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 2015  luglio 20 Lunedì calendario

«Il senatore John McCain non è un eroe di guerra. Si può chiamare eroe qualcuno che è stato catturato? A me piacciono gli altri, quelli che non furono catturati». Il veleno di Donald Trump che non è piaciuto agli americani. I giornali popolari che fin qui hanno seguito «Don» con simpatia, come il New York Post, ora l’hanno scaricato mentre il New York Times lo paragona a Berlusconi

Questa volta Donald Trump ha osato violare uno dei sacrari più venerati, quello degli eroi della guerra vietnamita. Sabato scorso, in un comizio nell’Iowa, ha detto, come se fosse un’ovvietà: «Il senatore John McCain non è un eroe di guerra. Si può chiamare eroe qualcuno che è stato catturato? A me piacciono gli altri, quelli che non furono catturati». La platea dei «Conservatori cristiani» prima è rimasta interdetta. Poi si è ripresa
e una parte ha anche fischiato. I giornali popolari che fin qui hanno seguito «Don» con simpatia, come il New York Post, ora l’hanno scaricato.
Le conseguenze dello strappo di Trump saranno visibili nei prossimi giorni, quando arriveranno gli immancabili sondaggi.
I quotidiani hanno ripubblicato la vecchia foto del 1973 che ritrae il pilota McCain al suo ritorno negli Usa, accolto dall’allora presidente Nixon, dopo cinque anni e mezzo di detenzione, con tortura, in un campo dei vietcong.
Ma probabilmente non è più solo una questione di contenuti. Trump si è portato in testa ai sondaggi nel campo repubblicano cercando sempre di distinguersi dagli altri competitor, sfuggendo alle tradizionali categorie di classificazione. In questo senso è davvero un «meta candidato», come si è letto giorni fa in un commento sull’edizione americana di Huffington Post.
Può darsi che i critici abbiano ragione e che la corsa del magnate newyorkese finisca qui.
Ma è possibile che, paradossalmente, anche quest’altra provocazione si risolverà in un aumento del consenso.
Sul New York Times di ieri l’editorialista Frank Bruni ha paragonato il miliardario americano a Silvio Berlusconi. Scrive Bruni che sia Trump che Berlusconi, da questo momento «Trumpusconi», hanno imparato a trasformare «il linguaggio fangoso» in un vantaggio, spacciandolo per «spontaneità». Un discorso «sbrigativo» in «autenticità». L’autoreferenzialità in un segno di esperienza e saggezza. Per Bruni siamo di fronte a «una commedia» e «una tragedia» allo stesso tempo. Ma Trump prenderà nota: Berlusconi ha vinto e governato diverse volte.