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 2015  luglio 23 Giovedì calendario

Due ergastoli per la strage di Brescia del 1974 • Arrestati due uomini che preparavano attentati • Un quindicenne uccide il compagno di sua madre • È morto lo scrittore E.L.Doctorow


Brescia Dopo tre inchieste e dodici processi sono stati condannati all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, ritenuti responsabili dalla Corte d’assise d’appello della strage di piazza della Loggia a Brescia (otto morti, cento feriti) avvenuta il 28 maggio 1974. La condanna all’ergastolo arriva dopo tre inchieste e dodici processi: Maggi e Tramonte, entrambi appartenenti a Ordine Nuovo erano usciti assolti in primo e secondo grado, poi la Cassazione aveva annullato la sentenza chiedendo che venissero riletti in maniera più unitaria tutti gli indizi raccolti dalla procura di Brescia. Secondo la sentenza Carlo Maria Maggi, oggi ottantenne medico veneziano, invalido al 100%, fu l’ispiratore e il mandante di quella strage; e che Maurizio Tramonte, estremista bresciano di secondo piano, partecipò alla riunioni preparatorie dell’attentato (quella decisiva fu ad Abano Terme) e ne fu consapevole. Tramonte era anche confidente dei servizi segreti (nome in codice: fonte Tritone) e aveva informato i suoi interlocutori che Ordine Nuovo stava preparando attentati nel Nord Italia proprio nel maggio del ’74. Maggi e Tramonte sono i due imputati «superstiti» di un gruppo iniziale che vedeva alla sbarra anche l’ordinovista Delfo Zorzi (già assolto dalla Cassazione, oggi vive in Giappone), Pino Rauti (assolto e poi deceduto) e l’ex generale dei carabinieri Francesco Delfino (assolto e poi morto anche lui). Due i punti che hanno portato alla condanna: le confessioni del pentito Carlo Digilio, anch’egli estremista neofascista, che colpito da una gravissima malattia prima di morire riempì pagine di verbali raccontando tutti i retroscena della strage di piazza della Loggia e indicandone gli ideatori. L’altro elemento chiave sono le “veline” ritrovate a metà anni 90 in un archivio dei servizi segreti a Padova: erano i racconti della «fonte Tritone» che spifferava alle forze dell’ordine gli imminenti attentati. Ma quelle confidenze non furono mai prese in considerazione.

Terrorismo Gli agenti della Digos hanno arrestato a Manerbio, in provincia di Brescia, Lassaad Briki, 35 anni, tunisino, e Muhammad Waqas, 26, pakistano. L’accusa: associazione con finalità di terrorismo internazionale. Volevano colpire più obiettivi in Italia, in particolare la base Nato di Ghedi, e istigare pubblicamente alla violenza. Quattro mesi fa Briki ha diffuso su Twitter, con l’account «Islamic State in Rome», foto in cui si vedevano in primo piano dei bigliettini con scritte inneggianti all’Isis o di minaccia all’Italia («Siamo nelle vostre strade, presto agiremo coi coltelli») e sullo sfondo c’erano luoghi simbolo di Milano: dal Duomo alla Stazione centrale, un McDonald’s e alcuni scorci di corso Vittorio Emanuele con le bandiere di Expo. I due sono immigrati regolari: Briki è un inserviente in una ditta di pulizie, l’altro distribuisce pasti per una ditta aziendale. Sorvegliati silenziosamente, i due si sono rivelati «avidi consumatori di materiale jihadista», tra riferimenti all’Isis e il desiderio di fare un gesto eclatante. Studiavano un manuale scaricato facilmente dalla rete, intitolato «Come sopravvivere in occidente», una specie di vademecum per il jihadista in trasferta che insegna, tra le altre cose, a fabbricare ordigni artigianali e a passare inosservati tra gli «infedeli».

Delitto M. B., 45 anni. Qualche lavoretto nell’edilizia o come ambulante, viveva insieme alla compagna, addetta in un’impresa di pulizie e separata dal marito, e il di lei figlio, studente di 15 anni, nato dal precedente matrimonio. Dopo uno sfratto risalente a sei anni fa, avevano ottenuto dal Comune di stare in una ex casa cantoniera in cambio di un affitto modesto. Dicono tutti che i tre conducessero una vita non agiata, ma dignitosa, senza problemi da segnalare ai servizi sociali. Ieri mattina il ragazzo e l’uomo iniziarono una discussione che si trasformò in litigata. Tutto finì quando il quindicenne prese il primo coltello che gli capitò tra le mani e, davanti agli occhi della madre, con quello colpì l’uomo al petto, dritto al cuore. Poco dopo l’ora di pranzo, nella cucina di un’ex casa cantoniera silla via Aurelia, a Carrodano, in alta Val di Vara, provincia di La Spezia.

Doctorow È morto a 84 anni per un cancro al polmone lo scrittore statunitense Edgard Lawrence Doctorow. Ebreo del Bronx proletario, figlio d’una pianista classica e di un rappresentante, è autore di dodici romanzi, saggi letterari, testi per il teatro, sceneggiature per il cinema. Aveva cominciato come lettore di sceneggiature, poi come editor (con autori diversissimi: Ian Fleming, Norman Mailer, James Baldwin, William Kennedy). Aveva iniziato trentenne a pubblicare romanzi. All’esordio due libri non memorabili (il western di Destino di fuoco e la fantascienza di Big as Life) ma già al terzo tentativo (nel 1971) un classico della letteratura americana: Il libro di Daniele. Poi un altro classico: Rag-time. Tra gli altri titoli: La fiera mondiale, L’acquedotto di New York, La coscienza di Andrew.

(a cura di Daria Egidi)