Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  luglio 21 Martedì calendario

L’Isis varca il confine turco. A Suruc, a meno di 10 chilometri da Kobane, una kamikaze si fa esplodere e uccide 30 persone. «L’attacco è di Daesh»

Ankara alla prova. Attentato suicida, 30 morti a Suruc, vicino al confine
E l’Isis per la prima volta colpisce in territorio turco
Sul confine turco-siriano si combatte la battaglia di civiltà più importante contro il Califfato che ieri per la prima volta ha colpito direttamente in territorio turco a Suruc, a meno di 10 chilometri da Kobane, la città siriana simbolo della resistenza curda contro i jihadisti. «L’attacco è di Daesh», ha confermato il primo ministro Ahmet Davutoglu, che sta ancora contrattando la formazione di un nuovo governo di coalizione con i repubblicani del Chp. Una giovane donna kamikaze dell’Isis si è fatta esplodere uccidendo 30 persone e ferendone almeno un centinaio nel centro culturale Amara.
C’è chi teme ora la presenza di altri kamikaze mentre a Istanbul manifestanti anti-Erdogan e del partito filo-curdo Hadp ieri attribuivano l’attentato alla complicità dei servizi.
Le immagini da Suruc sono devastanti: qualche secondo prima dell’esplosione mostrano i giovani della Federazione socialista riuniti nel giardino del centro mentre discutono la ricostruzione di Kobane. Poi il dramma, i corpi a terra senza vita di decine di giovani uomini e donne, i primi soccorsi, le urla dei feriti.
La firma dell’Isis è data per certa delle autorità turche ma è da rilevare che proprio al centro Amara in questi giorni circa 300 giovani si erano incontrati per un forum su Rojava, il progetto di regione curda autonoma al confine sud tra Siria e Turchia. Più volte le autorità turche e lo stesso presidente Tayyep Erdogan avevano ammonito i curdi che questi piani erano considerati una minaccia all’integrità della Turchia. Erdogan, che ieri ha condannato senza mezzi termini l’attentato, aveva espresso chiaramente in un recente passato il suo pensiero: i curdi del Pkk e gli affiliati siriani sono per lui terroristi più pericolosi dei jihadisti.
Anche per questi precedenti sulla matrice dell’attentato si sono fatte strada altre ipotesi che non scartano nessuna pista, neppure quella di un possibile incrocio di interessi tra jihadisti, nazionalisti estremisti turchi e gruppi islamici come gli Hezbollah turchi (che per altro sono sunniti e non hanno niente a che fare con gli sciiti libanesi).
Basti ricordare i sanguinosi eventi nelle piazze turche dell’autunno scorso: i curdi si scontrarono non solo con la polizia ma soprattutto con gli Hezbollah sull’assedio di Kobane, quando le autorità di Ankara impedirono l’arrivo di aiuti alla città assediata dal Califfato.
Una cosa è certa: i jihadisti in questi anni hanno attraversato indisturbati questa porosa frontiera, denominata proprio per l’afflusso dei combattenti anti-Assad “l’autostrada della Jihad”. Non solo. Secondo fonti curde, l’ultima pesante offensiva del Califfato contro Kobane, riconquistata dai curdi, era partita proprio dal territorio turco dove i combattenti islamici hanno goduto sempre di complicità sia a livello politico che delle forze di sicurezza e dei servizi.
L’Isis è stato visto dalla Turchia come un possibile strumento per estendere l’influenza di Ankara nella regione Nord di Aleppo: i turchi temono in particolare che la resistenza curda possa costituire un “corridoio” di collegamento tra la Rojava siriana e il Kurdistan iracheno, una continuità territoriale considerata dalla Turchia come il possibile embrione di un futuro stato curdo.