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 2015  luglio 22 Mercoledì calendario

I quattro italiani della Bonatti rapiti in Libia potrebbero essere stati presi da degli scafisti. La liberazione di Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla non sarà semplice, anche perché sono merce preziosa: il clamore per il sequestro, l’enorme eco che ha avuto certamente farà alzare la posta. Gli esperti sono concordi nel sottolineare che per avere un quadro più preciso bisognerà attendere almeno altre 48 ore

Il rischio forte è che il prezzo per il rilascio dei quattro italiani adesso diventi altissimo. Perché il clamore per il rapimento avvenuto in Libia certamente farà alzare la posta. E perché l’area che si affaccia sul Mediterraneo dove i dipendenti della Bonatti – Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla – sono stati catturati tre giorni fa, è controllata dai trafficanti di uomini. Gruppi criminali che gestiscono i viaggi verso l’Italia e potrebbero aver fiutato l’affare di sfruttare il sequestro per pretendere una contropartita che non sia soltanto economica. Un’organizzazione comunque ben strutturata, nessuno ancora può escludere che abbia una connotazione islamista. Tutti i possibili contatti sono stati attivati, in quella zona la presenza dell’Italia è comunque pesante visto che numerose aziende continuano a operare nonostante pericoli e difficoltà. Bisogna evitare il passaggio di mano, impedire in ogni modo che altri gruppi – di connotazione più politica o fondamentalisti – cerchino di interferire, addirittura di gestire gli ostaggi e le trattative con l’Italia. 
La cattura 
L’ipotesi più accreditata in queste ore è che i quattro siano stati «segnalati» al momento del passaggio della frontiera tra Tunisia e Libia, mentre erano a bordo del pulmino che doveva portarli nella base di Mellitah. Merce preziosa, soprattutto in un momento di difficoltà per gli scafisti che certamente hanno perso numerose imbarcazioni e – pur continuando a organizzare le traversate verso l’Italia e la Grecia – sanno di essere maggiormente sotto controllo. E dunque cercano altre fonti di guadagno. Se così fosse si tratterebbe di un’azione non premeditata, che comunque necessita dell’impegno di svariate persone per la custodia dei sequestrati. Un’esigenza che comunque potrebbe non rappresentare un problema visto che proprio in quella Regione ci sono interi stabili utilizzati per nascondere gli stranieri in attesa di imbarcarsi verso l’Europa. Palazzine che affacciano sulla costa, ma anche dimore più isolate, dove non è difficile tenere segregati quattro occidentali. Del resto il traffico di essere umani è controllato anche da ex miliziani del regime di Gheddafi con legami e contatti ben ramificati e ciò è fonte di ulteriore preoccupazione per l’ intelligence e diplomazia che stanno cercando di aprire il giusto canale per un negoziato, sfruttando quelli già percorsi per riportare a casa gli altri italiani sequestrati nei mesi scorsi. 
Il prezzo
A rendere più complicata la trattativa questa volta è il numero degli ostaggi. Bisogna essere cauti, nella consapevolezza che la richiesta potrebbe essere molto onerosa. Viene analizzato e interpretato anche il minimo dettaglio, ogni dichiarazione pubblica viene letta per il messaggio che può contenere. Per questo ha destato interesse la posizione dell’ambasciatore libico in Italia Ahmed Safar, rappresentante solo di una parte del Paese visto che in Libia ci sono quattro fazioni che rivendicano di essere autorità nazionale, ma l’unico Parlamento riconosciuto a livello internazionale è quello di Tobruk. Ieri proprio da lì è arrivata la nota pubblica per sfruttare la situazione e ribadire la necessità di «revocare l’embargo sulla fornitura di armi all’esercito libico, fornendogli esperti, informazioni ed equipaggiamenti moderni affinché sia in grado di combattere e sconfiggere il terrorismo». Afferma invece il diplomatico: «Gli inquirenti in Libia occidentale sospettano che dietro il rapimento ci siano motivazioni criminali e che uno o più trafficanti di esseri umani abbia agito per rappresaglia contro la missione che punta ad individuare le navi che salpano dalla Libia per l’Europa». 
La politica 
In realtà gli analisti non credono a una ritorsione, piuttosto ritengono che ci possa essere la volontà di sfruttare la vicenda, ma sempre in termini di contropartita. E sono preoccupati che «suggerimenti» di questo tipo possano in realtà servire proprio a spostare il negoziato su un terreno più politico. Anche perché è proprio Safar ad aggiungere: «Qualsiasi notizia, affermazione e simili che manchino di credibilità non farà altro che infiammare la situazione in quanto rappresenta un tentativo a buon mercato di ottenere vantaggi politici a spese di vite umane». Al momento non c’è stato alcun tipo di rivendicazione e questo fa ben sperare: il tempo trascorso dalla cattura è comunque troppo breve, gli esperti sono concordi nel sottolineare che per avere un quadro più preciso bisognerà attendere almeno altre 48 ore. Non a caso il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nel corso dell’incontro con l’inviato speciale dell’Onu per la Libia Bernardino Leon, ha definito «prematuro e imprudente dare interpretazioni politiche sul movente».