Corriere della Sera, 21 luglio 2015
L’alleggerimento del debito tra deficit pubblico, crescita e complicazioni politiche. Taino: «Nonostante l’apertura di Frau Merkel, in Germania l’idea di intervenire sul debito greco solleva perplessità, in ambienti politici come tra molti economisti. Una parte dello schieramento conservatore, ma non solo, è convinta che l’obiettivo del governo di Atene sia incassare più denaro e più sconti possibile e poi arrivare al default. Altri, più semplicemente, pensano che il programma di aiuti non funzionerà. La crisi greca cammina per le strade di Berlino»
La frase magica del momento è «alleggerimento del debito greco». Prima o poi lo si farà: ne ha parlato anche Angela Merkel, per dire che alla fine delle trattative per il nuovo programma di aiuti ad Atene se ne discuterà. Non per tagliare il debito ma per rinviarne la scadenza, probabilmente a dopo il 2050. Come si è visto in questi anni di crisi e soprattutto di recente, però, nella crisi ellenica le magie non funzionano. L’operazione sarà complicata.
In teoria, il modo migliore per ridurre il rapporto tra debito e Pil è controllare il deficit pubblico, il numeratore, e avere una forte crescita economica, il denominatore. È per esempio ciò che stava accadendo in Grecia lo scorso autunno, quando la troika (Ue, Bce, Fmi) calcolava che, sulla base delle tendenze dell’economia, il debito pubblico ellenico sarebbe sceso di quasi dieci punti percentuali rispetto al Pil entro il 2016, dal 177 al 167%. Questo grazie a una crescita del Pil prevista, in termini nominali, del 3,9% quest’anno e di oltre il 4% l’anno prossimo; e grazie a conti pubblici sotto controllo. L’alleggerimento del debito era in corso.
Ora, dopo la vittoria elettorale di Syriza il 25 gennaio e la crisi seguita, la crescita prevista è diventata recessione e si stima un debito/Pil verso il 190%. In pratica, a questi livelli ogni punto di calo o di aumento del Pil (denominatore) si trasforma in quasi due punti di peggioramento o di miglioramento del rapporto con il debito, anche a parità di questo. La chiave, dunque, sarà riportare la Grecia alla crescita economica il più presto possibile: questo dovrà essere il primo obiettivo del programma di cui si discuterà nelle prossime settimane. Se poi ci sarà una riduzione dello stock di debito, bene: l’importante è che, una volta realizzata, l’indebitamento non torni a crescere, che ci siano cioè in atto sia misure di controllo del bilancio pubblico sia riforme che favoriscono la crescita.
Ci sono però anche complicazioni politiche. Nonostante l’apertura di Frau Merkel, in Germania l’idea di intervenire sul debito greco solleva perplessità, in ambienti politici come tra molti economisti. Una parte dello schieramento conservatore, ma non solo, è convinta che l’obiettivo del governo di Atene sia incassare più denaro e più sconti possibile e poi arrivare al default. Altri, più semplicemente, pensano che il programma di aiuti non funzionerà. In ogni caso, renderanno ogni discussione sulla ristrutturazione del debito greco difficile. Soprattutto, continueranno a tenere la cancelliera Merkel in una posizione difensiva. Non ha appoggiato l’ipotesi di uscita della Grecia dall’euro sostenuta dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble e ora ha compiuto un’apertura sulla ristrutturazione del debito. Si è di fatto legata a doppio cappio al successo del salvataggio di Atene: se non funziona, rischia di essere in difficoltà notevolissime a spiegare ai tedeschi la gestione di tutta la crisi ellenica.
Questo sarà uno dei motivi ricorrenti, probabilmente il principale, della politica tedesca nei prossimi mesi. La cancelliera, fino a due settimane fa onnipotente, deve oggi rifare tutti i calcoli politici, in casa e in Europa. E anche i calcoli, diabolici e non magici, del debito pubblico ellenico. La crisi greca cammina per le strade di Berlino.