22 luglio 2015
La Corte dei diritti umani condanna l’Italia che non riconosce i diritti dei gay • Si teme che i quattro rapiti in Libia siano in mano agli scafisti • Confessano gli assassini del diciassettenne Ismaele Lulli • Dui suicidi a Regina Coeli in meno di 48 ore • Numeri sui suicidi in carcere • Storia di due bambine scambiate in culla • Il virus dell’Aids regredisce in una ragazza francese • I bambini italiani sono sovrappeso e non fanno sport • Incidenti stradali causati dal telefonino
Gay All’unanimità la Corte europea di Strasburgo per i diritti umani ha condannato l’Italia perché non prevede nessuna forma di riconoscimento delle unioni gay. I magistrati rilevano infatti che la «mancanza di una norma che riconosca e protegga le loro relazioni» viola il «diritto al rispetto della propria vita privata e familiare» sancito dagli articoli 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti umani. La Corte ha chiesto al legislatore italiano di provvedere a colmare il vuoto normativo che lascia le coppie della stesso sesso senza adeguata protezione giuridica. Le parole della Corte europea (che è un organo indipendente dalla Ue) si sommano a quelle della Consulta italiana che già nel 2010 aveva sollecitato il parlamento ad approvare con urgenza una norma sulle unioni gay. I giudici della Corte europea (le cui decisioni sono vincolanti per la legge italiana) parlano di «vita familiare» e «famiglie» gay ed escludono che le unioni gay possano essere tutelate attraverso i registri comunali, contratti privati (per esempio dal notaio) o il riconoscimento di diritti individuali. Gli elenchi istituiti a livello municipale, infatti, non hanno effetti sullo «stato civile» e «in nessun modo conferiscono diritti alle coppie gay», mentre gli strumenti di diritto privato «falliscono nel rispondere a bisogni basilari che sono fondamentali per regolare i rapporti di una coppia in una relazione stabile e responsabile, come per esempio, tra gli altri, i diritti e gli obblighi reciproci come il sostegno morale e materiale, l’obbligo di mantenimento e i diritti ereditari». [Sull’argomento leggi anche il Fatto del giorno]
Rapiti Per i quattro italiani rapiti in Libia, si ipotizza che siano stati presi da una banda di scafisti. Infatti l’area sul Mediterraneo dove i dipendenti della Bonatti (Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla) sono stati catturati è controllata dagli scafisti. Il rischio è che ora chiedano un riscatto molto alto. Al momento non c’è stato alcun tipo di rivendicazione e questo fa ben sperare: il tempo trascorso dalla cattura è comunque troppo breve, gli esperti sono concordi nel sottolineare che per avere un quadro più preciso bisognerà attendere almeno altre 48 ore.
Lulli Per l’omicidio del diciassettenne Ismaele Lulli (vedi Fior da Fiore di ieri) hanno confessato Igli Meta e Mario Nema, albanesi di 19 e 20 anni che vivevano a Urbania (Pesaro), vicino al paese della vittima. Dopo otto ore di interrogatorio hanno ammesso di aver ammazzato per gelosia: Ismaele, che era loro amico, avrebbe fatto delle avance alla fidanzata di Igli, Ambra, una macedone che studia arte a Urbino. Perciò l’hanno legato, messo in auto e portato davanti una chiesetta con dei cipressi in cerchio e una croce di ferro al centro. Lì lo hanno sgozzato.
Suicidi Dopo il presunto killer del gioielliere romano Giancarlo Nocchia, a togliersi la vita l’altra sera nel carcere di Regina Coeli è stato il presunto assassino del truccatore dei vip Mario Pegoretti. Italiano il primo, Ludovico Caiazza, 32enne di origini napoletane, si è impiccato con un lenzuolo nella sua cella poche ore dopo l’arresto. Stessa cosa ha fatto il secondo, il romeno Theodor Eduard Brehuescu, 18 anni, che in carcere era finito ad aprile per una lite costata la vita a un truccatore massacrato di botte (bottino di 50 euro e un orologio del valore di appena 150). I due suicidi sono stati trovati dallo stesso agente (Pitoni, Sta).
Carceri Negli ultimi 15 anni in carcere ci sono stati 869 suicidi, di cui 44 nel 2014 e 24 dall’inizio del 2015. Quelli che hanno provato a uccidersi dal 1990 a oggi sono stati 20.164. Gli italiani si uccidono più degli stranieri. Il 31% dei suicidi è costituito da tossicodipendenti, che si tolgono più spesso la vita in prossimità della scarcerazione. Invece tra i detenuti per omicidio, i suicidi avvengono più frequentemente nei primi giorni di detenzione. Circa un terzo dei suicidi in carcere ha un’età compresa tra 20 e 30 anni, più di un quarto tra 30 e 40 (Polchi, Rep).
Cintura L’avvocato di Massimo Bossetti dice che il suo assistito in cercere ha preso una cintura e accennato un gesto di autolesionismo, bloccato sul nascere dalla polizia penitenziaria.
