il Fatto Quotidiano, 21 luglio 2015
Nella squadra del Pd. Nel sito smart e molto giovane, al posto dei burocratici faldoni dei dirigenti e dei loro discorsi, ora ci sono i biglietti da visita dei meglio renziani su piazza, lo zoccolo duro del new deal gigliato: da Orfini, l’archeologo mancato a Taddei diventato adulto in America. Tra gli scomparsi figurano D’Alema senza la sua laurea e Crocetta co le quattro lingue che parla correntemente
In principio era il Pd: robuste iniezioni di Ds, tutori ossei della Margherita, fisioterapia sul “territorio” per mezzo di circoli molto post comunisti, versione leggera delle vecchie sezioni. Poi, a veltronismo compiuto, spruzzato di “Sì, noi possiamo” e pompato di anti-berlusconismo ma anche di ideologia molto dem e poco Botteghe Oscure, divenne Pd network. Il loft al Circo Massimo ne era il sommario: open space, giovani in piedi sempre al lavoro, scale di legno da salire e da scendere con sprezzo d’ogni gerarchia. Poi fu Partito democratico, con sottolineatura sul sostantivo, a trazione emiliana, con Bersani che fu capace di non-vincere le elezioni rimuovendo il presentimento del barbaro alle porte. Infine è stato ed è il Pd liquido agitato e non mescolato da Renzi, che ha occupato il Nazareno accogliendovi il diavolo, e non spende più tempo a discutere sulla propria identità, perché è diventato la Squadra.
Squadra
Così si chiama il Pd sul nuovo sito, nato qualche giorno fa per comunicare meglio la narrazione di cui sono inzuppati i nostri giorni. Li vedete? Sono giovani, smart, efficienti, lavorano per noi. “Sentono il pensiero di Matteo Renzi, prima di conoscerlo” (copyright Francesco Nicodemo, responsabile Comunicazione). E quando c’è una Squadra, ci sono dei giocatori, un capitano e un allenatore, pazienza se le ultime due figure coincidono in una sola persona.
La nuova gestione è annunciata in home page da una gigantografia di Renzi che parla davanti a un pubblico, poi di Renzi ripreso di spalle, poi di anonimo che tiene un cartellone che dice “Jobs Act liberare il lavoro, proteggere il lavoratore”; mentre sotto, in tutti i colori del Pantone, si srotola la propaganda governativa: unioni civili, riforma della pubblica amministrazione e “GOODNEWS”: “Nei primi tre mesi (dell’anno solare o di quello renziano? ndr) crescono i consumi culturali: Musei +10% Libri +2,3%, Cinema +6,5%, Alberghi +1,5%”.
È tutto nuovo, giovane, come in Giappone quando crolla un tempio; tutte zigulì di post-politica da ingoiare mentre l’ideologia scompare. Veloce, ciurma con gli zaini sulle spalle dietro al capo-scout che svetta su tutti, la Squadra è composta da pischelli, pure se sessantenni convertiti (“Circondarsi di forze giovanili è un grande merito. Lo è meno se la fedeltà – diversa dalla lealtà – fa premio sulla preparazione”, scrisse Ferruccio De Bortoli).
Portano in volto la fatica di cambiare l’Italia sotto le sembianze vitaminizzate della ripartenza nazionale di cui si sono incaricati all’alba del primo giorno (iPhone, tablet, messaggini-mitraglia, pranzo al sacco di Eataly). Tra loro:
Matteo Orfini Presidente dell’Assemblea Nazionale. Commissione Cultura
“Sono nato a Roma nel 1974. Archeologo, per ora mancato, ho lavorato per anni in diversi cantieri di scavo”, tipo D’Alema. “Ho contribuito a fondare e animare riviste come La Lettera e Left Wing”, che non si sono più riprese.
Ernesto Carbone Responsabile P.A., Innovazione e Made in Italy Commissione Finanze
“Sono stato eletto nel 2013 alla Camera dei Deputati”. O, meglio, nominato col Porcellum, tra i 148 graziati dal premio di maggioranza.
Simona Bonafé Europarlamentare. Commissione Ambiente, sanità pubblica e sicurezza
Ha una bio da cassiera del Conad aspirante statista: “Sono lombarda di nascita e toscana d’adozione. Ho 41 anni e per nove anni sono stata assessore all’Ambiente a Scandicci. Nel 2013 sono entrata nel Parlamento italiano come deputata e sono felice e orgogliosa di essere stata candidata dal Pd come capolista alle europee”. Di hobby e interessi non dà contezza.
Maria Elena Boschi Ministro per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento
Nel nuovo sito è ultima, dopo Matteo Renzi. Perché lei è più che membro: lei è vestale del renzismo nel governo e nel partito, e in più “è nata il 24 gennaio 1981 a Montevarchi, in provincia di Arezzo, e risiede a Laterina (Arezzo). Vive a Firenze dove svolge la propria attività di avvocato esperta in diritto societario ed è cultore della materia all’università di Firenze in diritto commerciale”, il che, come ciascun comprende, le dà pieno titolo di migliorare la Costituzione.
