La Stampa, 17 luglio 2015
L’ennesimo ritorno di Silvio Berlusconi. Uno show a tutto campo all’assemblea dei suoi amministratori locali: «Solo un pazzo rottamerebbe Forza Italia». Ma poi: «Serve una casa della speranza». «Al G20 ero come Tsipras». Lui ce la mette tutta, in fondo continua a essere per distacco il migliore del suo partito. E questo forse è il problema del centrodestra italiano
Il ritorno dell’eterno Adamo, obbligato a rimettere periodicamente il calendario all’anno zero, e a ricapitolare il sogno, fa alzare al cielo le braccia di quei discepoli che, detto per inciso, senza di lui non prenderebbero un voto. Un «messaggio forte e innovativo», dice Paola Pelino, vicepresidente del gruppo di Forza Italia al Senato. È giusto un esempio. Ci si ricompatta attorno al totem, più che altro un tronco galleggiante in mezzo al mare. Avremmo dovuto restare tutti a bocca aperta, e brividi a fior di pelle, perché Silvio Berlusconi, ieri all’assemblea dei suoi amministratori locali, ha detto che «Equitalia va chiusa» visto che i suoi funzionari sembrano quelli di «uno Stato nemico». Il problema che, al sequel numero dieci o undici del cavaliere alla guerra contro il fisco, l’effetto Zorro risulta un po’ annacquato.
Lui ce la mette tutta, in fondo continua a essere per distacco il migliore del suo partito, propone gli scenari meravigliosi di un ventennio abbondante a questa parte, incrocia le armi coi nemici di tutta la saga, cioè la magistratura farabutta che lo ha indagato per sessantacinque volte coi suoi pm politicizzati, che lo ha «fatto fuori con una sentenza infame» (e ci penseranno a Strasburgo a restituirgli l’onore), che non si fermerà qui, a Napoli c’è in ballo la questione della compravendita dei senatori, e fatti i conti «rischio di finire in galera e se questo dovesse accadere, Cristo, io spero che facciate un minimo di rivoluzione...». Il grande complotto ha da tempo oltrepassato i confini nazionali, al G20 di Cannes «ero nella situazione di Tsipras» (e qui Giulio Tremonti avrebbe qualcosa da ridire), volevano «colonizzare l’Italia», un paese che «negli ultimi venti anni ha subito venti colpi di Stato», uno all’anno, il più feroce accanimento della storia moderna e contemporanea a cui – pare di capire – ha preso parte ogni presidente della Repubblica con cui Berlusconi abbia avuto qualcosa da spartire, «tutti nostri nemici», da Oscar Luigi Scalfaro fino a Sergio Mattarella.
Non è proprio un elenco di verità scolpite nel marmo, ma il punto non è questo, il punto è l’inesausta riproposizione dell’intera scaletta, da lustri e lustri, e per fortuna che Matteo Renzi (l’ultimo degli usurpatori dal golpe del 2011, dice) ha messo in piedi qualche riforma costituzionale, come l’abolizione del bicameralismo, che impedisce a Berlusconi (in opposizione al Pd) di rifarsi sotto con la cantilena dei garbugli ottocenteschi che rendono il paese ingovernabile. E poi i toni recriminatori hanno preso il totale sopravvento su quelli visionari, un tempo irresistibili: gli tocca dolersi per l’«affronto» della soppressione del vitalizio, si affligge per la mancanza di «leadership europee» da che hanno mollato Tony Blair, José Maria Aznar e naturalmente lui, segnala la cronica fascinazione dei giornalisti per il falso. Stavolta ce l’ha con la Repubblica, colpevole d’avere descritto il progetto per il superamento di Forza Italia e il passaggio a un movimento nuovo, che dovrebbe chiamarsi l’Altra Italia. Non è vero niente, dice, balle su balle, «solamente un folle potrebbe pensare di rottamare Forza Italia e chi combatte al suo fianco», dunque «chi sarà candidato lo sarà sempre in un partito che si chiama Forza Italia». È tutto chiaro? Non ci sono dubbi? Forza Italia vive e lotta insieme a noi? Benissimo, allora leggete la frase successive: «A tutti va data però un’altra possibilità, una casa della speranza dove ci sono partiti, movimenti, professionisti che non vengono dalla politica. Insieme a questo diremo chiaro che proporremo venti saggi che formeranno un governo di saggi e un programma che contiene quello di cui Italia ha bisogno». E quella successiva ancora: «Dentro la casa della speranza o come la volgiamo chiamare, Altra Italia o come volete voi, non ci saranno politici di professione». Ecco, ora si comprende la smentita – sebbene poi controsmentita – sicuramente apprezzata dai molti politici di professione da cui Forza è popolata. Comunque, i sondaggi dell’Altra Italia, o come vogliamo chiamarli noi, erano qualche giorno fa sulla scrivania del Capo. Non erano malaccio