Culle La storia di Lorena e Antonella, nate a pochi minuti l’una dall’altra nell’ospedale di Canosa di Puglia il 22 giugno del 1989 e scambiate in culla. Antonella è finita in una famiglia indigente: la mamma non la chiamava mai per nome ma solo con parolacce, doveva procurare il cibo per la famiglia ed era anche costretta ad occuparsi della sorella più piccola. Poi condivideva il letto col fratellino che di notte urinava tra le lenzuola. Alla fine degli anni Novanta il capofamiglia lasciò la casa per risposarsi, e così fece la moglie. I bambini furono affidati ai servizi sociali e Antonella adottata. Lorena fu più fortunata, ma ebbe lo stesso problemi con la sua famiglia non naturale: «Ha sempre avuto comportamenti strani che mal si conciliavano con realtà familiare in cui viveva, non voleva andare a scuola». Compiuti 18 anni è andata a vivere con il fidanzato e poco dopo l’ha sposato. Lorena ha notato che tra i suoi amici di Facebook c’era un ragazzo che le assomigliava tantissimo e di questa cosa parlò al padre non naturale. Questi fece le sue ricerche e scoprì che quel ragazzino aveva una sorella più grande e della stessa età di Lorena; vivevano tutti a Foggia. Andò a incontrare quella ragazza, la convinse a sottoporsi all’esame del Dna: scoprì di essere il padre di Antonella e che Lorena non era figlia sua. Ora Antonella, i suoi genitori biologici e il fratello di Antonella, hanno chiesto un risarcimento di 9 milioni di euro alla Regione Puglia per lo scambio. Lorena ha citato per danni l’Asl della Provincia di Bari e ha chiesto un risarcimento di 5 milioni di euro (Balenzano, Cds).
Aids Una bambina francese ha contratto il virus dell’Aids probabilmente alla nascita o nelle ultime fasi di vita intrauterina. Come da protocollo i medici avevano effettuato la profilassi che prevede la somministrazione di un farmaco antiretrovirale alla mamma sieropositiva durante gravidanza e parto, e poi alla neonata nelle prime settimane di vita. Ma il caso della bambina francese era stato uno dei pochi in cui la cosa non aveva funzionato. Un mese dopo la nascita, infatti, la piccola era risultata sieropositiva e due mesi dopo, anche per la negligenza di chi avrebbe dovuto darle i farmaci, mostrava una carica virale molto alta. Per cui si era scelto di iniziare un trattamento a base di quattro farmaci. E così era stato fino a sei anni dopo, quando la famiglia, autonomamente e senza che a oggi nessuno sappia perché, aveva deciso di interrompere la terapia. Ma un anno più tardi la bambina era tornata all’osservazione dei medici e, sorprendentemente, la quantità di virus nel suo sangue risultava bassa, tanto da non essere nemmeno misurabile. Il trattamento non fu ripreso. Da allora quella bambina è strettamente seguita dai medici ma oggi che ha compiuto diciotto anni ancora non ha bisogno di prendere farmaci, perché il virus nel suo sangue è a malapena riconoscibile con sistemi molto sofisticati e il suo sistema immunitario è quello di una persona in salute.
Peso In Italia un bambino di 8-9 anni su dieci è obeso, il 20,9% in sovrappeso. Situazione identica fino ai 18 anni: il 10,2% di giovani è obeso, e 40 su 100 sono sovrappeso. In Europa fanno peggio gli under 18 irlandesi (27,5%) e gli inglesi (23%), mentre (studio di Oms Europa ed Emory University, Usa) in Paesi come la Svezia solo l’8% dei piccoli ha un peso fuori controllo. L’Oms raccomanda 150 minuti di movimento a settimana; per i più giovani (5-17 anni) un’ora al giorno. Ma il 92% dei tredicenni non raggiunge i livelli consigliati; solo il 9,9% dei bambini tra i 6 e i 10 anni fa attività sportiva. Nelle scuole l’attività motoria è trascurata: pari a zero le occasioni di sport e movimento per un minore su dieci (De Gregorio, Cds).
Distrazioni Secondo i dati Aci e Istat relativi all’ultimo anno, il 20,1% degli incidenti automobilistici è provocato da distrazioni dovute all’uso dello smartphone. I guidatori più imprudenti sono quelli del Nord: qui il 42% dei conducenti guida con un occhio sullo smartphone, contro il 29,3% del Centro e il 28,5% di del Sud. Il 12,4% dei guidatori è stato sorpreso mentre guidava con il telefonino in mano, mentre un giovane su 4 ammette di scattarsi selfie, chattare e navigare al volante. 181 mila incidenti nel 2014: la prima causa di morte e di invalidità permanente sotto i 40 anni. Costo sociale pari al 2% cento del Pil (Galeazzi, Sta).
(a cura di Daria Egidi)