Filippo Taddei Responsabile Economia e Lavoro
“Nato a Bologna, cresciuto in Italia ed è diventato adulto in America”. Ex civatiano, fan sfegatato dell’Imu, è diventato renziano alla velocità con cui si diventa adulti in Italia.
Micaela Campana Responsabile Welfare e Terzo Settore Commissione Giustizia
“Durante gli anni dell’Università, da studente fuori sede, si avvicina al circolo dei Ds della zona Tiburtina dove inizia l’esperienza sul territorio”, e dove conosce anche Salvatore Buzzi, se non erriamo.
Gli scomparsi
Della Squadra non fa parte la vecchia guardia. Fondatori e comparse, decani o mezze tacche, sono tutti relegati nell’archivio, in un rimasuglio del vecchio sito, in biografie malinconiche e esilaranti insieme: Massimo D’Alema: “Giornalista professionista, ha conseguito la maturità classica e studiato Filosofia all’Università di Pisa”, senza conseguire la laurea; Enrico Letta: “È il più giovane ministro della storia repubblicana e batte Andreotti, ministro a 35 anni”; Vincenzo De Luca: “Artefice della straordinaria trasformazione sociale, urbanistica e culturale della Città di Salerno”; Rosario Crocetta: “Nato a Gela nel 1951. Parla 4 lingue: italiano, arabo, inglese e francese”, tranne, pare, quando è al telefono.
Il risucchio narrativo s’è portato via ogni memoria. Al posto dei burocratici faldoni dei dirigenti, ora ci sono i biglietti da visita dei meglio renziani su piazza, lo zoccolo duro del new deal gigliato. È come quando ai congressi del Pcus sfilavano i faccioni dei dirigenti, solo che qui al posto di Molotov c’è Guerini.
Purgatorio
Per trovare traccia della storia del Pd schiacciata dall’insostenibile leggerezza del partito-start up bisogna impazzire dentro il labirinto dell’archivio, oppure uscire dal sito a caccia di dati sfusi (ma perché ricorrere a Wikipedia quando si sono spesi, si suppone, denari pubblici per un sito ufficiale?). Se si cerca su Google site:www.partitodemocratico.it “Walter Veltroni”, il primo risultato del sito del Pd non esiste più. Cliccato, porta alla nuova home page. Un re-indirizzamento che è anche raddrizzamento per uno storytelling più sbarazzino.
Nel vecchio sito c’erano i discorsi dei leader, le critiche della vecchia guardia all’ambizioso fiorentino. C’erano i discorsi di Veltroni (uno per tutti: “Giusto cambiare il Pd, ma Matteo rispetti la nostra storia”, 15 dicembre 2013); D’Alema che definisce “demenziale” come voleva Renzi “fare un congresso nel 2013 per scegliere il segretario del Pd”, perché “da qui al 2015 potrebbe arrivare Nembo Kid”, e Renzi “non ha idea di cosa vuol dire dirigere un grande partito e costruirlo”. Ce lo dice la copia cache di Google, un po’ il purgatorio delle pagine web, una macchina del tempo che ci fa vedere com’era un sito prima che la nuova versione lo sovrascrivesse. Tutto, c’era. E adesso non c’è più, o meglio fluttua nel limbo imposto al passato dal fiorentino.
Matteo
“Nasce a Firenze nel gennaio 1975 e cresce a Rignano sull’Arno”. Il che già non è da tutti. Il mondo è pieno di gente capace di nascere e crescere nello stesso posto (e quasi si sfiorano le vette biografiche di Daniele Luttazzi: “È nato a Sant’Arcangelo di Romagna nel 1961, come aveva sempre desiderato”).
“Fin da giovanissimo vive l’esperienza scout, di cui si porterà dietro la voglia di giocare e di ‘lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato’ (Baden Powell)”, per esempio stracciando le Costituzioni e gli statuti dei lavoratori.
“Da studente universitario della Facoltà di Giurisprudenza contribuisce alla nascita dei Comitati per Prodi: è il suo primo impegno in politica”, culminato sotto l’insegna dei 101, sempre per Prodi. “È autore con altri del libro Mode, Guide agli stili di strada e in movimento, non capito dalla critica. “Sfidando l’immobilismo dell’establishment politico vince, nello stupore generale, le primarie”, mentre ali di folla si aprivano al suo passaggio. “È stato sindaco di Firenze dal 2009 al 2014. Dal 22 febbraio 2014 è presidente del Consiglio dei Ministri”, come aveva sempre desiderato.
Matteo è la matrice, l’alfa e l’omega, in lui si raggruma e si estingue la storia del partito. È il buco nero dentro cui tutte le leggi intermediate del partito del ’900 (da cui, ironia, Veltroni voleva trarlo fuori) sono annullate e risucchiate da un’euforia tutta tarata sul presente, su un “qui e ora” allucinato e falsamente ottimistico. La storia del Pd evapora come i parenti sulle foto in Ritorno al futuro. Sparirà, non appena Google cancellerà la cache.