
Muro della morte. Via via che amanti e amici morivano la Dietrich faceva incorniciare una loro foto che poi faceva appendere alla parete.
Aids. Era affascinata dell’Aids e dato che la maggior parte delle lettere suoi ammiratori erano di omosessuali si mise in testa che avrebbe potuto contagiarsi aprendole.
Gambe atrofizzate, capelli color rosa tintura di iodio, tagliati a casaccio con le forbici per le cuticole, denti anneriti e incrinati, pelle incartapecorita e occhio sinistro velato dalla cataratta: così morì Marlene Dietrich il 6 maggio del 1992. Aveva 90 anni.
La bara, prima avvolta nella bandiera francese poi in quella americana fu trasportata a Shöneberg dove fu seppellita non lontano da sua madre. Marlene Dietrich riposa sotto i gigli, con accanto a sé una piccola borsa di camoscio con dentro i suoi amuleti.
 Notizie tratte da Maria Riva: Marlene Dietrich. Mia madre Frassinelli 2007, pp. 803, 19 euro.