Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 22 Mercoledì calendario

Populismo, la parolina magica usata dalle élites culturali e giornalistiche (o sedicenti tali) per squalificare qualunque movimento o partito non omologato all’establishment delle classi dirigenti: dai girotondi a Di Pietro & C., dalla Lega al berlusconismo (ma solo quando stanno fuori dai giochi), dalla sinistra radicale ai 5 Stelle. È curioso però che nessuno abbia mai pensato di associare il renzismo al populismo

Che cos’è il populismo? Il vocabolo deriva dal movimento socialisteggiante nato in Russia a fine ‘800 per il riscatto delle masse rurali contro la società industriale d’Occidente. Ma fu poi usata per definire il peronismo argentino di metà ‘900. E, nell’Italia di oggi, la parolina magica usata dalle élites culturali e giornalistiche (o sedicenti tali) per squalificare qualunque movimento o partito non omologato all’establishment delle classi dirigenti: dai girotondi a Di Pietro & C., dalla Lega al berlusconismo (ma solo quando stanno fuori dai giochi), dalla sinistra radicale ai 5Stelle. Tant’è che il Dizionario Garzanti definisce così il populismo nella sua accezione spregiativa: “Atteggiamento politico demagogico che ha come unico scopo quello di accattivarsi il favore della gente”. Pare il ritratto sputato del renzismo, che però nessuno curiosamente ha mai pensato di associare al populismo. E dire che le occasioni non mancherebbero. L’ultima è la “rivoluzione copernicana” dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Ieri, sul Tempo, è uscito uno strepitoso articolo di Daniele Di Mario che ha collezionato tutte le dichiarazioni dei renziani del 2013, quando l’allora premier Enrico Letta, per ricambiare Berlusconi e il Pdl del loro appoggio al suo governo di larghe intese, cancellò per un anno la tassa sulla casa che B. aveva abolito, poi Monti aveva reintrodotto con i voti di B. e del Pd, poi B. aveva promesso di riabrogare e addirittura restituire. E così gettò dalla finestra 4 miliardi e rotti di euro che si sarebbero potuti destinare a una miriade di scopi più utili e proficui, salvo poi ripristinare il balzello immobiliare con un altro nome (“Tasi”: dal veneto, “taci sennò la gente se ne accorge”).
Al tempo di Letta, Renzi e i suoi amavano l’Imu con la stessa passione con cui oggi la detestano: ma non perchè abbiano cambiato idea (essi non hanno idee), bensì perchè qualunque cosa facesse Letta era sbagliata, mentre ora qualunque cosa faccia Renzi è giusta, anche se è uguale a quella che faceva Letta. Ecco a voi Renzi prima della cura: “Per creare lavoro dobbiamo dare una visione per i prossimi 20 anni. Il problema non è l’Imu” (20.5.2013), “Parliamo di emergenza abitativa e di sfratti. Basta parlare di Imu” (11.11.2013). E tutti i suoi palafrenieri a pappagallo. Tipo Francesco Nicodemo: “Vabbuò Napolitano, tutto sto discorso e non dici che l’abolizione dell’Imu è una vaccata?”, “Povertà, disperazione e disoccupazione, e noi parliamo di Imu. Andatevene a fanculo” (20.5.2013).
Segue a ruota Debora Serracchiani, in grande spolvero: “L’Imu non è la priorità, il tema dei temi è la rivisitazione del patto di stabilità per rimettere in circolo risorse e rilanciare l’economia” (13.8.2013), “Far pagare l’Imu sulla prima casa a chi se la può permettere e con quelle risorse diamo respiro ai redditi più bassi” (8.11.2013). Ma pure Andrea Marcucci: “Mi auguro che il Pd nei prossimi mesi riesca a far approvare dal governo anche qualche sua proposta” (28.8.2013). E Dario Nardella, allora? “Sbagliato fare dell’Imu la madre di tutte le battaglie. Ci vuole una riforma complessiva del fisco, prima liberiamo il lavoro” (5.5.2013), “Tutta questa euforia sull’abolizione dell’Imu mi pare esagerata. Prima capiamo bene a quale prezzo la togliamo” (30.8.2013). Poteva mancare Anna Finocchiaro? No che non poteva: “Certo che si possono ridurre le tasse. Ma l’Imu, dopo aver cancellato in modo demagogico l’Ici, serve anche ai Comuni” (18.1.2013). E Andrea Romano, ancora nella fase montiana precedente alla reincarnazione renziana: “Decreto Imu da rivedere: la cambiale elettorale rischia di essere pagata da tutti” (11.11.2013).
Ora però è d’uopo solidarizzare con un ex giovane e brillante economista, l’ex civatiano Filippo Taddei, ora consigliere economico del premier costretto a fare il giro delle sette tv a giustificare le giravolte del Capo. Lui, due anni fa sull’Imu, non twittava. Lui argomentava, con tanto di pallottoliere in mano e un’intera biblioteca alle spalle: “Abbiamo perso un anno a parlare di Imu, non possiamo permettercelo… L’importo medio dell’imposta sulla casa era di 250 euro l’anno, parliamo di 20 euro al mese, senza dimenticare che le fasce più deboli erano già esentate… Tagliare le tasse? Non possiamo nasconderci dietro a un dito. Le tasse seguono la spesa pubblica. Se vogliamo tagliarle dobbiamo iniziare da qui. Secondo Eurostat, nel 2010 la spesa per gli organi esecutivi, legislativi e affari esteri è in Italia di 1% di Pil più alta della Gran Bretagna, dello 0,7% più alta della Germania e dello 0,8% maggiore che in Spagna. Parliamo di 16 miliardi e non si capisce il motivo. Dobbiamo tagliare” (la Repubblica, 10.12.2013). E ancora: “La prima cosa da fare è reintrodurre l’Imu sulla prima casa, che è una patrimoniale, e usare le risorse per abbassare le tasse sul lavoro” (Il Fatto, 11.12.2013). Di più:”In una crisi epocale, abbiamo discusso per un anno di tagliare una tassa che costava 5 miliardi e in media 250 euro a famiglia, all’estero mi guardano come un marziano quando lo racconto. Bisogna tassare ciò che è immobile per favorire ciò che è mobile” (Espresso, 16.12.2013). Ora Taddei deve star dietro al Mobilissimo Matteo, che chiama “rivoluzione copernicana” ciò che due anni fa era per lui e i suoi un errore blu, un non-problema, una non-priorità, una vaccata, demagogia, roba da marziani e da vaffanculo. Renzi è mobile. E Taddei si sente tanto mobiliere.