la Repubblica, 17 luglio 2015
Nonostante fischi e attacchi, Froome è sempre più il padrone del Tour de France. Nel tappone pirenaico vince Purito Rodriguez, la maglia gialla controlla i timidi tentativi di Contador e Quintana mentre i tifosi gli danno del dopato. La pioggia rigenera Nibali: prova lo scatto, poi chiude con i migliori
Dantesque. Finalmente i commentatori francesi hanno potuto riempirsi la bocca con questo aggettivo molto caro al ciclismo eroico, che con questo ha in comune solo il numero di ruote. Passare dai 36 gradi del fondovalle ai 15 che ci sono quassù non è stato piacevole per i corridori. Poteva andargli peggio, perché a meno di un’ora dall’arrivo sul traguardo grandinava (superdantesque), hanno accolto la pioggia come un dono del cielo. A proposito, le maglie della Sky, che noi chiameremmo nerazzurre, i giornali francesi le definiscono Ciel et Noir. Quando vivremo tappe più calme chiederò spiegazioni. Per ora, mi sembra che Ciel (anche se è sottinteso bleu) et Noir offra di questa squadra un’immagine luciferina. Ai raduni di partenza e anche sulla strada qualcuno ha cominciato a fischiare Froome e a dargli del dopato. Correre in queste condizioni non dev’essere il massimo della vita, ma Froome non sembra risentirne. Neanche ieri, negli ultimi chilometri, quando è stato più volte attaccato dalla concorrenza, ha fatto una piega. Comincio dalla fine, perché lì sta il succo della tappa. Qual è la notizia? Per gli italiani, che Nibali è arrivato nel gruppetto della maglia gialla, senza cedergli un secondo, ed è risalito nei dieci. Poi ci sono una notizia buona e una cattiva per quelli che amano gli incerti destini con una spruzzata di Sturm und Drang. La buona: una volta Nibali, due Contador, tre Valverde, due Quintana hanno provato ad attaccare Froome. La cattiva: non gli hanno fatto nemmeno il solletico. Tutto quello che Froome concede agli avversari, anzi al solo Valverde, è 1” nella volata per il nono posto. Tranne che sull’ultimo scatto di Quintana, Froome non ha mai risposto in prima persona, lasciando che a riprendere le incerte lepri fossero Porte e poi Thomas, i suoi fidati cani da caccia. Incerte perché non sono stati attacchi molto convinti, mi hanno dato l’impressione dell’atto dovuto. Innocui petardini le uscite di Contador e Valverde. A stare più a lungo allo scoperto, Vincenzo Nibali, non a caso sotto la pioggia che gli è cara. «Sono in prima linea da cinque anni e non c’è solo il Tour», diceva stamattina. E nemmeno ci dev’essere all’Astana un clima da abbracci. Nibali non deve pensare al ritiro, ha detto Vinokurov. I manager di Nibali, i fratelli Carera, negano che Vinokurov abbia detto a Nibali di cercarsi un’altra squadra per l’anno prossimo. Da come ha corso ieri, Nibali considera ancora possibile un piazzamento e rema per non uscire del tutto dai giochi. Come invece ha fatto Purito Rodriguez, il vincitore di ieri. «A un certo punto bisogna scegliere, o le tappe o la classifica». Una volta scelto, a Cauterets è arrivato con un quarto d’ora di ritardo, è uscito di classifica e s’è infilato in una fuga di 22 corridori che rappresentavano 15 squadre. Andava bene ai pezzi grossi. Meglio piazzato Fuglsang, il quasi capitano dell’Astana, distante 19’ da Froome. Non avendo abbastanza problemi, Vinokurov ha innescato il dualismo e non è una brutta idea infilarlo in una fuga da lontano. Il vantaggio arriva a 13’, poi scende. A quasi 8 km dalla cima Purito saluta gli ultimi compagni rimastigli (Fuglsang e il parzialmente risorto Bardet) e, dopo Huy, centra la seconda vittoria di tappa. Là da finisseur, qui da scalatore. Meglio di Contador ha corso Nibali. Non è il caso di suonare le trombe, ma un piccolo miglioramento s’è visto. Un po’ più di morale, un po’ più di gambe. Contador ha messo alla frusta prima Rogers, poi Majka e Kreuziger, preludio a chissà che. A due scattini loffi. Ma lui è ottimista: «Col fresco mi sono sentito meglio. Froome e la Sky sono molto forti, difficile sorprenderli al primo colpo. Bisogna provare e riprovare». Concetto ribadito da Quintana: «Non è vero che Froome è di un altro pianeta. Sta sulla Terra, è uno come noi. Io punto tutto sulle Alpi, con le salite lunghe che piacciono a noi colombiani. E chissà, qualcuno dei suoi gregari sarà un po’ più stanco». Froome: «Tre giorni come questi sui Pirenei stancherebbero chiunque. Gli attacchi? Normale, la maglia gialla sono io, ringrazio i compagni eccezionali». Sull’eccezionalità, Armstrong non ha infierito. Ieri ha corso la Muret- Rodez, oggi la Rodez-Mende, un giorno in anticipo sul Tour. La sua presenza non è piaciuta a tutti, qualche insulto gli è arrivato. Commento: «Io sono l’indesiderato, il massimo colpevole, ma chi non ha vissuto da dentro quegli anni non può capire. C’è chi non mi vuole in Francia e intanto Jalabert è al Tour e lo commenta per la tv francese». Ricorda con rabbia. O dimentica con affetto. Chi non si può dimenticare è Fabio Casartelli, morto 20 anni fa nella discesa del Portet d’Aspet. La vedova Annalisa e il figlio Marco, un ragazzone che gli somiglia, erano ieri alla partenza. Fiori del Tour e tanti anonimi accanto alla stele che lo ricorda. La corsa passa davanti e pedala piano, in salita.