La Stampa, 20 luglio 2015
La storia di Pierre Louÿs, scrittore francese, bibliofilo, dalla vita sessuale travolgente. Il pornomane che pubblicò i versi di eros lesbico attribuendoli a una contemporanea di Saffo ma invece erano tutta farina del suo sacco
Nella storia non poi così affollata dei falsi letterari, quello di Pierre Louÿs fu perfetto, una prova straordinaria di perfidia letteraria che ebbe un successo enorme, tanto da diventare l’emblema del primo movimento per i diritti delle donne omosessuali. Lo scrittore francese, baffetti e portamento da dandy, occhi beffardi, vita sessuale travolgente, bibliofilo, pornomane, lo architettò a 25 anni, quando era noto (a pochi) come ottimo e promettente grecista. Ma era soprattutto un poeta che ammirava Baudelaire, era amico di Mallarmé, Gide, persino di Oscar Wilde, ed era un simbolista decadente e beffardo, un «ammalato» di letteratura e naturalmente uno spiritaccio.
Inventò di sana pianta una poetessa greca del VI secolo a.C. e finse di tradurne i versi, esplicitamente lesbici. Le canzoni di Bilitis erano tutta farina del suo sacco, ma se ne accorsero solo i poeti, che tacquero. Gli accademici ci cascarono in pieno, soprattutto quelli tedeschi, coltissimi e un po’ tromboni. «Due ragazze nel letto, il sonno tarda: Bilitis, me lo dici / chi è il tuo amore? La gamba scivolava sulla mia / carezzandomi piano» mormorava seduttiva la canzone L’amica compiacente. «Noi due, per sempre uniti da una stessa chioma / la bocca sulla bocca, come due lauri / una radice sola» sussurrava quella che ha per titolo I capelli.
La «clamorosa scoperta»
Tutto abbastanza fin de siècle, elegante e discretamente libertino, con punte di feticismo: ma Louÿs era un perfezionista. Non si limitò a scrivere i testi; costruì quello che si potrebbe definire un monumentale backstage. Le canzoni di Bilitis escono infatti nel 1895 in una prima edizione dove l’autore annuncia una clamorosa scoperta, stranamente passata sotto silenzio. Nell’isola di Cipro, dice, il grande archeologo tedesco G. Heim è riuscito a penetrare in una tomba intatta, il sepolcro di due cortigiane, sulle cui pareti erano scritti versi meravigliosi, un centinaio di composizioni da lui studiate e tradotte in tedesco nel monumentaleBilitis’ saemmtliche Lieder zum ersten Male herausgegeben und mit einem Woerterbuche versehen; e per buona misura sta preparando un secondo tomo. Quella che Pierre Louÿs offre ai suoi lettori sarebbe dunque la prima traduzione in francese.
Il poeta «riassume» il contesto filologico spiegando che si tratta di poesie scritte «in un stile assai gravato di parole barbare a radice semitica», perché Bilitis è originaria della Tracia, una pastorella diventata poi celebre a Mitilene (ma non come poetessa), cioè sull’isola di Lesbo, dove incontrò Saffo. Lavora molto sulla meraviglia, descrivendo con toni ispirati l’ingresso nella tomba, l’incanto arcano della sepoltura, il polverizzarsi delle ossa al contatto con l’aria; ma prepara per sé, decidendo di non pubblicarla perché troppo lunga, una sterminata nota filologica da far invidia agli accademici tedeschi (e francesi), strabordante, in armonia con gli usi un po’ bigotti dell’epoca, di abbreviazioni oscure, commenti in latino a un testo greco, traduzioni incomprensibili con infiniti riferimenti ad altre opere, insomma un apparato di chiarimenti assolutamente oscuro, e labirintico.
Salvo Bilitis, tutti i personaggi intorno a lei sono documentati storicamente, a partire dalla sua probabile amante Mnasidika, citata in oscuri testi greci. E il «canulard» ha un successo straordinario, non solo voyeristico. Nell’edizione del 1889 le note scompaiono per lasciare il posto a un poetica «vita di Bilitis», ingenua pastorella devota alle ninfe poi prostituta sacra alla Luna (la dea Astarte), ma intanto l’Accademia ne ha già decretato il trionfo senza aspettare altre prove. Nella sua corrispondenza Pierre Louÿs si divertì un mondo a riferire delle lettere di plauso che gli giungevano dai filologi più illustri, e le tirate d’orecchie di altri, che però lo prendevano sul serio, e le allusioni di alcuni al fatto che quella poetessa, loro, la conoscevano già.
Il professorone ingannato
Persino l’insigne Wilamovitz-Moellendorf, professorone germanico cui nelle Canzoniviene attribuito un immaginario libro su Bilitis, replica non per smentire la faccenda ma per affermare la pericolosità intrinseca di un’interpretazione del genere, che sancirebbe indirettamente l’omosessualità di Saffo, bestemmia a suo giudizio inammissibile (e risalente peraltro almeno ai baudelariani Fiori del male, quindi al 1856). Sull’altro versante Mallarmé e Gide fiutarono l’inganno, e se ne complimentarono vivamente. È curioso che nessuno abbia cercato notizia del professor Heim, archeologo fantasma, considerato che già nel nome c’è un suggerimento: l’aggettivo geheim ha il significato di «misterioso» o «segreto». Ma nel 1896 un dizionario dell’editore Armand Colin cita autorevolmente il suo saggio come se fosse reale, al pari dell’autore.
Per qualche anno, Bilitis restò praticamente indiscussa, anche perché quelli che avevano capito il gioco non avevamo intenzione di farlo terminare troppo presto. Nel 1897 Claude Debussy si mette al lavoro per musicare le Canzoni. Natalie Clifford Barney e Renée Vivien, alfiere del femminismo lesbico, ne fecero uno dei loro libri di riferimento. «Mi ha donato estasi più perdute e tenerezze più tenere di qualsiasi altra amante» scriveva nel 1901 la Clifford Barney a Louÿs, un anno prima di pubblicare i Cinque piccoli dialoghi greci, che saranno il suo manifesto lesbico.
Emblema di battaglie civili
Mezzo secolo dopo, nel 1955, nasceva a San Francisco la prima associazione lesbica statunitense (e probabilmente anche del mondo intero): e come poteva chiamarsi, se non «Daughters of Bilitis», figlie di Bilitis appunto? Il bello è che nel «falso letterario» del poeta francese questo commendevole intento sociale e di battaglia civile non era probabilmente contemplato. A lui interessava il gioco tra creazione e traduzione. E poi,tutto sommato, era un autentico erotomane, se pure sentimentale (verrebbe da dire come il Casanova che gli ispirò il suo libro più celebre, La donna e il burattino, da cui sono stati tratti infiniti film).
Tra i suoi libri più maliziosi non manca unManual de civilité pour le petites filles, à l’usage des maisons d’education dove si spiega come comportarsi con certi oggetti oggi largamente disponibili nei pornoshop. E soprattutto si raccomanda di non nasconderli in tavola, come fossero panini, sotto i tovaglioli. Né si era negato – uscì postuma – anche una versione ben più esplicita di Bilitis, le Canzoni segrete. La tenne nel cassetto per non rovinare la grande beffa. Conosceva i suoi polli.