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 2015  luglio 17 Venerdì calendario

La lenta discesa di Crocetta, il marziano populista che voleva spaccare i partiti. L’emergenza finanziaria, lo stallo sulle riforme, le dimissioni di tre assessori, il bilancio fuori controllo, con quasi 8 miliardi di debiti accumulati e gli stipendi delle partecipate a rischio: la poltrona del presidente della Sicilia sempre più in bilico

L’uomo che lo conosce meglio, l’ex assessore regionale ai Beni culturali Salvatore Morinello lo disse subito, «Rosario spaccherà i partiti, come Lombardo. Non è un uomo di appartenenza». Morinello, che oggi si è ritirato dalla politica e vive a Genova, prese però un abbaglio, disse «che in tempi di anti-politica» il suo ex segretario particolare avrebbe fatto faville, non sarebbe «affondato nelle sabbie mobili dell’Ars».
LA PARABOLA
In realtà la parabola dell’ex sindaco di Gela rischia di prendere la stessa direzione curva dei predecessori, Totò Cuffaro, condannato in via definitiva per favoreggiamento alla mafia e Raffaele Lombardo, imputato e condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Sostenuto da una maggioranza sempre più traballante, con una parte del Pd, il suo partito, pronto a sfiduciarlo, Crocetta dal punto dell’immagine era il perfetto marziano. Comunista ma cattolico, gay dichiarato ma anche etero, nemico giurato della Stidda che puntualmente e a giorni alterni ha continuato a recapitargli in questi anni avvertimenti, bossoli, fino alla condanna a morte pronunciata dal clan degli Emmanuello.
«Governo la Sicilia...mica il Brandeburgo», scherzava lui, accusato di «enfatizzare» troppo la sua azione anti-mafia ma costretto a vivere in simbiosi con la scorta. Che Crocetta, ex Pci, sia stato finora trasversale ai partiti (e forse anche a se stesso) è vero. L’emergenza finanziaria, lo stallo sulle riforme, le dimissioni di tre assessori, il bilancio fuori controllo, con quasi 8 miliardi di debiti accumulati e gli stipendi delle partecipate a rischio.
Nelle segreterie dei partiti l’ex sindaco di Gela non si mai è fatto molti amici. E neanche altrove. Non più di un mese fa era stato “processato” dalla segreteria regionale del Pd siciliano, sul piatto il governatore mise le sue dimissioni. Segno che ci stava pensando.
IL LIBRO BIANCO
È di qualche giorno fa il libro bianco presentato da un funzionario a Gela; opere inutili, il business dei rifiuti, strani intrecci di interesse. Un altro cruccio per il governatore. Appena eletto (con il 30,5% dei voti) promise che sarebbe stato «più grillino dei grillini». Di fatto i 5 Stelle gli hanno remato tutti contro, a parte il dissidente Antonio Venturino premiato con la vicepresidenza dell’Ars. Tre anni duri, un calvario: 37 assessori nominati e due sfiducie respinte. Se non riuscirà a tornare in sella di lui resterà «solo il profumo», sono già partiti gli sfottò a Palermo. Lo strapuntino concesso ad Antonio Ingroia; la gaffe del cantautore Franco Battiato, assessore per un solo anno al Turismo, sport e spettacolo e la nomina dell’83enne Antonino Zichichi ai Beni culturali. I risultati delle ultime amministrative ancora più delle parole del suo medico personale, hanno dato al governatore il colpo di grazia. Persa Enna (con il tonfo di Vladimiro Crisafulli), consegnata la “sua” Gela ai grillini, Crocetta aveva sparato a zero contro il governo Renzi e bussato alle porte di Delrio e Guerini per aprire la cassaforte del Tesoro e ottenere 300 milioni di euro. Ossigeno puro per ripianare il bilancio e pagare a fine mese gli stipendi. Passaggi “biforcuti” che non erano sfuggiti al sottosegretario all’Istruzione Faraone, con il quale i rapporti sono sempre stati tesi. Così che ora dovrà farsi da parte. Aveva promesso una rivoluzione. La faranno contro di lui.