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 2015  luglio 23 Giovedì calendario

Ts 1989. Taylor Swift, non Tienanmen Square. La cantante americana ha scelto questo logo, ossia le sue iniziali con il suo anno di nascita, per lanciare la sua linea di moda in Cina e il suo tour che approderà a Shanghai a novembre. Ma a Pechino la cosa non piace affatto perché riporta la memoria ai fatti che devastarono la città e un’intera generazione di studenti la notte tra il 3 e il 4 giugno di 26 anni fa. E tutta a chiedersi: «Ma l’avrà fatto apposta?»

«Ma l’avrà fatto apposta?», si chiedono gli utenti sui social network più frequentati della Repubblica Popolare, piattaforme come Weibo – il Twitter d’Oriente – o WeiXin, il locale WhatsApp. Per ora i censori stanno a guardare: si può immaginare che ritengano la cantante all’oscuro del significato della sua nuova linea di vestiti, in procinto di essere lanciata nel Celeste Impero. Un logo che accompagna l’omonimo tour con concerto a Shanghai fissato per novembre.
«Ts 1989»: è questo il marchio della poliedrica artista venticinquenne, autrice di successi come Unplugged, capace di vendere milioni di dischi, guadagnare in proporzione e rimanere ai piani alti delle classifiche quasi ovunque nel mondo. Ts, come Taylor Swift, e 1989 come l’anno di nascita della cantautrice americana. Una sigla che, oltre al nuovo Cd, viene stampata su T-Shirt, felpe e vestiti che saranno distribuiti sulle piattaforme di e-commerce del gigante cinese Alibaba e di JD.com. Dunque? È bastato poco ai navigatori più scafati per notare come «Ts» possa anche stare per Tienanmen Square, ovvero piazza Tienanmen. E 1989, naturalmente, può essere a questo punto interpretato come l’anno della rivolta repressa nel sangue. Un evento tabù in Cina, tanto che qualunque riferimento, anche il più obliquo, ai fatti che devastarono Pechino (e un’intera generazione di studenti) la notte tra il 3 e il 4 giugno di 26 anni fa, è istantaneamente cancellato da qualunque motore di ricerca domestico. Come riferisce il quotidiano britannico Guardian, basta digitare le cifre che compongono l’anno delle manifestazioni in nome della democrazia per ritrovarsi di fronte a una pagina bianca: «Il contenuto che state cercando è proibito dalle leggi della Repubblica Popolare Cinese».
Taylor Swift compare in persona in un video distribuito dalla Heritage66Company su Weibo, società che cura i suoi interessi commerciali in Cina. «Ni ha o, salve – dice Taylor con il suo sorriso acqua e sapone – andate a dare un’occhiata ai miei nuovi prodotti, ora in vendita anche in Cina». Se la moda (perdonateci il bisticcio di parole) di abbinare moda e musica non è una novità (pensate solo a Madonna, Beyoncé o Avril Lavigne), è anche vero che qualunque cosa tocchi Taylor Swift si trasforma in oro. Peccato che questa volta l’abitudine al successo abbia forse oscurato le implicazioni, in un Paese diverso dal suo, di riferimenti in apparenza innocui e personali.
Cambierà il nome della linea di moda? Non che gli artisti non debbano occuparsi di diritti umani o lanciare campagne per la democrazia, ci mancherebbe. Ma l’ingrediente minimo è che ne siano almeno consapevoli.